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MARIA CORTI La ragazza che si innamorò di Dante
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1. MARIA CORTI La ragazza che si innamorò di Dante
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da Il Corriere della Sera
Domenica, 24 Febbraio 2002

E’ morta a 86 anni la storica della lingua che fu protagonista della scuola di Pavia Ricercatrice di raro talento, ha attraversato criticamente tutta la nostra letteratura

MARIA CORTI La ragazza che si innamorò di Dante

di CESARE SEGRE


Maria Corti è morta l’altra notte, ancora in piena attività di studiosa e di scrittrice. Era nata a Milano nel 1915. Ebbe una vita travagliata: presto orfana di madre, visse a lungo in collegio, mentre il padre, ingegnere stradale, lavorava in Puglia. Dopo le due lauree (la seconda in filosofia), insegnò nelle scuole secondarie di Chiari, poi di Como, poi di Milano; facendo per anni la spola con Pavia, dov’era incaricata all’Università. Anni di fatiche (insegnamento e lavoro scientifico) e di scomodi viaggi in terza classe con gli operai pendolari, viaggi raccontati nel suo romanzo Il trenino della pazienza , che fu pubblicato molto tardi rimaneggiato e con diverso titolo ( Cantare nel buio , 1991). Infatti, dopo una tesi di latino medievale, Studi sulla latinità merovingia, la Corti, lontana dal maestro Benvenuto Terracini (esiliato nel 1938), s’era dedicata interamente all’insegnamento e alla scrittura creativa.
Fu Terracini, tornato in patria dopo la guerra, a stimolarla a riprendere l’attività di ricerca, stavolta nel campo della Storia della lingua italiana. La Corti recuperò velocemente gli anni perduti (in cui, oltre a insegnare, aveva svolto attività antifascista, col gruppo di allievi di Antonio Banfi, suo secondo maestro). Entrata nella carriera universitaria, ebbe la cattedra della sua disciplina prima a Lecce, poi a Pavia (dove contribuì a creare la cosiddetta «scuola di Pavia»). Pur operando in condizioni difficili, preparò studi decisivi sulla morfologia e sulla sintassi poetica italiana delle origini (1958) e sui dialetti emiliano, veneto e lombardo antichi, ed edizioni importanti, come quelle del poeta napoletano Jacopo de Jennaro (1956) e della bolognese Vita di san Petronio (1962).
La sua prima raccolta di saggi, Metodi e fantasmi (1969), porta già i segni della nuova critica strutturalistica, che la Corti abbracciò con grande giudizio, e non rinunciando a un gusto saggistico appreso dai critici francesi. Bellissimi e rivelatori, in questa raccolta, i lavori sulle redazioni dell’ Arcadia di Sannazaro, uno dei testi che le furono più cari; o l’identificazione dell’autore del Delfilo . Vennero poi i Principî della comunicazione letteraria (1976; volume poi quasi raddoppiato nell’edizione del 1997) e il Viaggio testuale (1978); qui la dottrina è ormai consolidata, ma sempre applicata con grande duttilità. Basta vedere i vari articoli dedicati al problema dei generi letterari, in cui il senso storico, e in particolare la competenza sul pensiero medievale, sorreggono l’equilibrata formalizzazione.
La Corti affiancava spesso studi su autori delle origini ad analisi di contemporanei (quali Bilenchi e Calvino), com’era naturale per una scrittrice in proprio; che tra l’altro gli scrittori li frequentava anche personalmente: basta ricordare Montale. Da ultimo aveva polarizzato la sua attenzione sulle vicende redazionali dell’opera di Fenoglio, della quale preparò anche l’edizione critica (1978), discutendo più volte i problemi di sviluppo, di derivazione e di datazione dei vari manoscritti; e su problemi della poesia duecentesca e di Dante. Lo studio dell’aristotelismo radicale, e in particolare dei logici «modisti», le permise di gettare una luce nuova sui testi d’un poeta, Guido Cavalcanti, che già prima era stato oggetto della sua attenzione, e di chiarire le idee linguistiche di Dante. Splendidi i volumi Dante a un nuovo crocevia (1981), Percorsi dell’invenzione (1993) e La felicità mentale (1983); i quali tra l’altro comunicano al lettore questa stessa, limpida felicità della scoperta. Che era anche felicità di definire: tipica infatti della Corti la capacità di trovare formule apodittiche, leggermente scherzose, come «transcodificazione indolore», «luoghi mentali» o simili. Non va poi dimenticato che la Corti scrisse anche libri per l’insegnamento nelle scuole superiori: citiamo almeno l’innovativa grammatica Una lingua per tutti (1978), elaborata con alcuni giovani collaboratori. Era fondatrice e direttrice o condirettrice di riviste come Strumenti critici e Autografo , e della più militante Alfabeta ; collaborava a la Repubblica . Infine, come naturale, era accademica della Crusca.
La Corti era particolarmente fiera della creazione del Fondo manoscritti di autori moderni e contemporanei presso l’Università di Pavia. Questo Fondo, formato in origine di lasciti e donazioni di scrittori, si è poi allargato anche ad autori classici come il Foscolo, ed è ora una delle più consistenti raccolte di stesure autografe, bozze corrette, corrispondenze di scrittori italiani degli ultimi due secoli. Ma è anche diventato subito un’officina in cui si studiano geneticamente opere importanti della nostra letteratura, specie contemporanea, o si affrontano problemi biografici.
Credo però che il capolavoro della Corti sia stato il suo insegnamento: per la sua capacità di comunicare non solo sul piano metodologico, ma su quello umano. Maestra e madre, per tanti allievi. Oggi la piangono un’infinità di suoi discepoli, dalle scuole secondarie, da cui prese il volo, alle università. Sono centinaia e centinaia le persone che dalla Corti hanno imparato la serietà del metodo, ma soprattutto l’apertura verso gli altri, il disinteresse, la generosità. E anche l’ottimismo.


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Date: 24 Feb, 2002 on 11:10
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