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A scuola 1300 posti da tagliare
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da Il Corriere della Sera
Sabato, 16 febbraio 2002

A scuola 1300 posti da tagliare
Il direttore Dutto: chi va in pensione non è sostituito. La riforma è giusta, ma ora va spiegata bene


Un milione di alunni, 100mila insegnanti e 1.300 posti da «tagliare». I numeri della scuola lombarda che si deve preparare ad attuare la riforma Moratti, una volta che sarà approvata dal Parlamento, sono questi. Era da molti anni che la Lombardia non tornava sopra il milione di «allievi» (1.006.686) tra materne, elementari, medie e superiori, con un incremento in tutti i livelli di istruzione. Ma un conto sono i numeri della scuola; un altro i numeri della riforma, che sono più esoterici della cabala ebraica, più criptici di oscure geomanzie, più articolati di qualsiasi schema di calcio: 3»5 (diviso in 1»2»2) »3 (diviso in 2»1). E fin qui siamo a materna, elementari e medie. Proseguendo abbiamo i 5 delle superiori, variamente divisibili a seconda degli indirizzi (se formazione professionale 3»1»1 se licei 2»2»1) e poi, volendo, il 3»2 dell'università.
Scusi direttore, sono previsti tanti numeri per dire che alla fine tutto resta come prima: 3 anni di asilo, 5 di elementari, 3 di medie e 5 di superiori…
«Le riforme non sono rivoluzioni, si migliorano i singoli processi all'interno di un quadro scolastico stabile», afferma Mario Giacomo Dutto, direttore scolastico della Lombardia.
Intanto, in vista della riforma, bisogna tagliare 1300 posti di insegnanti.
«Il turnover dei docenti che vanno in pensione ogni anno si avvicina a questo numero. Inoltre un 10% degli insegnanti è a tempo determinato. Quindi non ci saranno tagli di personale ma posti non rimpiazzati».
Ma per iscriversi alle elementari a 5 anni e mezzo come da Riforma, ci vogliono più docenti.
«Aspettiamo la decisione, intanto! Se tutti si iscrivessero a 5 anni e mezzo avremmo 10mila bambini in più e sarebbe un problema; se passa questa ipotesi ci vorrà più organico per mantenere due maestri in ogni classe e per mantenere l'orario di apertura delle scuole sino alle 16. E questo vogliamo proprio mantenerlo, mentre non è assolutamente ipotizzabile una sua ulteriore estensione».
Veniamo all'inglese, si dovrà partire dalla prima elementare. Siamo pronti?
«Il 40% dei bambini di prima e seconda elementare studiano già una lingua straniera e il 90% di quelli dei successivi tre anni. Gli insegnanti di inglese alle elementari devono essere anche maestri, e questo è un problema al quale stiamo sopperendo con nuove forme di insegnamento, che coinvolgono anche la televisione e l'interattività. Per le lingue bisogna assolutamente essere creativi».
E sulla reintroduzione del voto in condotta?
«Tradurre il comportamento in un voto può essere rischioso, ma avere un adulto che segue e valuta il comportamento è corretto. Sul piano del disagio giovanile, specie tra gli studenti tra i 15 e i 19 anni, ci siamo attivati. Forniamo consulenza online ai docenti con un progetto studiato con Charmet e, per gli studenti, cerchiamo di potenziare incontri sull'educazione stradale e sulla corretta pratica sportiva per prevenire situazioni di disagio».
La riforma prevede anche che una parte dei piani didattici siano stabiliti dalle Regioni. Viene meno un po' di autonomia?
«No. Noi abbiamo già avviato in alcuni istituti il progetto "Tradizioni lombarde", un programma per insegnare economia regionale, cultura locale e archeologia industriale. E questo nasce da un incontro tra Regione e scuole. A questo proposito abbiamo anche formato un comitato d'onore con protagonisti del mondo d'oggi, come Giorgio Armani, il sovrintendente della Scala Carlo Fontana, l'amministratore di una banca come Profumo e lo storico Ogliari».
Autonomia vorrà dire anche autofinanziamento degli istituti?
«Qualcosa sta già avvenendo, in parte con sponsor locali in parte aderendo a bandi di concorso regionali o europei. Alcuni istituti professionali "vendono" all'esterno qualche servizio. Ma in questa direzione bisogna muoversi con cautela».
Quali gli aspetti più qualificanti della riforma e quali i pericoli?
«Un aspetto che voglio sottolineare è l'importanza accordata alla formazione professionale alle superiori, che acquisisce dignità. Un altro è la possibilità che viene data, attraverso strumenti che perfezioneremo, di passare da un ciclo a un altro. Il mio timore, invece, è che la riforma, una volta approvata, non venga spiegata bene. Questo genererebbe preoccupazione in docenti e genitori, e darebbe spazio a una ridda di voci che incomincerebbero a lamentare sparizioni di materie che, leggendo bene, magari restano».


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Date: 16 Feb, 2002 on 19:53
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