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Le regole grammaticali già scritte nei nostri geni
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1. Le regole grammaticali già scritte nei nostri geni
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da Il Corriere della Sera
Domenica, 10 Febbraio 2002

L’ipotesi del linguista americano Baker, allievo di Chomsky: i principi base nel Dna
«Le regole grammaticali già scritte nei nostri geni»


Le regole grammaticali sono innate, esistono interruttori genetici sulla cui base avviene l’apprendimento del linguaggio. E’ questa l’ipotesi avanzata dal linguista statunitense Mark Baker, allievo del celebre Chomsky. Per Baker, i collegamenti tra parole e frasi avvengono secondo principi organizzati gerarchicamente. Nel corso dello sviluppo, quando un bambino impara un linguaggio particolare, scatta un interruttore che privilegia un certo circuito di regole invece di un altro. L’allievo di Chomsky ritiene, infatti, che il linguaggio universale umano sia regolato da una trentina di parametri o interruttori e che questi siano legati a regole genetiche che vengono innescate dal tipo di lingua che parliamo.

Secondo un allievo del linguista statunitense Noam Chomsky il cervello ha già alla nascita un’organizzazione da cui dipendono frasi e parole

La grammatica è innata, il linguaggio si adegua

Nella fase di apprendimento scatta un meccanismo genetico che determina il modo di parlare


E' da tempo che Noam Chomsky, celebre linguista statunitense, sostiene che le strutture del linguaggio sono innate. Ora un suo allievo, Mark Baker della Rutgers University, indica che non soltanto alcune regole grammaticali sono innate ma che esiste anche una gerarchia sulla cui base viene regolato l'apprendimento linguistico. La gerarchia grammaticale non ha nulla a che vedere con una specie di albero genealogico che stabilisca, ad esempio, quanto alcune lingue come l'italiano, lo spagnolo, il francese o il rumeno siano più o meno prossime alla loro lingua-madre, il latino: l'organizzazione gerarchica riguarda invece i principi da cui dipendono i collegamenti tra parole e frasi, vere e proprie regole iscritte nei circuiti cerebrali. Per comprendere cosa Baker intenda per gerarchia delle regole, si può pensare a una serie di interruttori prefissati dai geni: se nel corso dello sviluppo un bambino impara un linguaggio particolare, scatta un interruttore che privilegia un certo circuito di diversi interruttori - e di regole linguistiche - piuttosto di altri.Per fare un caso concreto, si può prendere la differenza che esiste tra l'inglese e il Mohawk parlato da tribù indiane del Massachusetts. Il Mohawk (ascoltabile sul sito http://www.ohwejagehka.com/moh-body1.htm) è una lingua polisintetica in cui i verbi, molto lunghi e compositi, sono traducibili con molte parole: ad esempio, «Washakotya'tawitscheraherkva'se'» significa alla lettera «Egli ha reso la cosa che si porta sopra il corpo brutto per lei», il che significa «lui ha disprezzato il suo vestito».
Nella frase indiana, «herkv» significa disprezzare e tutti gli altri prefissi specificano i pronomi del soggetto e dell'oggetto; in altre parole ognuno dei prefissi viene descritto dal verbo. I Mohawk di prefissi ne hanno ben 58 ed essi sono ricombinabili in ogni modo possibile. Secondo Baker, e secondo molti altri linguisti, il parametro o «interruttore» polisintetico è unico per il Mohawk e per poche altre lingue, alcune delle quali parlate dagli aborigeni australiani.
Un passo successivo dell’albero gerarchico comporta la scelta tra una «polisintesi opzionale» (in cui è possibile ma non necessario l'uso dei prefissi polisintetici) o la «direzionalità», vale a dire l'ordine delle parole in una frase: ad esempio, in italiano diciamo «col mio amico», dove «col» deve precedere le altre due parole, mentre in altre lingue «col» viene dopo «amico». Perciò la frase «io poso la penna su il tavolo» può trasformarsi in una lingua Sioux, il Lakota, in «io tavolo il su penna la poso».
Questi sono alcuni esempi relativi alla gerarchia degli «interruttori»: Baker ritiene che il linguaggio universale umano sia regolato da una trentina di parametri o interruttori e che questi siano legati a regole genetiche che vengono innescate dal tipo di lingua che parliamo. In un bambino piccolo che sente parlare il Mohawk, scatterà l'interruttore polisintetico, in uno che sente parlare il Lakota, quello della direzionalità «in coda» e in un bambino che sente parlare l'italiano, quello della direzionalità «in testa».
Ma perché mai, potremmo chiederci, tutte le lingue, pur avendo simili strutture, non si rassomigliano per gerarchia grammaticale? Secondo Baker e numerosi linguisti della scuola di Chomsky, il linguaggio sarebbe evoluto anche come una strategia per comunicare segretamente, per nascondere l'informazione ai competitori: e una differenza tra lingue avrebbe, anticamente, assolto a questa funzione «crittografica».

Alberto Oliverio


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Date: 10 Feb, 2002 on 10:11
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