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RENDIAMO ONORE ALLA LIRA
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1. RENDIAMO ONORE ALLA LIRA
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da Il Corriere della Sera
Venerdì, 28 Dicembre 2001

Proposta al ministro: una giornata di studi nelle scuole

RENDIAMO ONORE ALLA LIRA

di SEBASTIANO VASSALLI


La lira se ne va e nessuno, o quasi, mostra di rimpiangerla. Non era una moneta prestigiosa, una moneta «forte» come il dollaro, la sterlina, il marco tedesco, il franco svizzero. Era, all’estero, un nostro connotato nazionale; e gli italiani non amano essere connotati e dubitano, da sempre, di essere una nazione. Con una moneta internazionale, com’è l’euro, si troveranno meglio. Alberto Sordi raccontò una volta in televisione di essersi trovato a Parigi in un bistrot, senz’altri soldi che le lire italiane, e di avere tentato di pagare il cameriere con una banconota da diecimila lire. Apriti cielo! Ora, incidenti del genere non succederanno più, perché anche a Parigi si pagherà in euro e perché l’euro sarà (si spera) una moneta riconosciuta e rispettata in ogni parte del mondo. Eppure, questa nostra cenerentola, la lira, che uscirà di scena allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre 2001, meriterebbe che si spendesse qualche parola per lei. Tanto per incominciare, nelle scuole. Se tra i compiti istituzionali della scuola c’è quello di aiutare i ragazzi di oggi a riconoscere la portata «storica» di un avvenimento, questa è un’occasione da non perdere; e sarebbe bello che il ministro dell’Istruzione si facesse promotore dell’iniziativa, e desse anche qualche indicazione in proposito.
Bisogna spiegare a chi oggi ha dieci o quindici anni che la moneta non è un optional come la cravatta, che si cambia per adattarla ai calzini; e che cambiare moneta, per uno Stato, è una cosa enorme. Bisogna fargli capire ciò che sta succedendo.
La lira ha fatto l’Italia, a partire dalle cartelle del prestito nazionale della «Giovine Italia» di Giuseppe Mazzini; e la sua storia, nel bene e nel male, è la storia di questo Paese. Cinque banche, dopo l’Unità, avevano conservato il privilegio di battere moneta; ed Emanuele Notarbartolo, a Palermo, venne ammazzato il primo febbraio 1893 per avere scoperto che il Banco di Sicilia stampava soldi per la mafia, utilizzando due volte gli stessi numeri di serie.
Erano gli anni della prima «tangentopoli», quella della Banca Romana; quando Lina Crispi scriveva al banchiere Tanlongo «ieri mio marito parlò alla Camera in vostro favore. Mandatemi venti lire». In seguito a quegli avvenimenti, e a quegli scandali, fu creato l’istituto unico di emissione, la Banca d’Italia; e, grazie al lavoro italiano nel mondo, nel 1911 Giolitti potè affermare con orgoglio che la sua lira faceva «aggio sull’oro».
Nell’agosto del 1925, Mussolini scriveva a D’Annunzio: «Sto combattendo una grossa arida battaglia: quella della lira». Il valore della lira, nel ventennio fascista, si stabilizzò sul costo della famiglia-tipo di cui parla la canzone: «Se potessi avere mille lire al mese». Poi venne la guerra: la lira perse i centesimi, ma le banconote negli anni Cinquanta del secolo scorso erano così grandi che per farle stare in un portafogli normale bisognava piegarle in quattro.
Negli anni Sessanta diventammo ricchi a modo nostro, di lire sempre svalutate. Le mille lire al mese diventarono milioni, ma il taglio delle banconote si ridusse al punto che un precursore della seconda Tangentopoli, l’architetto-affarista De Mico, quando andava a trovare i ministri della Prima Repubblica si portava, come viatico, cinquecento milioni in una valigetta ventiquatt’ore.
Insomma: la storia della lira è la storia degli italiani, dalla prima metà dell’Ottocento fino ai giorni nostri; e, se anche dobbiamo diventare europei, non possiamo metterla in soffitta così, come niente fosse. Ministro Moratti, perché non promuove, nelle scuole, una giornata della lira?

Sebastiano Vassalli


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Date: 28 Dec, 2001 on 08:45
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