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LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 2, MARZO 2002
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1. LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 2, MARZO 2002
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LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 2, MARZO 2002
Notizie e commenti sul mondo della scuola

Indice

1. Una legge delega per riformare la scuola
2. Cambio di rotta sul primo ciclo di istruzione
3. Passerelle a senso unico
4. L’autonomia negata
5. Non solo un decreto taglia occupazione
6. Gli organi di governo delle Istituzioni scolastiche
7. La scuola che vogliamo

1. Una legge delega per riformare la scuola
Il governo ha deciso: la riforma della scuola si fa con una legge delega. Otto articoli scarni approvati dal Consiglio dei Ministri l’1. 2. 2002 ridisegnano l’architettura della scuola italiana.
Poche righe per definire la scuola elementare e media, i licei, la scuola professionale, l’alternanza scuola-lavoro… Con essa viene data delega al governo perché proceda a completare la legge, entro 24 mesi dall’approvazione, con i regolamenti attuativi.
I punti caratterizzanti sono:
· un sistema educativo costituito dalla scuola per l’infanzia (3 anni), non obbligatoria, da un primo ciclo formato da scuola elementare (5 anni) e scuola media (3 anni), da un secondo ciclo che comprende il sistema dei licei (5 anni) e il sistema dell’istruzione e della formazione professionale (4 anni) demandato alle regioni;
· distinzione netta tra scuola elementare e media scandendo gli otto anni di base in periodi didattici: 1-2-2 (per la scuola elementare), 2-1 (per la scuola media); al termine di ogni periodo didattico avviene la valutazione degli apprendimenti e del comportamento per il passaggio ai periodi successivi;
· anticipo nell’iscrizione alla scuola per l’infanzia e alle elementari (i nati entro il 28 febbraio dell’anno scolastico in corso per il prossimo anno scolastico, poi i nati entro il 30 aprile);
· abolizione dell’esame a conclusione del ciclo elementare;
· diritto all’istruzione e alla formazione per almeno 12 anni che abolisce l’obbligo scolastico fino ai 15 anni (è diverso dire diritto o obbligo, anche se l’art. 2 lett. C parla di dovere legislativamente sanzionato!)
· possibilità di assolvere, dai 15 ai 18 anni, il diritto all’istruzione e alla formazione in alternanza scuola-lavoro;
· frequenza di un corso annuale per l’accesso all’università per chi ottiene una qualifica professionale;
· piani di studio contenenti un quota nazionale e una quota regionale;
· verifiche periodiche e sistematiche da parte dell’ Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione sulle conoscenze e abilità degli allievi e sulla qualità complessiva dell’offerta formativa;
· formazione iniziale per i docenti di uguale dignità e durata (3+2) più tirocinio per insegnare dalla scuola per l’infanzia alle superiori;
· formazione iniziale e in servizio dei docenti affidata solo alle Università.
Sullo sfondo rimangono le linee guida del “documento Bertagna”: curricolo di 25 ore settimanali (a cui aggiungere fino a 300 ore, la cui frequenza è però facoltativa), docente prevalente (da 21 ore in prima a 15 ore in quinta) alla scuola elementare, voto di condotta, bocciatura ogni due anni anche alle elementari…
Sul piano degli ordinamenti si è ritornati indietro a prima della legge 30/2000, anzi per qualche aspetto a prima del ’62. Quello che c’è di nuovo è il cambiamento di prospettiva. Negli ultimi 40 anni il sistema scolastico italiano aveva tentato, con difficoltà e qualche fallimento, la strada della progressiva riduzione dello svantaggio sociale nel diritto all’istruzione, consentendo a quote sempre più consistenti di popolazione l’accesso all’istruzione secondaria. L’obbligo scolastico a 15 anni e formativo fino ai 18 anni sono stati gli atti terminali di un percorso.
La legge delega irrigidisce la struttura del sistema.

