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Scienza in pericolo, danno per l´Europa
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1. Scienza in pericolo, danno per l´Europa
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da La Stampa
Sabato, 22 Giugno 2002

APPELLO ALL´UNIONE DI RICERCATORI E NOBEL, PER UN PROGRAMMA DI RIFORMA IN CINQUE PUNTI
Scienza in pericolo, danno per l´Europa

DAL Rinascimento, la scienza è stata, e rimane, una forza decisiva per lo sviluppo della civiltà occidentale. E' del tutto logico, allora, che i dirigenti dell'Unione europea, al momento di definire, nella dichiarazione di Lisbona del 2000, l'obiettivo per i prossimi dieci anni, che consiste nel fare dell'Europa «l'economia più competitiva fondata sul sapere nel mondo da qui al 2010», abbiano rivolto la loro attenzione alla situazione della scienza. In concreto, il 6° programma-quadro mira a costruire uno «spazio europeo di ricerca» che mobiliterà dal 4 al 5% del bilancio dell'Unione. Durante la riunione di Barcellona nella primavera 2001, quando furono analizzati i progressi del programma di Lisbona, l'obiettivo posto era di portare dal 2% al 3% del PNL gli investimenti per lo sviluppo e la ricerca in Europa da qui al 2010. Quest'incremento, tuttavia, deve provenire per la maggior parte dal settore delle imprese, rimanendo la restante minore parte affidata al settore pubblico degli Stati membri e dell'Unione. Queste dichiarazioni d'intenti sono le benvenute, ma non saranno nemmeno in grado di porre un freno al declino della capacità scientifica europea, senza parlare di «raggiungere e sorpassare gli Stati Uniti». La realtà dei fatti, così come li presentano sia l'OCDE sia l'Unione europea è cruda: il fossato che divide la media dell'Europa dai suoi principali «concorrenti» non solo è profondo, ma aumenta rapidamente a giudicare dagli indici-chiave costituiti sia dalla parte occupata dalla ricerca e lo sviluppo nel PNL e nei bilanci nazionali, sia dal numero degli addetti e degli articoli scientifici pubblicati. La fuga di cervelli, giovani scienziati di talento che abbandonano il loro paese, è una realtà nella maggior parte dei paesi dell'Unione europea. Per invertire questa tendenza occorre agire in fretta e con decisione sia a livello degli Stati membri, dove si registra circa il 95% del totale delle spese per la ricerca e lo sviluppo, sia a quello dell'Unione. Proprio nel settore della ricerca e dello sviluppo la politica europea lascia molto a desiderare. Prima di tutto, la parte esigua che occupa la scienza nel bilancio complessivo dell'Unione - essa rappresenta circa un decimo delle spese destinate all'agricoltura - fornisce un quadro assai curioso del potenziale e dell'avvenire dell'Europa. In secondo luogo, una parte sproporzionata del 6° programma-quadro è riservata allo sviluppo industriale, vale a dire a mettere a disposizione delle esigenze della produzione un sapere esistente. Gli effetti reali dell'allocazione e della ripartizione di questi sussidi sono soggetti ad una grande incertezza. E' imperativo migliorare la situazione della ricerca di base. Appare sempre più evidente, infatti, che lo sviluppo industriale avanzato gravita attorno a centri scientifici che operano alle frontiere della scienza. Questo processo è ben illustrato dalla progressione degli investimenti da parte delle grandi società europee in prossimità dei centri americani di ricerca di base.
Terzo punto, la necessità di creare un consorzio di reti europee per ottenere sovvenzioni porterebbe a una «diversione commerciale» del «mercato» degli intelletti e della scienza, dissuadendo gli scienziati di più alto livello che potrebbero scegliere altri modi di finanziamento dove la cooperazione può svilupparsi su basi puramente qualitative senza che intervengano considerazioni d'ordine geografico o nazionale. Quarto, il sistema di gestione dei programmi scientifici dell'Unione europea non è considerato efficace e dovrebbe essere reso più trasparente, evolvendo verso procedure aperte tipo esame collettivo tra pari universitari. Un programma di riforma a sostegno dell'idea della dichiarazione di Lisbona richiederebbe cinque condizioni: 1. Una consistente ridistribuzione del bilancio verso la ricerca e lo sviluppo tale da raddoppiare almeno i finanziamenti attuali. 2. Passaggio dallo sviluppo alla ricerca, in altre parole alla ricerca di base che produce un sapere nuovo. 3. Invece che la «creazione di una rete», un investimento in centri d'eccellenza aperti a tutte le nazionalità, in particolare nei paesi cosiddetti della «coesione» e presso i candidati all'adesione, essendo questi ultimi particolarmente esposti alla fuga di cervelli.
4. Uno sforzo speciale teso ad assicurare la formazione di giovani scienziati con l'obbligo di mobilità da un paese all'altro e la garanzia di un reddito competitivo. 5. Trasferimento della gestione dei programmi di ricerca scientifica dell'Unione europea che passerebbe dall'attuale sistema di pianificazione amministrativa a uno o due comitati per la scienza europea, struttura fondata sulla trasparenza e l'esame tra pari, come accade nel paese che resta ad oggi «l'economia più competitiva fondata sul sapere nel mondo». Si renderà ben presto indispensabile trovare a livello nazionale nuovi e cospicui finanziamenti per migliorare le dotazioni delle grandi università e consentire loro di accedere alla competizione internazionale. Ma l'aumento dei mezzi finanziari, sebbene necessario, non è sufficiente. Di capitale importanza saranno riforme strutturali tese a creare un ambiente universitario aperto, flessibile e trasparente, in grado di contribuire allo scambio e all'interazione sia a livello nazionale che internazionale.
Etienne Baulieu è biochimico, professore onorario del Collège de France, membro dell'Accademia delle scienze. Christian De Duve, Premio Nobel per la medicina 1986. François Jacob è professore onorario del Collège de France, Premio Nobel per la medicina nel 1965. Aaron Klug (Regno Unito), Premio Nobel per la chimica nel 1982. Rita Levi Montalcini (Italia), Premio Nobel per la medicina 1986. Giorgio Parisi (Italia), professore di fisica teorica all'università di Roma-I - La Sapienza. Bengt Samuelsson (Svezia), Premio Nobel per la medicina nel 1982, presidente della Fondazione Nobel. Copyright Le Monde (traduzione del gruppo Logos)


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Date: 22 Jun, 2002 on 11:38
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