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A scuola da Matusalemme
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1. A scuola da Matusalemme
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da La Stampa
Mercoledì, 6 Febbraio 2002

La scoperta del gene della longevità
A scuola da Matusalemme

di Elena Loewenthal

Viene dall'Islanda la scoperta di un gene portentoso. La popolazione di quest'isola lambita dal circolo polare artico ma calda di esuberanza vulcanica è sottoposta da tempo a una mappatura genetica collettiva piena di sorprese. Oggi giunge la scoperta di quel tratto di cromosoma che regola l'invecchiamento, non inopportunamente battezzato «Matusalemme»: il biblico patriarca campò la bellezza di 969 anni.

Del resto, in quell'era primigenia in cui l'età media era di 900 anni, la vita appariva come un lungo, forse estenuante braccio di ferro con il tempo. Ma la storia vera e propria inizia dopo il Diluvio, con una degenerazione dell'umanità segnata dal graduale accorciamento della vita - Sara e Abramo muoiono che han cent'anni o poco più, eppure già vecchi.

Con questi cangianti volumi di tempo assegnati all'uomo, la Bibbia fa eco rassegnata al mistero della vita e agli anni che essa concede di passare in terra: pochi o molti, a seconda di quello che sta scritto nei nostri geni, ma non solo. In Sardegna l'aria è tersa, mare e montagne si respirano a vicenda: forse anche per questo è terra di tempi lenti e lunghi. Il 3 gennaio se n'è andato a 113 anni Antonio Todde: tre secoli e due millenni scavalcati con il bastone da pastore.

Qualche giorno prima Giovanni Frau ne aveva compiuti 111: ai tanti ultracentenari dell'isola viventi fra il 1980 e il 2001 sono dedicati ora un'indagine e un progetto di studi. Oltre a conquistarsi un posto nel Guinness dei Primati, tale prodigiosa ed endemica vecchiezza solletica un'illazione di immortalità, la sfida a un'eternità relativa nell'illusione che a piccoli passi avanti si possa cacciare indietro la morte, con pazienza e tenacia.

A guardare i volti un poco assenti di questi e altri ultracentenari, ci si accorge invece che il segreto di tale straordinaria longevità sta nell'assecondare il tempo che passa, piuttosto che negarlo; lo stesso racconta in fondo il gene chiamato Matusalemme, spettro della nostra senescenza da cui trarre, forse, l'elisir di lunga vita, ma anche e soprattutto metro dei limiti imposti all'esistenza.

È questa una lezione difficile da digerire in un mondo che respinge la vecchiaia e la considera indecorosa, dove una ciocca di capelli bianchi addosso a una quarantenne è motivo di scandalo - «ma come, non ti tingi?». Dove la fiducia si ripone in chi non ha rughe o fa visibilmente qualcosa per nasconderle.

E se un tempo alla vecchiaia si associava il patrimonio esclusivo di una sapienza acquisita con gli anni, oggi essa è avvertita come un sintomo di debolezza, un fastidio per sé e per gli altri. Le andiamo incontro con paura, e un sogno inconfessabile: morire di serena nostalgia - sazi sì di vita come Giobbe, eppure con il desiderio di ritornare.

elena.loewenthal@lastampa.it


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Date: 06 Feb, 2002 on 08:53
A scuola da Matusalemme
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