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SE CINQUE ANNI VI SEMBRAN POCHI
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SE CINQUE ANNI VI SEMBRAN POCHI

Con notevole tempestività il Cidi di Forlì ha organizzato il 2 febbraio un incontro di studio per esaminare alcuni aspetti, in particolare la questione dell’anticipo, inseriti nella riforma della scuola proposta dal Ministro Letizia Moratti ed approvata dal Governo il 1° febbraio 2002. Tra le novità inserite nel testo finale del disegno di legge delega (che comunque dovrà essere approvato dal Parlamento) appare anche l’ipotesi di anticipare l’età di ingresso nella scuola elementare. Non è un vero e proprio anticipo a 5 anni: più precisamente potranno iscriversi alla classe prima i bambini che compiono i 6 anni anche nel periodo dell’anno successivo compreso tra il 1° gennaio ed il 30 aprile.
Gli effetti a cascata sono numerosi: l’età di ingresso nella scuola dell’infanzia (che oggi è fissata a 3 anni) viene di fatto anticipata a due anni e quattro mesi, mentre si potrà uscire dalla scuola secondaria superiore leggermente in anticipo (a diciotto anni e mezzo anziché a 19 compiuti).
Nel corso del seminario, che è stato introdotto da interventi di Giancarlo Cerini, vicepresidente nazionale del Cidi, Fabbri Oretta, insegnante di scuola dell’infanzia, Fanti Claudia, insegnante elementare, Raffaella Sbarzagli, insegnante di asilo nido, e di Enrico Pollini, genitore, sono stati illustrati gli aspetti della nuova proposta, “filtrati” però alla luce dell’esperienza professionale dei docenti intervenuti, delle caratteristiche degli attuali ambienti educativi che accolgono bambini dai 2 ai 7 anni (dal nido all’elementare), dell’esigenza di mantenere una riflessione “alta” sulla qualità possibile dell’esperienza educativa per bambini di questa età, senza strumentalizzazioni.
Durante l’incontro sono emerse numerose perplessità dei docenti sul contenuto della proposta di legge, quasi un moto di delusione (e di disillusione) circa la possibilità di realizzare riforme in grado di migliorare la nostra scuola e le condizioni di lavoro degli operatori). E’ stata lamentata la fretta nelle decisioni, che non sono state sottoposte ad una approfondita consultazione nel mondo della scuola (anzi la commissione di esperti presieduta dal Prof. Bertagna aveva escluso la proposta di un avvio precoce della scuola elementare, preferendo una scuola dell’infanzia triennale, che valesse come “credito” da spendere successivamente lungo il percorso scolastico). Se viene meno il coinvolgimento dei diretti interessati, le riforme non si fanno o, peggio, si subiscono malvolentieri e si crea un clima di forte disagio. Si ha l’impressione –da parte di molti docente- che l’intervento verso la scuola dell’infanzia sia legato alle difficoltà di introdurre elementi di innovazione nei “piani alti” dell’edificio scolastico: vuoi con l’idea di scuola di base che unificando elementari e medie le accorcia di un anno, vuoi con l’idea di abbreviare la scuola secondaria superiore per uscire dal sistema a 18 anni, magari con un migliore raccordo verso l’Università (con un anno-ponte “personalizzato”). Di fronte a tante resistenze la scuola dell’infanzia diventa il punto di minor resistenza del sistema e allora si decide di intervenire unicamente si di essa, magari vendo incontro ad una diffusa domanda sociale di servizi educati per i bimbi di 2-3 anni. Si è fatto notare che di fronte ad un asilo nido ben funzionante, ma dai costi elevati (con rette che possono oscillare dalle 600 alle 800 mila lire), è fin troppo facile prospettare un ingresso anticipato alla scuola materna a 2 anni e pochi mesi (con rette che in genere con superano le 150 mila lire tutto compreso). Quindi il progetto potrebbe mettere in crisi il modello di nidi che si è sviluppato in questi anni in Italia (per confinarlo in un’area prettamente assistenziale, familistica o aziendale); la scuola dell’infanzia –come ha osservato un’insegnante- dovrebbe rinunciare ai bambini di cinque anni, quelli più curiosi, attivi, impegnativi, quasi vedendosi sfuggire il frutto del lavoro “faticoso” svolto negli anni precedenti, per un ingresso anticipato alla scuola elementare dalle incerte prospettive, con insegnanti forse non preparati ad affrontare la delicatezza del compito.
Già, perché, non dimentichiamolo al centro della questione non stanno solo gli insegnanti (con le loro storie, le loro sicurezze o insicurezze, le aspettative o le delusioni), ma soprattutto i bambini, i loro bisogni, le loro esperienze, la loro concretezza. Esiste infatti il rischio che l’anticipo (e quindi una certa idea di bambino) sia visto solo negli aspetti cognitivi, come stimolo all’intelligenza e precoce acquisizione della capacità di leggere e di scrivere, dimenticando che i bambini devono maturare soprattutto sul piano affettivo e sociale (come fiducia in se stessi, equilibrio, positività nelle relazioni con i compagni e gli adulti), tutte conquiste che richiedono tempo, pazienza e serenità, non certamente fretta e improvvisazione.
Gli insegnanti, inoltre, mettono in evidenza che per accogliere bambini sempre più piccoli occorrono condizioni particolari dell’ambiente educativo (strutture adeguate, spazi confortevoli, servizi funzionali, numeri ridotti di bambini per ogni gruppo, preparazione adeguata per gli insegnanti ed il personale di supporto), mentre la gestione delle risorse nella scuola –dopo la finanziaria- sembra orientata al risparmio (negli organici dei docenti, nell’insegnamento della lingua straniera, nei laboratori e progetti sperimentali, nell’integrazione dei bimbi con handicap, ecc.).
Se nelle prossime settimane dovesse essere approvata la legge-delega chiesta dal Ministro Moratti – ha ricordato Giancarlo Cerini- il Governo avrà due anni di tempo per predisporre i decreti applicativi (cioè per modificare i programmi didattici ed i piani di studio, per rivedere gli orari scolastici –riducendoli ?- per preparare gli insegnanti elle novità). Senonchè la legge propone che fin dal prossimo mese di settembre 2002 anche i bambini nati a gennaio e febbbraio 1996 (oltre a tutti i nati del 1995) possano frequentare la prima elementare. Si riapriranno le iscrizioni appena chiuse ? I genitori potranno –quando- scegliere tra l’anticipo e no ? Si dovranno formare più classi per far fronte a questa “onda anomala” ? Ci saranno risorse finanziarie in più ? E, di conseguenza, nelle scuole materne potranno entrare bimbi di due anni e mezzo ? Ma, a quali condizioni ? Forse con le sole 9.000 lire annue per alunno per l’acquisto di materiali didattici e di gioco ?
Dall’incontro è venuto un invito ad approfondire i tanti dubbi ancora sul tappeto, a richiedere precise garanzie di coerenza tra le decisioni politiche e legislative e le reali condizioni della scuola, a tenere come punto fermo di ogni discorso il rispetto del diritto di ogni bambino ad un ambiente educativo pienamente rispondente alle sue domande di relazione e di apprendimento.
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Date: 03 Feb, 2002 on 16:42
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