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«Scuola, troppo poche le donne manager»
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1. «Scuola, troppo poche le donne manager»
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da Il Corriere della Sera
Sabato, 9 Marzo 2002

Gli uomini sono il 20% del personale ma occupano circa il 70% dei ruoli direttivi. «Un errore da correggere»

«Scuola, troppo poche le donne manager»

La denuncia del consigliere di Letizia Moratti. «Discriminate perché si occupano dei figli»


ROMA - Le donne insegnano, gli uomini dirigono. Le donne occupano le cattedre, gli uomini le stanze dei bottoni, svolgendo le funzioni di presidi, ispettori, dirigenti sindacali o altro ancora. Eppure le donne rappresentano ben l’80% del personale della scuola e gli uomini soltanto il 20. Questi ed altri dati sono emersi da un convegno dove si è parlato di nuovi profili professionali dei docenti, di nuove funzioni che si potrebbero aggiungere senza escluderla a quella dell’insegnamento. L’incontro è stato organizzato dall’associazione professionale Apef, un agguerrito sodalizio di professori fondato dall’ex leader della Gilda, Sandro Gigliotti, che si batte contro l’egualitarismo. Parlare di «carriera» proprio l’otto marzo davanti ad una platea di professoresse può far pensare ad un’involontaria ironia. Ma forse non è un caso. La Festa della donna potrebbe essere stata scelta per fare riflettere anche sulle pari opportunità nella scuola. L’intervento che ha suscitato più interesse nella platea, dove le proporzioni tra i generi erano ancora una volta rispettate, è stato proprio quello sulle difficoltà che un’insegnante incontra quando decide di puntare tutto sulla professione, di far carriera. A gettare il sasso nello stagno è stato il professor Rosario Drago, consigliere del ministro Moratti. Più che un sasso un macigno, perché la discriminazione oltre a mortificare le professoresse, che sono centinaia di migliaia, danneggerebbe anche la scuola, frenandone lo sviluppo. Attenzione a non ripetere i vecchi errori, è la raccomandazione dello studioso. Attenzione a non ritagliare le nuove carriere, quelle che dovrebbero nascere nei prossimi anni, dimenticando le necessità delle donne.
Qualche cifra: appartengono al genere maschile il 78 per cento dei dirigenti generali dell’istruzione, il 63 per cento dei dirigenti scolastici, il 67 per cento dei dirigenti sindacali e il 67 per cento degli ispettori. Come mai le insegnanti in carriera sono un’esigua minoranza in una professione all’80 per cento femminile? «La donna può disporre del tempo necessario allo svolgimento delle funzioni dirigenziali - spiega Drago - soltanto verso i 45 anni, quando non deve più occuparsi dei figli. Ma a quel punto gli uomini si sono già affermati, occupando tutti i posti disponibili». «La carriera richiede mobilità - continua il consigliere del ministro Moratti - e per la donna che insegna abbandonare la sede della famiglia rappresenta una difficoltà spesso insormontabile. L’alternativa è quella di fare il vicario del capo di istituto, lavorando molto in cambio - caso più unico che raro in Europa - di un minimo riconoscimento economico e di carriera».
Insomma, a differenza degli uomini che possono realizzarsi dentro ma anche fuori la scuola, attraverso il secondo lavoro, le insegnanti sono costrette a gettarsi anima e corpo nell’attività didattica, ricercando la gratificazione nel rapporto con i ragazzi. L’assenza di un sistema di carriere a misura di donna produce degli effetti non secondari. «Alle professoresse - sostiene Rosario Drago - svantaggiate rispetto ai colleghi nella competizione per i posti di dirigente, oggi non resta che far tesoro dei vantaggi conquistati: l’impegno non totalizzante e la stabilità come contropartita di uno stipendio non esaltante e della mancanza di carriera».
Secondo questa teoria il sistema delle carriere favorevole ai maschi - al quale i dirigenti uomini potrebbero aver contribuito per scarsa sensibilità culturale - ha impedito e soprattutto impedirà anche in futuro alle donne in cattedra, se non si corre ai ripari, di dare un contributo efficace per una scuola di qualità: la valorizzazione delle capacità del singolo docente mobilita energie, impegno e professionalità. «Le occasioni di crescita professionale - conclude lo studioso - devono esistere anche dentro la scuola e non essere condizionate esclusivamente dalla mobilità».

Giulio Benedetti


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Date: 09 Mar, 2002 on 09:13
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