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SCUOLA PUBBLICA: IL CASO SVIZZERO
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1. SCUOLA PUBBLICA: IL CASO SVIZZERO
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SCUOLA PUBBLICA: IL CASO SVIZZERO

Trovandomi alcuni mesi fa a percorrere la strada che dalla stazione di Mendrisio porta a quel gioiello di museo ferroviario in miniatura che è la Galleria Baumgarten, scoprii che la via era intitolata a Stefano Franscini, lo stesso nome che avevo ritrovato alcuni mesi prima sul giornale svizzero "La Regione". Ne avevo recuperato una copia all'indomani di un fatto forse un po' sorprendente alla luce dell'immagine che noi italiani ci facciamo degli svizzeri, considerati un po' particolaristi e localisti. Ebbene con tutto il loro particolarismo i cittadini del Canton Ticino avevano respinto il "buono scuola" in un referendum che si profilava come uno scontro impari contro uno schieramento politico costituito dai principali partiti di area cattolica e conservatrice, con relativo seguito di stampa e televisioni di proprietà e non senza il contributo delle filiazioni ticinesi di Lega e Cielle. In quella occasione l'Associazione per la Scuola Pubblica, principale artefice del risultato, rivendicava a se stessa il merito di avere conservato la tradizionale supremazia della scuola pubblica ticinese su quella privata e di aver difeso i principi “fransciniani”, appunto.

Stefano Franscini: chi era dunque costui?

Stefano Franscini nasce a Bodio (Canton Ticino) nel 1786. Dopo aver seguito studi ecclesiastici a Pollegio (CH) e a Milano - dove entra in contatto con Carlo Cattaneo, col quale manterrà una lunga amicizia, collaborazione e condivisione di studi economici, geografici, storici e scientifici - lascia gli studi ecclesiastici e abbraccia le idee liberali. Insegna a Milano e a Bodio. Nel 1826 si stabilisce a Lugano dove dirige una scuola di mutuo insegnamento, apre un istituto letterario-mercantile (oggi diremmo commerciale) e partecipa alla fondazione della Società ticinese di utilità pubblica. Nel 1827-28 pubblica sei opuscoli contro l’introduzione della censura sulla stampa ed ad un suo opuscolo contro il regime dei Landamani si attribuisce la scintilla del tumulto che nel 1830 ne comporterà la caduta.
Nel nuovo governo Franscini ricopre la carica di segretario di stato, da dove combatte la sua battaglia per la scuola pubblica guadagnandosi il riconoscimento di padre dell’educazione popolare. La nascita della scuola pubblica ticinese, nel 1831, si fa risalire al suo opuscolo “Della pubblica istruzione” del 1829. Ma gli inizi non sono facili, perché non si era ancora provveduto alla formazione dei maestri.
Nel 1837 Franscini fonda la Società degli amici dell’educazione del popolo “Demopedeutica” ed entra nel Consiglio di Stato nelle fila del partito liberale-radicale. Presiede la Commissione cantonale della pubblica istruzione che inaugura il primo corso di metodica per maestri in carica e aspiranti maestri (oggi diremmo formazione in servizio e iniziale!), fissa l’obbligo scolastico per maschi e femmine dai 6 ai 14 anni e definisce le norme per gli insegnamenti fondamentali.
Prende parte alla rivoluzione del 1839, divenendo presidente del nuovo governo. Nella sua carriera ticinese promuove almeno 16 leggi relative alla scuola, tenta di fondare nel 1844 un’accademia cantonale, pubblica manuali scolastici e di pedagogia con una discreta diffusione anche in Italia, collabora a giornali ticinesi. Nel 1841 vengono istituite le prime scuole professionali. In un decennio praticamente la riforma è compiuta e nel 1852 l’opera viene completata secolarizzando le corporazioni religiose, togliendo loro l’insegnamento secondario, con la conseguente assunzione dell’onere dell’istruzione ginnasiale e superiore da parte del cantone.
Nel frattempo Franscini è stato uno dei tre commissari federali nel Vallese dopo la guerra civile del Sonderbund ed è stato eletto consigliere federale nel 1848 sempre nelle fila del partito liberale-radicale. A Berna dirige il dipartimento dell’interno, dove promuove l’istituzione del politecnico di Zurigo. Muore in carica nel 1857.

Dunque Franscini era un liberale in un paese dalle forti tradizioni liberali. Come liberali erano coloro che nel 1884 ruppero l’alleanza storica coi cattolici che dal 1830 garantiva l’indipendenza del Belgio, pretendendo la fine del monopolio cattolico sulla scuola. Come “liberals” erano probabilmente quei legislatori del Massachussetts che nel 1866 disposero che i datori di lavoro, che impiegavano ragazzi in età compresa tra i 10 e i 15 anni, si preoccupassero che questi frequentassero ogni anno almeno sei mesi di scuola “pubblica o anche privata, purché controllata dai distretti pubblici”.
E’ solo un malinteso liberalismo nostrano - sia esso quello dei vetero-liberali, quelli dell’indiscusso vecchio “partito dei padroni”, oppure quello dei nuovi “liberals” (fa “sinistra” l’inglese!), social-comunisti pentiti e cattivi consiglieri del Ministro Moratti - che pensa che lo Stato debba scaricarsi dai costi e dagli oneri della Scuola pubblica, unitamente a quelli dello stato sociale, e debba ridursi solo a Toga, Moneta e Spada.
Che poi, dal momento che con le Toghe non vanno molto d’accordo e alla Moneta ci pensa l’Europa, si ridurrebbe solo alla Spada!

PINO PATRONCINI Cgil Scuola


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Date: 03 Jul, 2002 on 13:04
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