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Safiya è salva Le altre donne no
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1. Safiya è salva Le altre donne no
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da Il Corriere della Sera
Martedì, 26 Marzo 2002

LAPIDAZIONI IN NIGERIA

Safiya è salva Le altre donne no

di DACIA MARAINI


Safiya assolta: è la vittoria di tutti coloro che si sono battuti per lei di qua e di là dall’Oceano. La rete Internet ha contribuito largamente, con le sue mille voci che si sono slanciate compassionevoli e indignate, alla formulazione di questa sentenza. È stato un vero e proprio tam tam internazionale che, con le sue insistenti lettere elettroniche indirizzate alle ambasciate nigeriane, al governo del Paese, al ministro degli Esteri, ha dato, come si vede, i suoi frutti.
Se c’è una lezione da apprendere da questa sentenza di cui ancora si sa poco, ma che sembra sia dovuta al riconoscimento della paternità legale del primo marito della donna è che le battaglie comuni, condotte dal basso e mantenute vive con tutti i mezzi, servono. Anche se non eliminano le ingiustizie, possono correggerle là dove le leggi diventano apertamente persecutorie.
Ma perché questa recrudescenza d’intolleranza religiosa anche in Paesi che si dichiarano democratici? Perché le leggi che regolano il comportamento si propongono tanta intransigenza là dove fino a qualche decennio fa vigevano abitudini di buona convivenza?
Di solito la crudeltà è segno di debolezza e di paura. Cosa hanno da temere i signori delle guerre religiose, tanto da volere fermare il mondo e il tempo, anzi tanto da volerlo fare tornare indietro di secoli?
Qualcuno sostiene che questa recrudescenza di fondamentalismi sia da interpretare come una reazione diffusa al progressivo allontanamento della fede dal mondo tecnologico avanzato.
Sarà vero? Saranno le ormai consolidate abitudini di una società-mercato a provocare il bisogno di regole sempre più severe, di dogmi sempre più anacronistici, di condanne sempre più feroci?
Curiosamente, quando l’intolleranza religiosa si fa più impellente, le prime ad essere demonizzate sono le donne, viste come pericolose portatrici di sregolatezza e perversione.
La notizia che l’assoluzione di Safiya è stata seguita da una condanna alla lapidazione di un’altra adultera, Amina Lawal Kurami, farebbe pensare che, nel momento in cui il governo nigeriano dà una prova di buona volontà vuole ribadire il principio della pena; da una parte si accontenta l’opinione pubblica occidentale dall’altra si dimostra agli intransigenti che le leggi della sharia sono sempre valide e attuali.
Amina ha ora trenta giorni per fare appello alla Corte di Giustizia. Anche lei come Safiya ha denunciato l’uomo che l’ha stuprata. Ma poiché egli ha negato la violenza, la sentenza è stata di condanna. Fra la parola di lei e quella di lui, i giudici non hanno esitato un momento. La prova della colpa sta in un bambino concepito fuori dal matrimonio.
Ora non resta che ricominciare tutto daccapo. Per Amina, per il suo bambino che rischia di rimanere senza madre, contro una legge che a noi pare assolutamente inaccettabile, profondamente ingiusta e crudele oltre ogni limite. Voglio solo ricordare che la lapidazione prevede un corpo sepolto a metà perché non possa nemmeno ripararsi con le braccia mentre viene preso a sassate fino alla morte dai suoi stessi concittadini.
Orribile spettacolo e orribile chiamata in correo di un’intera comunità.
Sappiamo che i fanatici religiosi hanno la testa dura. L’hanno dimostrato in questa e in altre occasioni.
Ma l’indignazione e la solidarietà internazionali possono mostrarsi ancora più determinate e insistenti. Perché non obbediscono a nessuna legge, a nessuna ideologia, a nessun partito, ma si riferiscono solo ad un sentimento umano: quello della pietà e della conseguente rivolta contro una condanna brutale che nessun vero religioso può attribuire alla volontà divina.

Dacia Maraini


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Date: 26 Mar, 2002 on 09:15
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