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1. Huxley, come sfuggire al futuro post-umano
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da La Stampa
Martedì, 14 Maggio 2002

DALL´EUROPA ALL´AMERICA GARA A RISCOPRIRE LO SCRITTORE DEL «MONDO NUOVO»

Huxley, come sfuggire al futuro post-umano
Nel suo ultimo libro Fukuyama lo usa come guida per indagare le minacce della biotecnologia, un biografo inglese ne evidenzia l´attualità come precursore del movimento ambientalista

corrispondente da LONDRA

«Non riesco a immaginare un momento migliore per rileggere Huxley» (un commesso di libreria a Los Angeles, allungando una copia di Brave New World). L´ULTIMO libro di Francis Fukuyama, Our Posthuman Future, il nostro futuro post-umano, si apre con un´analisi delle due grandi distopie, cioè utopie a rovescio, che hanno inquietato l´immaginario collettivo del XX secolo: 1984 di George Orwell e Brave New World, intitolato in italiano Il mondo nuovo, di Aldous Huxley. L´autore di La fine della storia e l´ultimo uomo sostiene che, «mentre le predizioni tecnologiche che tracciano i due libri sono sorprendentemente accurate, le predizioni politiche del primo libro, 1984, erano del tutto sbagliate». La distopia di Orwell dipinge un mondo di soffocante totalitarismo realizzato attraverso il controllo dell´informazione. Ma se Internet per un verso assomiglia moltissimo al «telescreen» orwelliano, per un altro ne è l´opposto: «invece che diventare uno strumento di centralizzazione e tirannia, ha condotto alla democratizzazione dell´accesso all´informazione e alla decentralizzazione della politica». Il «nuovo mondo» di Huxley, invece, è costruito attorno a un formidabile sviluppo delle biotecnologie, il che già lo rende di straordinaria attualità: non ciò che è già successo, quindi, come l´esplodere dell´Information Technology, ma ciò che sta per succedere, o, meglio, potrebbe succedere. Che cos´è, infatti il «processo Bokanovsky» se non un sistema di clonazione di massa? Ma ciò che renderebbe, per Fukuyama, la parte politica della profezia di Huxley più accurata di quella orwelliana è che, nel «mondo nuovo», «il male non è così ovvio perché nessuno viene represso o ferito». È un mondo di «schiavi felici di una servile felicità». Di conseguenza Fukuyama decide di usare Huxley come guida per indagare «la più significativa minaccia che ci pone la biotecnologia contemporanea, quella di alterare la natura umana e portarci a una fase post-umana della storia». Fukuyama, si sa, ama i «post» e le «fini», ma qui noi lo lasciamo per seguire Huxley. Il professore americano non è solo nella riscoperta dell´autore di Giallo cromo e delle Porte della percezione. L´uscita, in questi giorni, di una nuova biografia dal titolo Aldous Huxley, un intellettuale inglese, autore Nicholas Murray, non può essere considerata casuale. E questa uscita è accompagnata dalla pubblicazione negli Stati Uniti di Literary L. A., in cui l´autore Lionel Rolfe sembra quasi voler contendere a Murray la nazionalità di Huxley, inserendolo nel pantheon della letteratura californiana, tra Jack London e Theodore Dreiser. D´altra parte, qualche anno fa, nel romanzo che lo rese noto al grande pubblico, Les particules élémentaires, incentrato sulla biogenetica, Michel Houllebecq ingaggiava un lungo dialogo a distanza con Huxley.
È vero, quindi, che l´attualità di Huxley, come quella dei visionari più lucidi, è, in un certo senso, un sempreverde. La fame di «luce» di Huxley, come dice Murray, ha sempre affascinato e sedotto. Huxley è stato un precursore del movimento ambientalista. Ma è stato anche un precursore delle esperienze extrasensoriali, nonché l´inventore della parola «psichedelico». Anni dopo, il suo The Doors of Perception fornì a Jim Morrison il nome per il complesso che stava mettendo insieme. Huxley, che morì lo stesso giorno di quel novembre 1963 in cui venne assassinato John Kennedy, volle compiere l´estremo viaggio in compagnia di una tavoletta di Lsd, 35 anni prima del suo giovane amico Timothy Leary. Ma non era certo un «junkie», uno sballato, come avrebbe detto William Borroughs. Huxley era uno sperimentatore, uno che voleva capire. Del resto era un intellettuale «per razza», se si può dire così. Suo nonno paterno, Thomas Huxley, era soprannominato «il mastino di Charles Darwin», di cui era il più stretto collaboratore. Il poeta Matthew Arnold era suo prozio, mentre sua zia era la scrittrice Humphry Ward. Con queste radici