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1. INSIEME, NON CONFUSI
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da Il Corriere della Sera
Giovedì, 24 Gennaio 2002

INSIEME, NON CONFUSI

di GASPARE BARBIELLINI AMIDEI


Dopo la strage delle Torri gemelle e gli applausi dei fondamentalisti islamici a Osama Bin Laden, non sono tempi per la confusione. Cercare insieme religiosamente la pace non significa per i cattolici rinunciare a essere fedeli alla propria verità. Nessun cristiano prega oggi con i musulmani ad Assisi. Come nessun musulmano prega con i cristiani. Ciascuno dei rappresentanti delle diverse fedi del mondo si rivolge al suo Dio in un luogo separato della città di Francesco.
La storica giornata si svolge nella chiara consapevolezza di ciò che unisce e di ciò che distingue coloro che credono in un Dio. Religioso è il sentimento della convocazione e delle risposte alla convocazione. L’obiettivo dell’incontro è essenzialmente terreno, culturale, sociale e politico.
Si vuole rintracciare la pacifica base comune di religioni spesso fra loro teologicamente irriducibili, con diverse cosmogonie e differenti regole. Si vuole ritrovare ed esaltare la regola prima, e talvolta addirittura l’unica condivisa: il rispetto dell’uomo e il rifiuto della violenza (che oggi si chiama soprattutto terrorismo).
Si vuole ammonire che in nome di Dio non si possono compiere delitti. Come un’interpretazione teologica, questa verità dopo Assisi diviene esplicitamente vincolante. Il delitto di Manhattan e l’omertosa giustificazione che ne ha dato il fondamentalismo islamico hanno alimentato anche in Italia la diffidenza di fronte ai dialoghi interreligiosi. L’idea stessa di perdono si presenta impraticabile, mentre restano aperte le ferite di Ground Zero. Ha irritato la cautela, anzi la ritrosia nella condanna, mostrata da una parte dei rappresentanti religiosi islamici. Fra non pochi cattolici è corsa la domanda sull’attualità di una mano tesa a tutti. Il Vaticano ha lavorato alla preparazione dell’incontro di Assisi con la consapevolezza delle difficoltà psicologiche. La convocazione conteneva due implicite premesse. Una premessa era nella indiscussa autorità di chi convocava, un pontefice la cui radicale indipendenza da ogni potere geopolitico è riconosciuta ovunque. Un’altra premessa era nell’esclusione dall’assemblea di chi non accettava la sottintesa discriminante pacifica. Ad Assisi oggi ci sono soltanto uomini senza odio e senza legami con le religioni deviate dalle armi.
Proprio sul Corriere , lo scorso 13 dicembre, Paolo Mieli sottolineava la necessità di un vincolo etico allo stare insieme, ma non confusi, di uomini di fede. E’ necessario fra essi un patto per la comune e religiosa condanna di chi uccide in nome di Dio. Ne nacque una polemica. Il documento che Roma ha preparato e che viene letto in inglese, in arabo e in italiano dopo una «monizione» del cardinale africano Francis Arinze, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha un titolo esplicito: «Impegno comune». Ad obbligarsi contro la violenza e per la pace gli uomini delle diverse religioni arrivano a fine giornata dopo essersi messi a confronto, separati, ciascuno con il proprio Dio e averlo pregato a suo modo. Il programma ufficiale è esplicito: «Trasferimento dei rappresentanti delle varie religioni nei diversi luoghi designati ad Assisi per la preghiera per la pace».
Tornati insieme, daranno poi nella piazza solennità a un documento - lo possiamo anche laicamente chiamare patto - la cui bozza fu redatta in Vaticano, anche se la traccia comune appartiene a tutti i convocati. Il Papa accenderà una lampada e gli altri lo seguiranno. Chi può sostenere, come pure è stato detto in Italia anche in ambienti di Chiesa, che questo pontificato attenua la sua consapevolezza di verità? C’è la coreografia e c’è il fascino del luogo e di Francesco, c’è il carisma mediatico di Karol Wojtyla, c’è l’impatto emotivo di tutti questi uomini santi nei loro costumi. Ma dietro c’è una logica coerente, c’è il potere spirituale di due miliardi di cristiani, di un miliardo di musulmani e poi di moltitudini di ebrei, di induisti, di buddisti e di fedeli delle tradizioni africane, che proclamano insieme il rifiuto del terrorismo e la pratica della pace. Questo patto ha un peso politico, quest’assemblea è largamente rappresentativa.
La gracilità degli anni e della salute non sottrae peso politico e morale a questo pontefice. Aveva pensato a un vertice delle religioni subito dopo l’11 settembre, fu convinto dai suoi stessi consiglieri a rimandarlo. Ha seguito da vicino l’organizzazione dell’assemblea di Assisi, sicuro che l’incontro aiuterà a disinnescare la bomba dei fondamentalismi. La riunione di oggi è già un successo. Difficile sarà, da domani, riprendere a sminare i fanatismi che avvelenano la convivenza quotidiana.


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Date: 24 Jan, 2002 on 14:30
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