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Contratti pubblici, accordo nella notte
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da Il Corriere della Sera
Martedì, 5 Febbraio 2002

Contratti pubblici, accordo nella notte

L’intesa prevede aumenti medi mensili di 100,71 euro. Salta lo sciopero generale del 15 febbraio


ROMA - Accordo raggiunto nella notte sul contratto del pubblico impiego e il sindacato revoca lo sciopero del 15 febbraio. Il governo allarga la borsa mettendo sul piatto 1.300 miliardi (671 milioni di euro) dai 700 iniziali e il sindacato rinuncia alla richiesta di 2.100 miliardi. A conti fatti i tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici recupereranno, nel biennio 2002-2003, lo 0,99% di inflazione, che si traduce in un incremento medio mensile (complessivo) di 195 mila lire (100,71 euro) mentre per la scuola l’aumento sarà di 200 mila lire (108,97 euro). Una parte degli aumenti comunque, come aveva anticipato ieri sera il ministro della Funzione pubblica Franco Frattini, non saranno distribuiti «a pioggia», ma mirati a premiare efficienza e produttività anche se con un meccanismo da individuare successivamente e non immediato come voleva il governo. Una trattativa a oltranza caduta in un momento cruciale del difficile braccio di ferro tra governo e sindacato il cui successo annulla lo sciopero del pubblico impiego. La maratona era cominciata nella mattina di ieri e alla fine ha prevalso il buon senso come da giorni chiedeva il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini.


FUMATA BIANCA - Una prima fumata bianca era arrivata nel primo pomeriggio. I sindacati, per bocca del segretario confederale Cisl Lia Ghisani, avevano annunciato «passi avanti sulla parte normativa». E il governo poco dopo aveva consegnato a Cgil, Cisl, Uil una nuova versione della bozza del protocollo d’intesa nella quale si ipotizza di estendere anche al settore del pubblico impiego l’abolizione del divieto di cumulo tra redditi di pensione e lavoro e smobilizzo del Tfr per i fondi integrativi. Poi alle 20.30 sempre a Palazzo Vidoni, sede del ministero della Funzione pubblica, si è tenuto il programmato vertice con i segretari di Cgil, Cisl e Uil. Per l’esecutivo erano presenti il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini, Frattini e i sottosegretari Maurizio Sacconi (Lavoro) e Giuseppe Vegas (Tesoro). Per i sindacati, i leader della Cisl Savino Pezzotta, della Uil Luigi Angeletti e il numero due della Cgil Guglielmo Epifani. E la trattativa è entrata nel vivo con il difficile nodo della parte economica. Sin dalla mattina i protagonisti di questo estenuante confronto, avviato addirittura dal vecchio governo, si erano tuttavia mostrati possibilisti. Il ministro del Lavoro Roberto Maroni aveva ammesso «che ci sono le premesse per arrivare a un accordo» così come per Epifani «anche il sindacato è interessato a chiudere la partita perché si tratta di milioni di lavoratori che hanno diritto al loro rinnovo contrattuale». E il ministro delle Riforme Umberto Bossi, in un comizio a Monza, ha detto che «mai toccherò i posti di lavoro o le pensioni».


SCIABOLATE - Ma sugli altri problemi aperti, che una positiva conclusione del negoziato sul pubblico impiego contribuirebbe forse a risolvere, in particolare la modifica dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, sono continuate le sciabolate a distanza. Roberto Maroni, da Milano per un convegno sul non-profit, ha lanciato una sorta di ultimatum: «Il governo è disposto a discutere coi sindacati fino a metà febbraio, poi toccherà al Parlamento decidere nella sovranità dei suoi tempi, la nostra disponibilità non può essere infinita». Il ministro del Lavoro ieri ha usato alla grande la sponda fornita dal governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio nel dare il suo via libera alle riforme su mercato del lavoro e previdenza annunciate dal governo. «Un via libera molto importante - ha detto - destinato a pesare sul tavolo della trattativa col sindacato». «Non mi risulta - ha continuato Maroni - che Fazio sia un dipendente del governo e se giudica positivamente la manovra lo fa perché ci crede davvero».


IL SINDACATO - Per un giorno Cofferati ieri si è defilato, impegnato a preparare il congresso della Cgil che si apre domani a Rimini. E’ toccato così a Epifani reagire all’offensiva di Maroni: «È lui che non ha voglia di riaprire il dialogo. Il ministro ha un modo di comunicare molto singolare perché continua a non rispondere alle contestazioni di merito che noi gli facciamo».

Roberto Bagnoli


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Date: 05 Feb, 2002 on 11:10
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