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La luce «fermata» in un blocco di cristallo
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1. La luce «fermata» in un blocco di cristallo
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da Il Corriere della Sera
Venerdì, 4 Gennaio 2002

E’ la prima volta che un raggio viene «imprigionato» in un materiale solido, portato a 268 gradi sotto zero

La luce «fermata» in un blocco di cristallo

L’esperimento in un laboratorio militare Usa. Possibili computer superveloci e nuovi tipi di telecomunicazioni


Nel laboratorio militare dell’aviazione americana di Hanscom, un luogo sperduto nel Massachusetts, due scienziati, Philip Hemmer dell’A&M University del Texas e Selim Shahriar del Mit, sono riusciti in un passo decisivo per dominare la luce. L’hanno bloccata e immagazzinata in un materiale solido, un cristallo (silicato di ittrio drogato con atomi di terre rare) già noto perché adoperato nelle memorie dei computer, aprendo così le porte a quelle applicazioni da fantascienza che avevano spinto gli scienziati verso la grande sfida. Finora la partita giocata in diversi laboratori statunitensi impegnati in una gara contro il tempo aveva soprattutto visto i successi della signora Lene Vestergaard Hau, una scienziata danese docente all’università di Harvard. Nel 1999 era riuscita a rallentare un fascio luminoso sino a 60 chilometri orari e nel febbraio dell’anno scorso ad intrappolarlo in un gas. Sembrava una magia, perché normalmente i fotoni, le particelle di cui è composta la luce, viaggiano alla velocità di 300 mila chilometri al secondo. Invece lei era stata in grado prima di frenarli e poi di imprigionarli.
Per gli scienziati era un grande risultato ma dal significato ancora ristretto ai laboratori. Per immaginare delle applicazioni bisognava fare il salto verso un materiale solido ed è quello che sono riusciti a compiere Hemmer e Shahriar, finanziati dal Pentagono sempre a caccia di innovazioni.
Il risultato sarà pubblicato sulla Physical Review Letter del prossimo 14 gennaio. «Abbiamo bloccato la luce raffreddando il materiale solido ad una temperatura di 268 gradi sotto lo zero centigrado» spiega Hemmer, 47 anni, che abbiamo raggiunto telefonicamente in Texas.
«Ma siamo convinti - aggiunge - che per le applicazioni non sarà necessario arrivare a temperature così basse che presenterebbero ovviamente degli ostacoli. Immagazzinare la luce in un solido non solo era più complicato ma ha permesso di entrare nel mondo già noto dell’elettronica».
Due i campi in cui si prospettano applicazioni importanti: i computer quantistici e le telecomunicazioni. «Nei primi sarà possibile immagazzinare una quantità gigantesca di informazioni con una precisione assoluta e totale - precisa Hemmer - mentre nelle telecomunicazioni si trasmetterà una massa altrettanto enorme di dati, incomparabile rispetto ad oggi. Inoltre essendo i dati manipolati quantisticamente - prosegue lo scienziato - la loro sicurezza sarà totale e inviolabile».
Ma se queste sono le prospettive più rilevanti altre sarebbero dietro l’angolo e tra le più seducenti vi sarebbe anche un tipo di trasmissione nuovissimo che abbina contemporaneamente l’ottica e l’acustica.
L’accelerazione nel dominio della luce impresso dal Pentagono non rappresenta tuttavia la tappa conclusiva della storia. Troppi scienziati sono ancora in gara e altre sorprese non mancheranno.

gcaprara@corriere.it
Giovanni Caprara

GLI ESPERTI

«Ci darà sicurezza totale e banche gigantesche di immagini»

Gianni Degli Antoni, docente di informatica: una rivoluzione che ci farà cambiare il modo di pensare


MILANO - «Immagazzinare la luce in un solido è un grande balzo tecnologico perché è tremendamente complicato», dice il professor Rodolfo Bonifacio, fisico dell’Università di Milano, ricercatore a Berkeley e collaboratore dello scopritore Philip Hemmer. «Ora non resta che far lavorare gli ingegneri - aggiunge - per arrivare agli impieghi pratici. Il risultato è infatti un passo importante verso il computer quantistico le cui capacità sono oggi inimmaginabili. Basti pensare - spiega lo scienziato milanese - che adesso i computer lavorano distinguendo due valori: lo zero e l’uno. Nel computer quantistico le due condizioni opposte possono invece coesistere producendo ovviamente risultati ben diversi». «Con il risultato ottenuto da Hemmer all’Air Force Research Laboratory di Hanscom l’energia luminosa viene immagazzinata sotto forma di onde magnetiche di natura quantistica e questa è una tappa decisiva. Inoltre applicando la fisica quantistica, l’informazione viene naturalmente crittografata, cioè codificata e soltanto chi possiede la stessa chiave potrà leggere il contenuto. Quanto sia ora importante questo aspetto è facile capirlo dal momento che siamo immersi in un flusso continuo di dati e notizie dalle quali dipendono spesso la nostra vita e il nostro lavoro».
«L’impenetrabilità totale dei dati è certo un bene ma potrebbe diventare anche un problema sociale», aggiunge con una nota critica il professor Gianni Degli Antoni, docente di informatica all’Università di Milano. «Ciò non toglie che la scoperta americana sia di enorme rilievo - prosegue -. Essa permetterà di immagazzinare le immagini in una maniera radicalmente nuova e con una risoluzione per il momento irraggiungibile. Senza contare che la costruzione dei computer quantistici aprirà la porta ad un modo di operare che oggi risulta ancora inconcepibile per la mente umana dal momento che permette l’esistenza di condizioni finora rigorosamente separate».
«Il computer quantistico, insomma - conclude Degli Antoni -, oltre ad essere una rivoluzione tecnologica rappresenta una trasformazione profonda anche sul piano filosofico perché ci costringerà a pensare in un modo differente».
Ma oltre alle prospettive da fantascienza che la fisica quantistica ci sta preparando ad un secolo esatto dalla sua ideazione grazie alle intuizioni di Max Planck a Berlino, la scoperta americana promette numerose applicazioni in svariate tecnologie compresa la costruzione di magnetometri ultra sensibili per la misura dei campi magnetici.
Oltre che nei laboratori del Pentagono oggi si studia il controllo della velocità della luce anche all’ Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge, all’Università di Stanford e al Rowland Institute of Science sempre di Cambridge nel Massachusetts, dove opera la scienziata Lene Vestergaard Hau protagonista dei precedenti risultati.

G. Cap.


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Date: 04 Jan, 2002 on 11:07
La luce «fermata» in un blocco di cristallo
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