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Stati Uniti, l'autoRete
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1. Stati Uniti, l'autoRete
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da La Stampa
Giovedì, 4 Aprile 2002

LO SVILUPPO DI INTERNET PRIVERÀ LA SUPERPOTENZA DEL SUO RUOLO CENTRALE

Stati Uniti, l´autoRete

AL momento, gli Stati Uniti svolgono un ruolo dominante in tutti gli aspetti del processo di globalizzazione, che copre il mondo di una rete sempre più intricata di interdipendenze. Ma, per l'appunto, una rete è solo la connessione di una serie di punti. E le reti possono assumere un sorprendente numero di strutture e di forme; possono variare enormemente nel grado di centralizzazione e nella complessità: una tela di ragno, una rete elettrica, un sistema di trasporti urbani, Internet sono i primi esempi che vengono in mente. In genere si ritiene che chi sta al centro della rete abbia più potere; ovvero che il perno della ruota ne controlli i raggi. Così si tende a vedere la globalizzazione (o il globalismo, termine che preferisco) come un sistema che fa perno sugli Stati Uniti ed estende i suoi raggi in tutte le parti del mondo. C'è del vero in questa rappresentazione schematica. Gli Stati Uniti sono al centro sotto quattro aspetti: l'economia, perché hanno il più ampio mercato dei capitali; la forza militare, perché sono l'unico Paese in grado di intervenire in ogni parte del pianeta; la mentalità e le abitudini, perché sono il centro della cultura di massa; l'ambiente, perché inquinano più di tutti gli altri Paesi, e senza il loro consenso ogni misura di salvaguardia è impossibile. I fautori di una scelta unilaterale ed egemonica nella politica americana sono molto attratti da questo tipo di rappresentazioni della realtà. Ma occorre stare attenti, perché sono vere fino a un certo punto. E' riduttivo immaginare un impero in cui gli altri Paesi quanto più sono piccoli tanto più sono obbligati a sottomettersi. In primo luogo, la struttura delle interdipendenze mondiali varia a seconda dei casi. Solo in campo militare l'immagine della ruota e dei raggi si avvicina davvero alla realtà. Già nel campo dell'economia l'immagine della ruota e dei raggi non è appropriata, perché i flussi del commercio mondiale hanno altri due poli alternativi di grande importanza, Europa e Giappone. La politica dell'ambiente ha centri d'attenzione ben lontani dagli Stati Uniti, come la tutela delle specie in pericolo in Africa o della foresta pluviale in Brasile; i dissensi sulle emissioni di anidride carbonica, con la mancata ratifica dei protocolli di Kyoto, fanno sì che in gran parte del mondo la politica degli Usa venga percepita come una minaccia collettiva. In secondo luogo, l'immagine radiale della globalizzazione non rende l'idea delle reciproche vulnerabilità. Anche in campo militare, gli Usa non sono fuori della portata di qualunque attacco, come hanno dolorosamente appreso lཇ settembre del 2001. Mentre l'essere la più forte economia del mondo non ripara dal contagio dei fenomeni che si producono nei mercati finanziari mondiali, come le crisi del 1997 hanno dimostrato. In campo culturale, è vero che la cultura americana dilaga nel mondo, ma è anche vero che gli Stati Uniti importano idee e accolgono immigranti in misura maggiore di quasi tutti gli altri Paesi. Quanto all'ambiente, tutti i Paesi sono vulnerabili alle scelte di tutti gli altri; l'"effetto serra" non dipende solo dall'enorme consumo di fonti energetiche che si fa negli Usa, ma anche dalle centrali elettriche a carbone di cui è piena la Cina. In terzo luogo, l'immagine del mozzo e dei raggi non raffigura la complessità delle connessioni. Sul mercato dei capitali New York è importante ma lo sono anche Londra, Francoforte e Tokyo. Come polo culturale, una buona fetta dell'Africa guarda a Parigi, e l'Asia centrale ancora a Mosca. Le Maldive, più esposte di altri Pesi all'inquinamento da anidride carbonica perché basse sul livello dell'Oceano indiano, e incapaci di difendersene, in futuro punteranno il dito contro la Cina, la cui produzione di gas dannosi presto o tardi supererà quella degli Stati Uniti. Anche sotto altri aspetti, in prospettiva per molti Paesi gli Stati Uniti non rappresenteranno il centro del mondo. In conclusione, occorre tener conto che la struttura delle reti di interdipendenza si modifica con il tempo. Gli studiosi di sistemi complessi sostengono che spesso in una prima fase il centro prevale sulle periferie perché vi sono vuoti strutturali di comunicazione tra esse. Se in una città tutte le linee di trasporto passano per il centro, il centro sarà affollato di persone che non hanno nulla da fare lì ma si spostano da un quartiere all'altro. Ma se le periferie istituiscono linee di comunicazione tra di loro, il centro diviene meno importante. Ora, Internet è l'esempio di una struttura dove colmare i vuoti nelle linee di comunicazione costa molto poco. Per il momento, gli Stati Uniti sono al centro di Internet, perché negli Stati Uniti si trova ancora la maggioranza degli utenti. Ma già l'anno prossimo, secondo le previsioni, contro 180 milioni di utenti statunitensi se ne avranno 240 nel resto del mondo; e certo la tendenza proseguirà. Oggi si dipingono gli Stati Uniti come un gigante che domina il mondo. Guardando con più attenzione, questa immagine non è esatta oggi e lo sarà ancora meno in futuro. E' vero che gli Stati grandi hanno più potere; ma nel bene e nel male la tecnologia sempre più mette alla portata dei singoli strumenti in passato riservati ai poteri pubblici. I costi decrescenti del comunicare aumentano la complessità delle reti di interdipendenza del pianeta. Finora, gli Usa hanno tratto più profitto di altri dalla globalizzazione. Ma nel lungo termine il diffondersi ovunque delle nuove tecnologie di comunicazione e di produzione ridurrà il loro potere.

Joseph Nye


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Date: 04 Apr, 2002 on 06:57
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