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Quando lavorare diventa un incubo
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1. Quando lavorare diventa un incubo
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da Sam-Notizie
marzo 2002

MOBBING….conoscerlo per non restare impigliati nella sua rete!
Quando lavorare diventa un incubo

Chiunque abbia lavorato in un’azienda o in un ufficio si sarà reso conto che costruire positivi rapporti con i propri colleghi non è sempre un’impresa semplice. Certamente non dico che nelle sedi lavorative si debbano cercare e creare vere amicizie (anche se a volte accade), ma, perlomeno sarebbe auspicabile che venisse considerata e rispettata la dignità umana e professionale di ogni lavoratore.
Quindi se parliamo di naturali difficoltà relazionali, presenti in qualsiasi comunità, non dovremmo preoccuparci più di tanto. Ma se tali difficoltà degenerano e sfociano in autentici conflitti che destabilizzano la sicurezza psicofisica dei lavoratori, se andare a lavorare inizia a diventare un incubo, allora la questione assume risvolti inquietanti: entra in scena il MOBBING.
Per chiarire ed approfondire l’argomento, che sta diventando una vera e propria piaga sociale, ho chiesto la consulenza dell’insegnante Grazia Perrone del direttivo provinciale GILDA di Bari, che si occupa – da tempo - di questo fenomeno con particolare riferimento all’ambito scolastico.

1. Insegnante Perrone, potrebbe darci una definizione più dettagliata di mobbing? Quali sono i primi sintomi che il lavoratore accusa in questa circostanza?
MOBBING è un termine utilizzato dallo zoologo Konrad Lorenz per definire l’aggressività animale nei confronti di un intruso e, per analogia, è stato utilizzato anche nel campo della psicologia umana. La parola - come esplicitato da numerosi studiosi del fenomeno – (…) “rinvia ad una situazione di conflitto endemico sul luogo di lavoro, per cui un mobbizzato è oggetto di persecuzione sistematica da parte di uno o più mobbers – un capo, i colleghi, l’azienda – in concorso o meno tra loro; una situazione che danneggia la salute psicofisica della vittima, intacca la sua autostima, può indurlo a licenziarsi e, in certi casi, provocare addirittura il suicidio (…)”. Il sintomo più noto ed evidente è il progressivo allontanamento (“abulia”) del soggetto colpito dalla comunità lavorativa e dal depauperamento e dalla rarefazione delle relazioni sociali, amicali e affettive.

2. Se fino a qualche tempo fa il mobbing è stata maggiormente una prerogativa delle aziende o di luoghi lavorativi in cui la verticalizzazione dei rapporti con i dipendenti ne costituiva il leit-motiv, attualmente si verificano episodi destabilizzanti anche nel mondo scolastico. Come mai?
Il motivo è – sostanzialmente – lo stesso poiché negli ultimi anni la scuola italiana sta vivendo una fase – drammatica - di verticalizzazione, di accentramento di potere nelle mani di un gruppo ristretto di persone – il dirigente ed il suo staff – che tendono a perpetuare il proprio potere e sono insofferenti ad ogni forma di controllo democratico. Per meglio far comprendere le modalità con cui viene esplicitato il mobbing nella scuola ho preparato una “lista” dei metodi più utilizzati dai “mobbers” (i persecutori):
1. Negare alla vittima la possibilità di esprimere il suo punto di vista ( vi è mai capitato? Per esempio nei collegi…);
2. Isolarla ( capita quasi sempre a chi osa opporsi al dirigente… );
3. Calunniarla ( le “voci” che proliferano in abbondanza e senza controllo …);
4. Sminuirne la professionalità con mansioni umilianti ( o impedendo di accedere a certe funzioni pur avendo titoli e professionalità …);
5. Minarne la salute psicofisica ( esaltandone i difetti e le defaillances: periodi di malattia e maternità compresi ! );
6. Utilizzo (ma forse sarebbe più corretto dire “abuso”) del procedimento disciplinare per ottenere l’allontanamento “volontario” della vittima.

Naturalmente ve ne possono essere altri ma sono tutti – grosso modo – riconducibili a quelli già esplicitati.


3. Cosa consiglia di fare a coloro che vengono marginalizzati nel processo lavorativo?
In primo luogo di parlarne con qualcuno. E non mi riferisco solo ai componenti del nucleo familiare ma anche a colleghi ed amici. Di solito la vittima tende a vergognarsi della propria situazione e a non parlare del propri vissuto lavorativo. Teme di … non essere creduta e compresa da alcuno. Parlarne razionalmente con persone fidate, invece, aiuta ad acquistare consapevolezza del problema e a reagire contro gli aggressori. Può – forse – apparire un’ovvietà ma, spesso, ci si dimentica che a vergognarsi devono essere gli aggressori e non le loro vittime.

4. Come procede la legge nei confronti del mobbing? Quale tutela offre ai lavoratori colpiti?
Vi è – allo stato – una proposta di legge bloccata in Parlamento ma già approvata dalla competente Commissione parlamentare nella legislatura precedente che sanziona penalmente la pratica del mobbing e ne definisce i contorni, le finalità destabilizzanti e le, gravi, ripercussioni psico/fisiche sulle vittime. Fino a quando non sarà definitivamente approvata, però, la dottrina giuridica italiana è – ad esclusione della Regione Lazio che si è munita (recentemente) di un’apposita legge anti-mobbing - alquanto carente rispetto a quella americana o europea e, per questo motivo, è necessario affidarsi – per difendersi - alle norme più generiche che il legislatore ha previsto in ambito di diritto del lavoro. Ai generici riferimenti costituzionali attinenti il diritto alla salute (art. 32 Costituzione) e quelli relativi alla sicurezza e alla dignità umana che non possono essere pregiudicati all’interesse privato (art. 41, c. 2 Costituzione) gli unici riferimenti giuridici sono riconducibili agli articoli 2087 c.c. (responsabilità del datore di lavoro per la tutela e l’integrità fisica e morale del lavoratore), 2013 c.c. (il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto), 1374 c.c. (le norme contrattuali obbligano le parti non solo per quanto esplicitamente espresso ma anche a tutte le conseguenze che ne derivano secondo la legge). La tutela – in ultima analisi – è nelle mani delle stesse vittime che devono trovare in sé stesse la forza ed il coraggio – attraverso la denuncia pubblica - di reagire al sopruso e all’ingiustizia.
Ancora una volta, quindi, emerge l’importanza di una corretta e chiara informazione affinché tutti possiamo conoscere per capire e vivere meglio.

Rosalba Sgroia


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Date: 04 Apr, 2002 on 16:15
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