2. Sul primo ciclo di istruzione
Che il ciclo lungo di sette anni della scuola di base non fosse nelle prospettive della riforma della scuola di questo governo lo si sapeva già dalla campagna elettorale. La proposta Bertagna che manteneva la distinzione tra scuola elementare e media suddividendo gli otto anni di studi in cicli biennali sembrava la mediazione tra le promesse elettorali e la presa d’atto di una realtà esistente quale quella degli istituti comprensivi. La puntigliosa volontà di tenere nettamente distinti i profili curricolari, organizzativi, professionali delle attuali scuola elementare e media torna indietro rispetto alla stessa proposta Bertagna e sembra chiudere ogni prospettiva di continuità ed unitarietà del percorso formativo di base.
C’è una palese contraddizione tra l’impegno dichiarato del governo ad elaborare proposte di riforma in sintonia con la scuola reale e la decisione di ignorare un fenomeno concreto quale è oggi l’istituto comprensivo, un modello di scuola curiosamente avviato proprio dal governo Berlusconi nel 94-95. Nel corrente anno scolastico funzionano in Italia oltre 3200 istituti comprensivi (circa il 43% delle scuole di base).
Si assiste ad una virata concettuale che rischia di compromettere l’impegno di tanti operatori scolastici che vedono nel “lavoro in verticale”, nonostante le difficoltà, la possibilità di un’efficace continuità educativa che garantisce il successo formativo degli allievi e una gestione più flessibile dell’organizzazione. La riforma azzera quanto è diventato prassi consolidata della migliore azione di riflessione e di pratica educativa.
Infine vale la pena sottolineare l’ambigua formulazione che appare solo per la scuola media e non per la scuola elementare: “la scuola secondaria di primo grado… è caratterizzata dalla diversificazione didattica e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell’allievo”. Forse che si riaffacciano le “classi differenziali” di antica memoria?

3. Passerelle a senso unico
“La scuola secondaria di primo grado… sviluppa progressivamente le competenze e le capacità di scelta corrispondenti alle proprie attitudini e vocazioni…”.
La scelta è tra il sistema dei licei (artistico, classico, economico, linguistico, musicale, scientifico, tecnologico, delle scienze umane), di competenza statale e quello dell’istruzione e formazione professionale, di competenza regionale.
La libertà di scelta è una “scelta condizionata”: avviene in una fase in cui non si è ancora attuato un sufficiente consolidamento della personalità e delle competenze necessarie. Anticipare anche solo di un anno (quando ci sarebbe stato bisogno invece di posticipare a 16 anni) induce quindi a una scelta condizionata dai contesti familiari, sociali, culturali.
Il testo approvato il 1° febbraio stabilisce inoltre la possibilità di cambiare indirizzo all’interno del sistema dei licei, nulla dice per i passaggi all’interno del canale professionale. E’ confermata la possibilità di passaggio reciproco tra il canale liceale e professionale. Ma quanto è veramente reciproco questo passaggio? Non ci si può nascondere che a 14 anni chi sceglie la formazione professionale è perché a scuola ha difficoltà e riesce quindi difficile pensare che i passaggi possano avvenire dalla formazione professionale ai licei: sarà più praticata la strada inversa. Non basta dichiarare la pari dignità dei due canali e la possibilità di passaggio da un canale all’altro come garanzia per la reversibilità delle scelte.

4. L’autonomia negata
Delega al governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di formazione professionale: Art. 2 comma 1 “I piani di studio contengono un nucleo fondamentale, omogeneo su base nazionale… e prevedono una quota riservata alle regioni…” Viene scippata a favore delle regioni quella parte del curricolo che il DPR 275 assegnava alla responsabilità progettuale delle scuole. Si nega così l’autonomia delle scuole, creando una stretta dipendenza dal potere regionale.
Si nega l’autonomia eliminando gli spazi di progettazione collegiale, azzerando la responsabilità e il potere decisionale degli insegnanti nell’elaborazione del curricolo di scuola, sostituito dai piani di studio non meglio specificati le cui conoscenze sono verificabili con prove oggettive approntate dall’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione.
Si nega l’autonomia della scuola, si accentra il potere resuscitando il vecchio centralismo ministeriale appesantito dal nuovo centralismo regionale.

