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LO SVILUPPO SELVAGGIO DEL WEB NE FRENA L´ESPANSIONE
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1. LO SVILUPPO SELVAGGIO DEL WEB NE FRENA L´ESPANSIONE
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da La Stampa
Mercoledì, 19 Giugno 2002

LO SVILUPPO SELVAGGIO DEL WEB NE FRENA L´ESPANSIONE

BARCELLONA - PROFESSORE di sociologia all'università di Berkeley (California), Manuel Castells occupa attualmente un posto di direttore delle ricerche in un'università virtuale mondiale, l'Internet Interdisciplinary Institute di Barcellona. Questa esperienza pionieristica vede partecipare oltre 20.000 allievi sparsi in quindici paesi a corsi tenuti esclusivamente su Internet.


Nel suo precedente libro, «L'Era dell'informazione» (Edizioni Fayard, 1998), lei ha cercato di mostrare in che modo le nostre società si organizzano in rete. Oggi dedica un'intera opera a Internet. Perché?

«Mi irritano le banalità e le false idee che circolano a proposito del Web. Disponiamo oggi di un numero sufficiente di elementi per dimostrare che la Rete non isola e che neppure si tratta di uno strumento del potere. Al contrario. È uno spazio di decentralizzazione e cittadino. Internet è un fenomeno economico, sociale e politico, ma non una tecnologia in grado di fornire soluzioni globali ai problemi dell'umanità, né un sistema che genera disuguaglianze sociali».

Lei insiste sullo «spirito hacker» che ha caratterizzato i primi anni del Web. Cosa resta di questa cultura?

«Quando parlo di "hacker", mi riferisco a persone appassionate di informatica che inventano e innovano per il loro piacere, non ai "cracker" che provocano danni. Credo che sopravviva moltissimo della cultura originale di Internet. Il funzionamento stesso del Web, per esempio, si basa ancora su software a codici aperti messi in opera da questa comunità. Due terzi dei server nel mondo utilizzano il sistema Apache, sviluppato e mantenuto da una rete cooperativa di informatici. Le azioni di Microsoft, invece, mi sembrano andare in direzione contraria rispetto a questa cultura. Microsoft è una società geniale nella commercializzazione, ma senza innovazioni. Ma quello che mi sembra fondamentale è che la "cultura hacker" pervade oggi una grande parte della società. Essa si diffonde nelle nuove generazioni e non unicamente nei settori tecnologici. Le organizzazioni non governative (ONG) ne sono una buona dimostrazione. Esse sviluppano capacità d'innovazione formidabili per arrestare la povertà affrancandosi dalle pastoie tecnocratiche dei governi. E' questa la cultura ereditata dall'etica degli hacker».

Come si appropria di Internet il grande pubblico e che cosa, a sua volta, apporta alla Rete?

«La domanda che occorre sempre porsi è questa: una tecnologia sì, ma per fare cosa? In questo, Internet non è diversa dalle altre grandi tecnologie della storia. Quindi, si diffonde più rapidamente negli ambienti che ne fanno uso. Ora, una tecnica non diviene uno strumento maggiore delle pratiche sociali se non quando la società nel suo insieme ne ha bisogno per progredire. Oggi, la gente costruisce il Web a propria immagine. Una vera baraonda, perché tutto su Internet coesiste: costumi sociali, espressioni politiche, rete di contatti personali, ricerca d'informazioni, movimenti associativi, ma anche propaganda nazista, pedofilia e pornografia. Abbastanza di che preoccupare gli uomini politici, poiché questo spazio non può essere completamente controllato. Al massimo si può reprimerlo. Il grande pubblico ha dunque il proprio ruolo da svolgere in questo sviluppo. D'altronde, non se n'è tenuto in disparte. È agli internauti, infatti, che dobbiamo le chat, i newsgroup e i forum... Le aste in rete, l'arte digitale o la teletrasmissione di musica sono stati inventati in questo modo, solo più tardi sono stati recuperati da società commerciali.

Nel recente incontro di Porto Alegre, in Brasile, si sono visti i primi segni di una società mondiale capace di mobilitarsi per le grandi cause. Quale importante ruolo svolge Internet in questo processo?

«In questo momento, assistiamo alla comparsa degli embrioni di una società civile planetaria. In questo, il ruolo della rete è essenziale, poiché consente di fare coesistere nelle loro identità locali popoli che provengono da culture e orizzonti diversi. Abbiamo una società civile che si struttura più a livello mondiale che non nazionale. Oggi, l'interesse del pubblico per i problemi mondiali come i diritti dell'uomo o l'ambiente ha fatto sbocciare una serie di reti e d'interventi sulle strutture e le istituzioni che determinano la vita delle persone. La cosa interessante consiste nel fatto che la società civile ha come bersaglio lo Stato al fine di ottenere alcuni cambiamenti nelle proprie condizioni di vita. Ma non ha alcun punto di riferimento in uno stato globale. Allora passa attraverso i mezzi di comunicazione di cui dispone. I media, ma anche Internet, sono molto utili poiché, tramite essi, gli attori della società civile costruiscono una sensibilità che, indirettamente, influenza le istituzioni politiche. È in questo modo che Internet si trasforma attualmente nel territorio politico che prima non era».

Nonostante l'appropriazione del Web da parte di un numero crescente di internauti, mai è stato così rilevante come adesso il tema della cosiddetta frattura numerica, cioè il fatto che una gran parte della popolazione mondiale è esclusa dalla gestione e fruizione di Internet. Perché?

«Tutti dovrebbero avere il diritto di utilizzare Internet senza penalizzazioni di carattere geografico o economico. Al di là di queste considerazioni, vi sono altri elementi che contribuiscono al permanere della frattura numerica. La velocità di Internet è uno di questi elementi. Un altro è il modo in cui quelli che sono in Internet plasmano la rete a loro immagine. Più tarderà la democratizzazione di Internet, più il Web si svilupperà intorno a valori che non corrispondono a quelli della società nel suo insieme. La diffusione di Internet su tutto il pianeta richiederà un intervento forte degli Stati mediante azioni pubbliche nazionali e internazionali. Le differenze culturali, economiche e infrastrutturali sono tali da consentire solo a un terzo del pianeta di organizzarsi intorno a Internet, mentre due terzi ne restano esclusi con tutto ciò che questo significa in termini di accesso all'informazione e alle fonti di affari. Lo sviluppo della Rete, finora esponenziale, trova qui i suoi limiti». Cpyright Le Monde interactif (traduzione del gruppo Logos)

Guillaume Fraissard


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Date: 19 Jun, 2002 on 08:29
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