nell´intellighenzia vittoriana, Aldous, nato nel 1894, si sentiva già pienamente un intellettuale negli anni del liceo a Eton, quando una gravissima infezione lo rese completamente cieco per qualche mese e poi a un occhio solo per tutta la vita. Negli anni di Oxford aveva già sviluppato rapporti stretti con i bloomsburiani più illustri, come Virginia Woolf e Litton Strachey. Più anziano di lui e così diverso, D. H. Lawrence diventò amico di Huxley, morendo poi, molti anni più tardi, in California, tra le braccia di sua moglie Maria Nys. Alto un metro e 95, sottilissimo, con gli occhi azzurri e lo sguardo reso ancora più distaccato dalla parziale cecità, Huxley era certamente un uomo affascinante. Nel mondo culturale della Londra post-vittoriana sarebbe potuto stare come un topo nel formaggio. Ma, divorato dall´ansia di sperimentare e conoscere, si agitò per anni, finendo poi per stabilirsi a Los Angeles, dove lavorò con successo anche ad alcuni copioni hollywoodiani. Il libro di Murray, che per la prima volta - grazie alla seconda moglie di Huxley, l´italiana Laura Archera - ha avuto un accesso senza precedenti all´epistolario dello scrittore, è in grado di fornire dettagli inediti sul rapporto a tre che legava Aldous e Maria Nys, la prima moglie, a Mary Hutchinson. Ma non ne approfitta. Quello che interessa a Murray è far emergere l´ulissismo intellettuale di Huxley, l´inquietudine che alimentava la sua preveggenza. E non c´è dubbio che, tra tutte le intuizioni di Huxley, quelle contenute nel Mondo nuovo sono ancora oggi le più impressionanti. Il libro, in un certo senso, è costruito su due citazioni. La prima è di William Shakespeare. «How beauteous mankind is. O brave new world, / that has such people in it» («Com´è meravigliosa l´umanità. O splendido mondo nuovo / che ospita tali persone»). L´ingenua meraviglia di Miranda, la figlia di Prospero, nel quinto atto della Tempesta, dà al romanzo il titolo, Brave New World, e il tono. Il suo acritico entusiasmo sembra quello di Lenina, la donna che John Savage, il Selvaggio, l´infelice protagonista della storia, ama e sfugge nello stesso tempo. Savage, a differenza degli abitanti del «mondo nuovo», conosce tutto Shakespeare a memoria. Ma nel «mondo nuovo», come spiega il Controller Mustapha Mond a uno sbigottito Savage, Shakespeare «è proibito» perché «è vecchio». D´altra parte, opere come Otello o Re Lear, non verrebbero neppure capite: le tragedie, per succedere, essere scritte e, quindi, capite, richiedono «instabilità sociale». E il «mondo nuovo» è, come si sa, stabilissimo.
La seconda citazione compare nel frontespizio del libro ed è di Nicholas Berdiaeff, già Nicholay Berdiayev, filosofo russo, anzi ucraino, abbastanza oscuro, fuggito a Parigi da Mosca nel 1922, trasformandosi da marxista a esistenzialista cristiano, e come tale frequentato anche da Jacques Maritain. (Di passaggio, vale la pena ricordare che, tra i personaggi del libro, a parte Lenina, c´è anche un Bernard Marx). La citazione di Berdiaeff dice: «Le utopie sembrano sempre più realizzabili di quanto si credesse nel passato. E noi ci troviamo oggi di fronte a un problema ben più angosciante: come evitare la loro realizzazione definitiva?». Questa è dunque la terribile minaccia per l´uomo moderno: la capacità di realizzare le proprie utopie. Le utopie diventano vere. Ma da dove nascono le utopie? Dalla preistorica credenza dell´uomo in una passata «età dell´oro», cioè dal sogno stesso del paradiso in terra. E il «mondo nuovo» è un paradiso. Perlomeno appare tale a tutti quelli che lo abitano, anche grazie all´«ipnopedia», cioè al condizionamento psicologico nel sonno, e alla «soma», la droga perfetta resa disponibile dallo Stato. Ma il «mondo nuovo» non è un paradiso per John Savage, l´uomo scandalosamente nato in modo «viviparo» e non «in vitro», «come si fa ormai da secoli». L´uomo scovato da Bernard Marx nella Mesa di Malpais, nell´ultima Riserva Indiana, è inizialmente attratto dalla «civilizzazione», che non ha mai conosciuto. Ma poi cambierà idea. «Io rivendico il diritto di essere infelice», proclama il Selvaggio in un incontro decisivo con un interdetto Controller, che gli risponde: «Si accomodi». Savage preferisce la libertà alla felicità, ed è quindi come se preferisse l´inferno al paradiso in nome dell´umanità.

Paolo Passarini


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Date: 14 May, 2002 on 08:39
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