5. Non solo un decreto taglia occupazione
Ma l’autonomia è negata anche dal taglio di 8500 cattedre (conseguenza dell’art. 22 della finanziaria 2002) per il prossimo anno scolastico a causa dei nuovi criteri di formazione degli organici, dalla sparizione dell’organico funzionale che aveva messo in moto l’attività progettuale delle scuole per superare la rigidità delle classi, per modificare tempi e spazi dell’attività formativa al di là della lezione frontale.
Per la prima volta le dotazioni organiche vengono assegnate a livello regionale. Sarà compito del Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale ripartirle tra le varie province.
Gli organici sono stati determinati in base al numero degli alunni presenti in una scuola. Il tutto per abbassare il rapporto docenti-studenti che ora è di 9,16 ragazzi per insegnante, troppo alto secondo le stime del Ministero.
In sintesi.
· Soppresse le cattedre formate sugli “spezzoni” di orario che sono utilizzati prioritariamente per costituire posti di insegnamento a 18 ore, anche prescindendo dai decreti istitutivi delle cattedre. Gli spezzoni residui saranno assegnati prioritariamente, e fino a 24 ore, a docenti interni che siano disponibili. E’ previsto l’accorpamento delle classi intermedie e finali.
· Ove necessario si potrà procedere al contenimento dei posti destinati alla realizzazione di progetti, nonché alle classi a tempo pieno e a tempo prolungato.
· L’insegnamento dell’inglese alla scuola elementare è riservato solo al secondo ciclo, compatibilmente con la disponibilità di organico.
· Tutte le sperimentazioni dell’organico funzionale nella scuola secondaria sono bloccate e i posti aggiuntivi attribuiti precedentemente saranno gradualmente riassorbiti in relazione alla disponibilità di posti vacanti.
· Il provvedimento varato non tocca gli organici della scuola materna (ma non viene neppure potenziato) e quelli dei docenti che assistono gli studenti disabili. Il decreto “taglia” 2.500 insegnanti alla scuola elementare, 2.000 alla scuola media, 4.000 alla scuola superiore per un totale di 8.500 posti (fino a 34.000 la riduzione prevista nel triennio).
L’intento dichiarato è il taglio delle spese, per il personale della scuola, nel triennio, del 15%
Il decreto non riduce solo i posti di lavoro. Riporta di fatto il lavoro dell’insegnante alla sola lezione frontale, allungando l’orario impedisce le attività di ricerca e sperimentazione, elimina gli spazi di progettazione collegiale. Vengono tagliate tutte quelle risorse professionali che servono a realizzare l’attività progettuale delle istituzioni scolastiche autonome. E’ in gioco la potestà progettuale della scuola.

