Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


Edscuola Board
Edscuola Board Discussion Forum.
Index / Educazione&Scuola© - Archivio Rassegne / Educazione&Scuola© - Rassegna Stampa (Archivio 2)
author message
MA NON È PENSIERO UNICO
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
edscuola
Administrator
in Educazione&Scuola

View this member's profile
posts: 13944
since: 23 May, 2001
1. MA NON È PENSIERO UNICO
Reply to this topic with quote Modify your message
da Avvenire
Venerdi 05 Aprile 2002

CONTROCANTO
È un luogo comune che la globalizzazione annulli culture e differenze.
Un intervento di Antiseri

MA NON È PENSIERO UNICO

Quello che l'Occidente deve esportare sono i diritti umani, lo Stato di diritto e la conoscenza scientifica
Una civiltà globale non significa uniformità nelle idee e nei costumi: il suo motto è la tolleranza

La globalizzazione dell'economia, vale a dire lo scambio di merci e servizi su scala planetaria, è un processo inarrestabile. La difficoltà dei traffici, mezzi di trasporto prima quasi inesistenti e poi per lungo tempo inadeguati, ostacoli tecnici per una comunicazione efficiente, hanno rappresentato soprattutto nel passato remoto e in misura notevole anche nel passato prossimo cause non irrilevanti della permanenza, più o meno prolungata, di sistemi autarchici caratteristici di società chiuse. Ai nostri giorni, la facilità dei trasporti e la rapidità delle informazioni costituiscono gli strumenti tecnici per la demolizione - talvolta, purtroppo non indolore - delle economie autarchiche e, di conseguenza, di società chiuse. L'economia di mercato è l'esposizione pubblica di soluzioni di problemi - di soluzioni nuove per problemi vecchi, di soluzioni di nuovi e magari prima inimmaginabili problemi.
Il «mercato» - con il suo principio di concorrenza - è un processo di scoperta e di invenzione; arricchisce il mondo; mette a disposizione «beni» senza obbligare nessuno ad usufruirne; amplia, quindi, la possibilità di scelta e, dunque, la nostra libertà; è uno strumento di una sempre migliore conoscenza e di una sempre migliore convivenza tra i popoli.
La globalizzazione economica, intrinsecamente connessa con la globalizzazione dell'informazione, offre nuove opportunità; ma anche nuove sfide e nuovi rischi. E il rischio più grande, a mio avviso, è che un mercato globale non venga simultaneamente regolato da un diritto globale: un sistema legale internazionale in espansione che garantisca i diritti umani e che vigili contro ogni tentativo di soffocare la concorrenza.
Ma qui, a mio avviso, non è possibile mettere da parte quello che forse è il problema più scottante. È stato Giovanni Paolo II che, preoccupato, ha posto attenzione sul fatto che la globalizzazione può trasformarsi in una nuova forma di colonizzazione. Perché il mercato non diventi un disumano incontro del forte con il debole è necessario non che il forte si indebolisca ma che il debole diventi forte. E chi è oggi il debole? Il debole è colui che non sa e non può: che non sa perché privo di conoscenze scientifiche e tecnologiche: che non può perché, anche quando avesse le necessarie conoscenze per costruire merci e progettare servizi, è oppresso da uno Stato che vieta la libertà di impresa e di commercio.
Ecco, allora, che la globalizzazione economica senza la globalizzazione delle regole dello Stato di diritto e senza la globalizzazione della conoscenza scientifica e tecnologica è facile che si trasformi come teme il Papa, in un neocolonialismo. E a questo punto mi pare di poter dire che per l'Occidente si apre il tempo di una «sfida epocale», il tempo dell'opportunità di esportare, di globalizzare il meglio di sé: i diritti umani, lo Stato di diritto e la conoscenza scientifica e tecnologica.
Certo, si tratta di un processo non facile, ma questa mi pare la via giusta da seguire. Qualcosa di interessante, in questa direzione, si è già fatto e si sta facendo, tramite, per esempio, trattati commerciali che vengono stipulati a condizione che i prodotti non provengano dal lavoro minorile, che non si mandi in rovina l'ambiente naturale, e così via. È questa una via impervia che esige etica e intelligenza, lungimiranza. Da un mercato globale abbiamo tutti da guadagnare. Da una giungla dove il più forte depreda i più deboli abbiamo tutti da perdere eticamente prima e sempre; economicamente e politicamente, prima o poi.
Voglio qui aggiungere che una civiltà globale non equivale ad una civiltà uniforme nelle idee, negli ideali e nei costumi. Una civiltà globale è fatta di tante civiltà e la civiltà globale è una civiltà aperta alle più diverse civiltà: diverse delle visioni del mondo filosofiche o religiose, diverse nella scelta dei valori etici, diverse nei costumi. Quello che tante volte in modo sprezzante viene detto «pensiero unico» è, in realtà, il pensiero che non solo permette, ma comprende le ragioni ed auspica la convivenza del maggior numero di pensieri nella scienza, in ambito etico, in quello filosofico e in campo religioso.
Il pensiero unico esclude solo una variante di pensiero, il Pensiero Unico degli intolleranti e dei violenti. Il pensiero unico di «matrice liberale» esclude solo il Pensiero di quanti intendono imporre ad ogni costo, magari con lacrime e sangue, la loro presunta Unica Verità e i loro presunti esclusivi Valori Unici.
La società aperta è chiusa unicamente agli intolleranti. È aperta al maggior numero possibile di identità, al maggior numero possibile di «civiltà». È chiusa, pena la sua autodissoluzione, soltanto all'«inciviltà» dei violenti e degli intolleranti.
Va da sè che l'«altro» ci apparirà come tale solo a patto di una chiara consapevolezza della nostra identità. Un dialogo è possibile solo tra diversi - e tanto più ampie saranno queste diversità tanto più proficuo sarà il dialogo. Più idee non sono mai una miseria, sono una ricchezza. Il multiculturalismo è la ricchezza della società aperta. E qui sta la ragione per cui la società aperta non sarà mai una società perfetta.
La società perfetta è il sogno di ogni utopista e di ogni dittatore. La società perfetta è la negazione della società aperta. Certo, non va esclusa l'eventualità di incomprensioni globali tra le differenti identità culturali, sociali, religiose e politiche. L'Occidente, però, su tale nevralgica questione, ha molto da insegnarci. Ci insegna che la reciproca tolleranza è stata non di rado frutto di lotte fratricide - ma anche di riflessione filosofica sulla fallibilità della conoscenza umana e sulla inevitabilità di un pluralismo etico e religioso. E sottolineo che non c'è un metodo infallibile per evitare l'eventuale intolleranza.
Il prezzo della tolleranza, come quello della libertà, è l'eterna vigilanza; una disponibilità al dialogo, al compromesso; e insieme una prontezza a difendere la tolleranza anche con la forza.

Dario Antiseri


http://www.edscuola.it
http://www.edscuola.com
Mail: redazione@edscuola.com
Date: 06 Apr, 2002 on 00:06
MA NON È PENSIERO UNICO
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
All times are GMT +2. < Prev. Page | P.1 | Next Page >
Go to:
 

Powered by UltraBoard 2000 Personal Edition,
Copyright © UltraScripts.com, Inc. 1999-2000.

Archivio
Archivio Forum
Archivio Rassegne