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E in Consiglio il ministro alzò la voce: «Qui mi gioco tutto»
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1. E in Consiglio il ministro alzò la voce: «Qui mi gioco tutto»
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da Il Corriere della Sera
Sabato, 12 Gennaio 2002

E in Consiglio il ministro alzò la voce: «Qui mi gioco tutto»

Dal tabellone colorato per spiegare la riforma alle domande sui costi. Il nodo delle «primine», esclusiva degli istituti privati


ROMA - Per spiegare ai colleghi di governo la riforma della scuola, il ministro Letizia Moratti si è presentata in Consiglio con un tabellone colorato. L’inizio è stato tutto un velluto. Il vicepremier Gianfranco Fini si è congratulato con toni solenni: «Questo è un passaggio storico. Questa è la vera riforma dopo quella di Gentile e Bottai. Lasciamo perdere il tentativo di Berlinguer che è fallito. Noi invece stiamo mantenendo le promesse fatte agli elettori». Poi, però, in due ore di discussione, la Moratti ha dovuto far fronte a una serie infinita di dubbi, di questioni. Quasi un assedio. Tanto che in alcuni passaggi, così riferisce un ministro, avrebbe lasciato capire che con quel progetto era in gioco la credibilità del suo mandato. Una minaccia di dimissioni? Qualcuno in Consiglio l’ha interpretata così, anche se in serata tutti smentivano. Tuttavia prima Fini, poi il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e i ministri Giuliano Urbani e Antonio Marzano hanno fatto da argine alle critiche. La discussione è entrata nel vivo quando un ministro, fissando meglio il tabellone morattiano, ha rotto l’incanto: «Scusate, ma se le elementari sono quelle colorate di verde, che cos’è quell’azzurrino del quinto anno? E le medie allora dove sono?». La Moratti, indicando una a una le caselle del cartellone, ha spiegato che, da questo punto di vista, si torna all’era pre-Berlinguer. Elementari e medie non si toccano. Ma il centrista Carlo Giovanardi si è inserito con un’altra osservazione: «Però vedo che il terzo anno delle scuole medie è dedicato all’orientamento. Forse qui dobbiamo cambiare qualcosa». Rocco Buttiglione, invece, ha esordito, richiamando la necessità di potenziare i contenuti «spirituali e morali» dell’insegnamento; poi ha sollevato il problema «dell’accesso anticipato alle elementari». I ragazzini che cominciano a cinque anni potrebbero avere difficoltà psicologiche nell’età della pubertà. Il nodo, implicito nell’argomento dei centristi, è che le scuole private (in gran parte cattoliche) potrebbero perdere l’esclusiva sulle «primine» (le classi per alunni di 5 anni e mezzo).
Il confronto si è poi spostato su un campo più politico. Assente Umberto Bossi è toccato al ministro della Giustizia Roberto Castelli far valere le ragioni della Lega. Castelli ha fatto notare che lo schema Moratti è stato «costruito» sulla cornice del federalismo «così com’è oggi, cioè quello voluto dall’Ulivo». Ma noi cambieremo tutto con la «devolution», ha aggiunto. Conclusione del leghista: è previsto un meccanismo per armonizzare la riforma della scuola coi nuovi poteri che saranno conferiti alle Regioni? Nessun problema, ha risposto Letizia Moratti, la riforma è compatibile anche con una diversa distribuzione di compiti tra centro e periferia.
A quel punto è intervenuto il titolare dell’Economia, Giulio Tremonti, «pesando» le misure morattiane sulla bilancia dei costi e dei benefici finanziari per lo Stato. «Quanto ci costa?» ha sintetizzato Tremonti. Per il primo anno una decina di miliardi, è stata la replica, in lire, della Moratti. Per il resto è difficile fare calcoli. Proposta di Tremonti: e allora meglio non correre rischi. Facciamoci dare una delega dal Parlamento: così potremo graduare i tempi e i costi d’attuazione. Ma il ministro dell’Istruzione scuote la testa. La Moratti non è disposta a lasciare nelle mani del Tesoro il «calendario» della riforma.

Giuseppe Sarcina


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Date: 12 Jan, 2002 on 11:00
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