Docenti in piazza contro il governo
Niente partiti o bandiere, sugli striscioni Seneca e Kant

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

FIRENZE - Dopo settimane di siccità, ieri una pioggia battente ha bagnato il corteo dei professori universitari scesi in piazza per manifestare contro il governo e esprimere solidarietà alla magistratura: senza sigle politiche, senza bandiere di partito e con slogan affidati a citazioni di grandi autori classici come Seneca, Diogene Laerzio, Lucrezio. Il tempo inclemente non ha impedito a migliaia di persone di sfilare nel pieno centro della città, da piazza San Marco, dove ha sede il rettorato, a piazza San Firenze, dominata dal Palazzo di Giustizia. Erano più di 10 mila, forse 15 mila, dicono gli organizzatori che fino a mercoledì si aspettavano l’adesione di due-tremila persone. Erano tanti i docenti non più giovani, più avvezzi a sedere per ore dietro una cattedra che a partecipare a cortei: professori di diverse ideologie che avevano deciso di aderire al documento stilato una settimana prima dai 92 colleghi promotori della manifestazione. Le firme erano salite a oltre 400 e poi sono arrivate le adesioni da altri 15 atenei italiani, dalle scuole medie, dai partiti di centrosinistra, da Rifondazione, dai no global fiorentini, dal sindacato di polizia Silp, la Federazione nazionale della stampa.
Il corteo ha sfilato in un assoluto silenzio, rotto solo dalle parole provenienti dall’altoparlante collocato sul tetto di un’utilitaria che precedeva i manifestanti. La voce era di uno degli organizzatori, il professor Francesco Pardi, docente di Analisi del territorio, che leggeva, scusandosi ogni tanto col pubblico che assiepava i marciapiedi, una «lezione» sul governo Berlusconi, sugli attacchi alla magistratura, sulle deroghe, sulla democrazia. Alla testa dei manifestanti alcuni docenti che portavano uno striscione con la scritta «Giustizia e informazione imbavagliate, democrazia in pericolo». E poi altri che portavano appesi al collo cartelli con citazioni dei grandi filosofi e storici del passato. Come Seneca (« Magna promisisti, exigua videmus », cioè «hai promesso tanto, ma vediamo poco); Erasmo da Rotterdam («Se nulla è più ridicolo della nobiltà posticcia, perché ti affanni tanto per il titolo di cavaliere?», tratta dai Colloquia ) e anche Kant («Il paternalismo è la peggiore forma di dispotismo»). Oltre ai docenti fiorentini e ai colleghi delle altre università hanno sfilato anche insegnanti delle medie, magistrati e avvocati «a titolo personale». Infine gli studenti e i politici: Vannino Chiti e Valdo Spini, il senatore ds Passigli, il presidente della Regione Claudio Martini, i sindaci di Vinci, di Empoli e di tante altre città della provincia di Firenze. A chiudere il corteo i rappresentanti del Forum fiorentino e di Rifondazione.
«Non ci aspettavamo tanta partecipazione - dice il professor Pardi -. In pochi avevamo deciso di preparare un documento iniziale di solidarietà alla magistratura, dopo esserci guardati in faccia, allibiti per quanto sta accadendo in Italia». La scelta di manifestare la spiega lo storico inglese residente in Toscana Paul Ginsborg: «I due pilastri della democrazia, giustizia e informazione, vengono messi in discussione. Ma la democrazia sta degradando anche in altri campi. La maggioranza ha il diritto di governare e di attuare il suo programma, ma non può utilizzare la sua vittoria elettorale per cambiare i fondamenti della Repubblica».

Ettore Vittorini