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Studente fa strage nel suo ex liceo: 18 morti
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1. Studente fa strage nel suo ex liceo: 18 morti
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da Il Corriere della Sera
Sabato, 27 Aprile 2002

Il ministro degli Interni Schily: «Era stato escluso, si è trattato di una specie di vendetta». Ammazzate anche due ragazze

Studente fa strage nel suo ex liceo: 18 morti

Germania: irrompe nell’istituto e spara, tra le vittime 13 professori. Si uccide prima del blitz dei reparti speciali


ERFURT (Germania) - Orrore in Germania per la strage compiuta da un ragazzo di 19 anni, che era stato escluso per i voti troppo bassi dal prestigioso liceo «Gutenberg» di Erfurt, nel Land orientale della Turingia. Ieri mattina, il giovane, Robert Steinhauser, mascherato e armato di una pistola e di un fucile a pompa, è entrato nella sua ex scuola e in pochi minuti, sparando all’impazzata, ha ucciso 13 insegnanti, due studentesse, una segretaria e un agente. Poi, compiuta la sua «vendetta», si è tolto la vita. L’allarme è arrivato poco dopo le 11. L’edificio è stato circondato dai reparti speciali, dalle ambulanze, dai cecchini appostati sui tetti. Il poliziotto ucciso è stato il primo ad arrivare nella scuola: è stato colpito mentre si avvicinava all’ingresso dove era possibile distinguere i corpi di due delle vittime. Quando sono entrate in azione le teste di cuoio, che hanno occupato l’edificio partendo dalle cantine, la strage era forse stata già ultimata. Gli agenti hanno trovato i cadaveri nei corridoi, in alcune classi, in uno dei bagni. In un primo momento si era pensato alla presenza di un secondo killer.
Nell’imponente edificio liberty c’erano quasi 700 studenti, molti impegnati in una prova d’esame. Dopo i primi spari alcuni sono riusciti a fuggire. Altri, terrorizzati, sono rimasti per ore chiusi nelle aule. Per il ministro degli Interni Schily «si è trattato di una specie di vendetta». «Tragedia inconcepibile», ha detto il presidente della Repubblica Rau. Per il cancelliere Schröder «un fatto che supera ogni immaginazione».

Studente respinto spara: strage nel suo liceo

Germania, ragazzo uccide tredici insegnanti, un’impiegata, due allieve e un agente. Poi si toglie la vita


DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO - «Hilfe», aiuto, c'era scritto sul foglio di carta attaccato al vetro della finestra. La mano di un'ombra femminile agitava un fazzoletto insanguinato. Erano da poco passate le 11 di ieri. Il più grave, il più assurdo omicidio di massa della recente storia tedesca si era già consumato. È successo in un liceo di Erfurt, nel Land orientale della Turingia. Armato di una pistola e di un fucile a pompa, un ex studente, Robert Steinhauser, 19 anni, escluso qualche mese fa dal prestigioso ginnasio Johan Gutenberg, è penetrato nella scuola, ha ucciso 17 persone, ne ha ferite almeno sei e alla fine si è suicidato.
La Germania è sconvolta, paralizzata, atterrita di fronte a un bagno di sangue che fa vacillare le sue sicurezze, solleva angosce latenti, tocca nervi scoperti della sua convivenza civile. «Un fatto che supera ogni immaginazione», dice il cancelliere federale, Gerhard Schröder, che ha sospeso tutti gli appuntamenti politici in segno di lutto. «Il Paese piange di fronte a una tragedia inconcepibile», dichiara il presidente della Repubblica, Johannes Rau. I fotogrammi di una mattinata di ordinaria follia sono ancora da ricostruire con precisione. Dove il giovane killer si sia procurato le armi, cos'abbia fatto scattare la molla decisiva del suo delirio omicida, cosa veramente sia successo dentro l'imponente edificio liberty, che ospita il ginnasio, sono le domande che assillano inquirenti e opinione pubblica.
«Nella scuola qualcuno sta sparando», ha detto concitato uno dei bidelli, nella telefonata alla polizia che ha fatto scattare l'allarme. Erano le 11.05. Sono bastati pochi minuti, alle forze dell'ordine, per far convergere sul posto le squadre speciali, i cecchini, un piccolo esercito di ambulanze, blindati, furgoni carichi di agenti, psicologi, tutto l'apparato legato alle prese d'ostaggi, purtroppo frequenti in Germania. Pochi minuti. Ma questa volta era diverso. Dentro, i corridoi, i bagni, alcune classi erano già disseminate di cadaveri: vestito di nero, il viso coperto da una maschera dello stesso colore, lo studente aveva aperto il fuoco, freddando 12 professori, la vice-preside, una segretaria e due studentesse. La diciassettesima vittima cadeva poco dopo, quando due poliziotti, probabilmente senza giubbotto antiproiettile, si avvicinavano all'edificio: uno di loro veniva colpito a morte. A quel punto entravano in azione le teste di cuoio. Non un assalto con bombe paralizzanti e lacrimogeni, ma una lenta conquista della scuola, senza sparare un colpo, risalendo dalle cantine, piano per piano, stanza per stanza. Quasi due ore, per una progressiva scoperta dell'orrore e dello scempio, fino al cadavere dell'assassino ritrovato in un'aula. C'è voluto ancora un po' di tempo per sciogliere il dubbio sulla presenza di un altro killer. Aveva fatto tutto da solo. C'erano quasi 700 studenti, dentro i locali della scuola, durante la sparatoria. Molti di loro sono scappati fuori dalle aule non appena hanno sentito gli spari, altri, la maggior parte, sono rimasti intrappolati nelle classi per ore, mentre dai corridoi giungevano urla e pianti.
La motivazione più verosimile dietro lo scoppio di follia omicida sarebbe la mancata ammissione agli esami di maturità per scarso rendimento. Lo conferma in parte il ministro degli Interni tedesco, Otto Schily: «Si è trattato di una specie di vendetta per lo sgarbo subito. Dobbiamo chiederci dove stia il problema, dove si nasconda l'errore, in una società nella quale una persona così giovane possa concepire gesti e causare tragedie di questa dimensione».