6. Organi di governo delle istituzioni scolastiche
Dirigente scolastico, consiglio della scuola, collegio dei docenti, organi di valutazione collegiale degli allievi e nucleo di valutazione dell’Istituto sono gli organi di governo delle scuole come emergono dal disegno di legge approvato dalla Commissione Cultura della camera il 21. 2. 2002. Nove articoli che ridisegnano funzione e composizione degli organi di autogoverno degli istituti scolastici.
1. Il Dirigente scolastico:
· assicura la gestione unitaria dell’istituzione
· è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e dei risultati del servizio.
2. Tre novità colpiscono del Consiglio della scuola:
· la presidenza del Dirigente Scolastico,
· la presenza di un rappresentante dell’Ente Locale,
· il diverso dimensionamento delle rappresentanze,
· l’assenza del personale ATA.
E’ formato da 11 membri: Dirigente Scolastico, 5 genitori, 3 docenti (scuola materna, elementare e media), 3 genitori, 3 docenti, 2 studenti nella scuola superiore. Si aggiungono un rappresentante dell’Ente Locale e il Direttore dei Servizi Amministrativi. Il Consiglio della scuola può decidere che alle sedute possano partecipare, senza diritto di voto, esperti esterni in ambito educativo, sportivo, culturale…
Ha il compito di:
· indirizzare e programmare le attività delle istituzioni scolastiche,
· adottare il POF elaborato dal Collegio dei Docenti verificandone la rispondenza agli indirizzi generali,
· deliberare sul funzionamento dell’istituzione e sulla partecipazione dei genitori e degli studenti alla vita della scuola,
· deliberare il regolamento della scuola che definisce i criteri per l’organizzazione e il funzionamento dell’istituzione.
Il primo degli eletti tra i genitori, su delibera del Consiglio della scuola, assume la funzione di “garante dell’utenza” per rappresentare il punto di vista e le esigenze degli utenti del servizio. E’ membro di diritto del nucleo di valutazione e lo presiede.
3. Il Collegio Docenti ha compiti di:
· indirizzo, programmazione, coordinamento e monitoraggio delle attività didattiche ed educative.
E’ presieduto dal Dirigente Scolastico.
4. Gli organi di valutazione collegiale degli alunni sono le sedi in cui i docenti valutano gli alunni periodicamente e alla fine dell’anno secondo modalità organizzative coerenti con i percorsi formativi degli allievi indicati dal regolamento della scuola.
5. In ogni scuola viene istituito un nucleo di valutazione dell’efficienza ed efficacia del servizio, che opera anche tenendo conto delle finalità fissate dall’Istituto Nazionale per la Valutazione. E’ composto dal garante dell’utenza, da un docente e da un soggetto esterno nominato dal consiglio della scuola.
E’ questo un tassello importante nel delineare il profilo reale dell’autonomia scolastica: ridotto il ruolo dei docenti, confinati a semplici esecutori di linee di indirizzo decise dal Consiglio della scuola dove sono in netta minoranza, allontanato il personale ATA da ogni forma partecipativa, preludio ad un appalto esterno delle funzioni più esecutive da loro espletate, accresciuto il potere del dirigente Scolastico, genitori e studenti ridotti al ruolo di utenti.

7. La scuola che vogliamo
In questo delicato momento è necessario sviluppare il massimo di informazione e creare occasioni di confronto e discussione nelle scuole e nella società civile.
Siamo convinti che la battaglia per la riforma della scuola abbia un valore strategico per il futuro del Paese, che ha bisogno di più scuola per tutti ed in tutte le fasi della vita. E’ questa una battaglia che non riguarda solo i diretti interessati (insegnanti, dirigenti, personale ATA, studenti, genitori), ma tutta la società civile italiana, perché saperi e cittadinanza danno la qualità della democrazia.
E’ forse un caso che nella legge delega non sia mai citata la parola “cittadino” né tanto meno la “formazione alla cittadinanza…”?
In molte città già si stanno organizzando coordinamenti “Piùscuolapertutti”, assemblee cittadine, autoconvocazioni e iniziative le più varie.

******************************************************************La riforma della scuola, come sta emergendo dall’azione di governo, è frutto di un disegno sottile, organico e riflettuto. Per questo la “legge delega” e la riforma degli organi di governo delle istituzioni scolastiche, di cui in questa news abbiamo affrontato qualche nodo, trovano la giusta collocazione solo se messi in relazione con gli altri tasselli: finanziaria, codice deontologico degli insegnanti, documento Bertagna, riordino della dirigenza statale.
Approfondimenti si possono trovare sul prossimo numero di:
FORMAZIONE AMBIENTE 33 (aprile-maggio-giugno 2002)
trimestrale in abbonamento gratuito a tutti i soci scuola e formazione di Legambiente
PRIMO PIANO: RIFORMA DELLA SCUOLA
La linea del conflitto di Vittorio Cogliati Dezza
Vincitori e vinti di Grazia Calcherutti
SCHEDA: ecco i tasselli della nuova scuola
Due velocità, due futuri, due società: intervista al Segretario della CGIL Ricerca e Formazione
Le reazioni e le iniziative delle Associazioni

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Date: 29 Mar, 2002 on 20:17
LEGAMBIENTE SCUOLA NEWS N. 2, MARZO 2002
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