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IL COLORE DELL'UNIVERSO
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1. IL COLORE DELL'UNIVERSO
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da La Repubblica
Sabato, 12 Gennaio 2002

IL COLORE DELL'UNIVERSO

TULLIO REGGE

Un gruppo di astrofisici della Johns Hopkins University ha scoperto che l'universo è colorato, basandosi su un campione di centinaia di migliaia di galassie ha deciso che splende di luce verde turchese. L'annuncio non mancherà di stupire molti lettori che pur avendo ammirato per anni il cielo stellato o la Via Lattea non si sono mai accorti di un colore così gentile e delicato, direi biologico. In primo luogo vorrei complimentarmi con i responsabili delle relazioni pubbliche della Johns Hopkins per una presentazione così poetica e affascinante di una ricerca astratta.
L'annuncio ha un significato tecnicamente ben preciso. In primo luogo tutte le galassie esaminate sono contenute in una sfera del raggio di appena 3 miliardi di anni luce. Sembra molto ma poiché il tempo trascorso dal big bang e dalla formazione delle prime stelle è dell'ordine di una dozzina di miliardi di anni luce o anche più ci rendiamo conto che si tratta di galassie relativamente recenti.









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Inoltre si tratta di un colore medio, ricostruito matematicamente a partire da una distribuzione di galassie ciascuna delle quali può contenere centinaia di miliardi di stelle. L'occhio umano non può percepire il colore se la luce emessa è molto debole.
La luce di una galassia è la somma delle luci emesse dalle stelle più quella, meno intensa, delle nebulose gassose in essa contenute. Una stella di massa elevata può raggiungere temperature altissime di decine di migliaia di gradi ed emette luce di colore blu, una stella mediocre quale il nostro Sole emette per definizione luce bianca, altre stelle di infimo lignaggio o a fine carriera, quali le giganti rosse, emettono appunto luce rossa. L'effetto finale è una mistura di queste luci che , fatti i calcoli, risulta vicina al turchese.
Va tuttavia rilevato che le stelle sono alimentate da reazioni termonucleari che convertono continuamente nel loro interno l'idrogeno e elementi leggeri, quelli con cui comincia il sistema periodico, in elementi più pesanti fino a raggiungere il ferro. Ne segue che l'universo si impoverisce continuamente di combustibile e si arricchisce di ceneri nucleari. Le nuove stelle che si formano continuamente dalle esplosioni di supernove hanno una composizione chimica e dinamica diversa ed emettono luce di colore diverso.
Le prime stelle che si sono formate erano molto calde e tendevano al colore blu, quelle ultime hanno colore rossastro, fra qualche decina di miliardi di anni quando il Sole si sarà spento l'universo sarà popolato da stelle moribonde e incapaci di mantenere la vita come la conosciamo. Il colore dell'universo è quindi indice della sua età.
Ma quale sarà il destino ultimo dell'universo? I vari modelli finora proposti appartengono a due categorie ben distinte. La prima include gli universi chiusi, di dimensioni e durata finite. Andando sempre nella stessa direzione si ritornerebbe, novelli Magellani, dopo una marcia di miliardi di anni al punto di partenza dalla parte opposta. Va tuttavia detto che questi universi hanno durata finita, partono da una configurazione iniziale incredibilmente densa e insondabile, raggiungono una dimensione massima per invertire poi la marcia e rinchiudersi su se stessi. La loro vita è così breve da non permettere il periplo a cui ho accennato. Le osservazioni favoriscono invece universi aperti di durata ed estensione infinite che hanno una partenza iniziale simile a quella degli universi chiusi ma che continuano ad espandersi senza mai tornare indietro.
Einstein esordì all'inizio degli anni 20 con un modello di universo basato sulla relatività generale che risentiva ancora della impostazione aristotelica, Einstein postulava infatti un universo statico ed immutabile e per ottenerlo introdusse una nuova forza, la repulsione cosmica, che doveva bilanciare e neutralizzare l'attrazione newtoniana ed impedire il collasso. Nonostante questi ed altri difetti il suo modello ha rivoluzionato la cosmologia. La repulsione cosmica è la Cenerentola delle forze, quando serve la richiamano a lavare i piatti sporchi, finito il lavoro la mandano a spasso. Per capire cosa farà l'universo nel futuro remoto dobbiamo in primo luogo ricostruire la sua storia per capire quali sono le forze che lo agitano. Una galassia che disti 10 miliardi di anni luce viene osservata dalla terra come era dieci miliardi di anni or sono. Guardando oggetti sempre più distanti percorriamo a ritroso la storia dell'universo ma purtroppo per noi aumentando la distanza diminuisce anche la luminosità per cui diventano sempre più difficili da osservare.
Per queste ragioni gli astrofisici danno ora la caccia accanita alla supernove, eventi catastrofici in cui una stella diventa instabile ed esplode emettendo un lampo di luce di inconcepibile intensità visibile a miliardi di anni luce di distanza. Il nostro Sole non pare destinato a una fine così gloriosa ma se esplodesse come supernova la Terra ne sarebbe distrutta. Secondo stime iniziali basate proprio su una statistica di supernove l'espansione dell'universo pare sia accelerata dalla repulsione cosmica e proceda in progressione geometrica rapidissima. Se così fosse nel giro di poche decine di miliardi di anni l'aspetto del cielo profondo cambierà radicalmente.
In un suo originalissimo lavoro controcorrente Freeman Dyson vagheggia un universo futuro popolato da semidei superintelligenti di dimensioni galattiche ma lui stesso ammette che il ritorno della repulsione cosmica sarebbe un ostacolo quasi insormontabile a uno sviluppo del genere, l'universo futuro sarebbe troppo freddo per mantenere una vita di qualsiasi genere. Secondo Dyson l'universo avrebbe uno scopo, quello di creare una entità di intelligenza e dimensioni cosmiche che saprà tutto e capirà tutto, un Dio che apparirà solo alla fine dell'universo. Per Steve Weinberg l'universo non ha invece scopo, esiste e basta.
Non sapremo mai chi dei due ha ragione ma di certo l'astrofisica è in fase di rapido ed entusiasmante sviluppo, il telescopio spaziale Hubble ha prodotto una mole di dati di straordinario interesse che ci permettono di precisare meglio la struttura e il futuro dell'universo. Ma anche la nuova generazione di telescopi multipli su base terrestre dà un contributo essenziale e complementare a quello dello Hubble. Una cosa è certa: le sorprese non sono finite.


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Date: 12 Jan, 2002 on 01:44
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