Paolo Valentino

«Apriva le porte delle aule e mirava ai professori»

Il racconto dei liceali: c’era sangue ovunque. «Era tutto vestito di nero, sembrava un terrorista»


DAL NOSTRO INVIATO
ERFURT (GERMANIA) - «Sono vivo». Alle 12.05 squilla il telefonino di Pauline S. Suo figlio le ha appena spedito un «sms» dall’inferno. Ma per Pauline l’incubo finisce soltanto alle cinque del pomeriggio, quando può riabbracciarlo. Per cinque ore è rimasta appesa a quel messaggio. «Sono vivo». Poi più nulla, lì sull’erba di piazza Gutenberg, mentre dalla scuola del terrore, un edificio che sembra quasi un castello nel centro di Erfurt, escono gli altri ragazzi. A gruppi. A coppie. Abbracciati. In lacrime. Sotto choc. In braccio ai poliziotti. Di corsa. Lontano, via, dall’orrore.
Alla finestra ancora pende il cartello «Hilfe», aiuto. Sono da poco passate le undici e D.S., quasi 18 anni, era seduto davanti al suo compito di matematica, perché qui a Erfurt gli esami di maturità si fanno a fine aprile. «Ho sentito gli spari, ci siamo chiusi dentro. Poi sono arrivate le truppe speciali, ci hanno fatto mettere in un’altra classe ad aspettare, chiusi dentro... Eravamo terrorizzati... no, nessuno urlava tra di noi, c’era chi piangeva». E poi sangue, sangue. E paura, molta paura.
Philip Niemann è ancora sotto choc: «Eravamo con il professore, stava iniziando la lezione, quando abbiamo sentito gli spari. Ci abbiamo scherzato sopra e i professori ci hanno lasciato uscire in corridoio. Non capivamo niente. Era come in un film, non è che ti rendi conto che stanno sparando davvero, lì davanti a te. Ti sembra che lo sparo sia un petardo». Fuori dalla classe, a 3-4 metri di distanza, racconta Philip, «c’era una persona mascherata in nero che aveva il fucile in spalla. Lo ha imbracciato e ha cominciato a sparare. Abbiamo visto un professore cadere a terra. Ci siamo girati e siamo scappati via. Da altri ragazzi ho sentito che l’uomo armato aveva aperto le porte delle classi e mirato ai professori». Fa una pausa, e dice: «Dopo quello che ho visto, non credo più che ci sia un Dio».
Già, è stato come in un film. «Un film americano», raccontano i ragazzi uscendo. Qualcuno va davanti alle telecamere, i più tornano a casa. Sul piazzale c’è un gruppo di medici pronti se qualcuno ha bisogno di assistenza psicologica. T.R., quindici anni, racconta al Thüringer Allgemeine di aver sentito tre spari dalla sua classe. L’insegnante ha aperto la porta, «e abbiamo visto l’assassino. Uno studente? No, non ho capito che cosa succedeva. Noi eravamo al terzo piano, io ho il gesso perché mi sono rotto un piede, avevo paura che dovessimo correre fuori... temevo di restare indietro». Invece sono rimasti in classe, chiusi a chiave.
Denise G. ha sentito alla radio che l’Apocalisse era arrivata fino a Erfurt e proprio nella scuola di sua figlia. E’ corsa in macchina fino alla Gutenberg. E’ il panico, per più di un’ora. Sua figlia, coi suoi capelli biondi e i jeans alla moda, è già scappata di corsa, giù per tre piani di scale, poi il prato, la piazza, via fino a casa del nonno, due isolati verso il Municipio. Lì, lei e la sua amica del cuore, hanno trovato rifugio sicuro. E solo dopo un’ora nel caos del terrore sono riuscite a rintracciare la mamma.
Lei è ancora lì fuori con gli altri genitori: papà e mamme che arrivano come automi, appena sentono la notizia per radio, alla tv. Sono tutti sul prato ad aspettare. Ma dentro è già tutto finito. Robert ci ha messo soltanto un quarto d’ora a giustiziare i suoi professori e il vicepreside. Una furia. Tanto che due ragazze uscendo, in lacrime, sono convinte che gli assassini dentro la scuola siano due: «Ne ho visto uno fuori dalla mia classe mentre scappavo e poi un altro quando sono scesa per le scale. Il secondo aveva in mano una pistola, niente fucile, era tutto vestito di nero, dalla testa ai piedi: ma chi erano? terroristi?».
Alle sei di sera l’inferno è finito. La scuola è chiusa, luci spente. Porte sbarrate: ma è come se fosse una sera piovosa qualunque. Se non fosse che comincia la processione: diciotto lumini rossi, poi qualche candela. Arrivano ragazzi più grandi, mamme, nonne. Portano una rosa gialla, un mazzolino di giunchiglie, lì sugli scalini di quella che è diventata una tomba.

Gianna Fregonara


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Date: 27 Apr, 2002 on 08:13
Studente fa strage nel suo ex liceo: 18 morti
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