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Berlusconi sceglie di parlare a braccio
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1. Berlusconi sceglie di parlare a braccio
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da Il Corriere della Sera
Venerdì, 21 Dicembre 2001


ROMA - «Vista la musica» Berlusconi sceglie di parlare a braccio, ma accoglie i fischi con il sorriso sulle labbra, per alcuni attimi dialoga a distanza con i contestatori. La Moratti invece ignora le proteste, legge l’intervento conclusivo rivolgendosi a una platea che per metà non l’ascolta, concentrata sugli strilli che arrivano dal fondo della sala: decine di studenti gridano la loro marginalità al dibattito, altre decine di poliziotti in borghese fanno il loro mestiere senza sconti. Volano spintoni, qualche schiaffo, i tafferugli proseguono sui gradini del Palazzo dei congressi dell’Eur.

SCUOLA E IMPRESA - Gli Stati generali si concludono così. Fra applausi e proteste, una porta scardinata, tante lacrime di giovani insoddisfatti e tanti programmi del governo sul futuro della scuola. Un futuro che secondo il ministro degli Affari Regionali Enrico La Loggia potrebbe riservare anche una delega all’esecutivo. E che per Berlusconi significa soprattutto stimolare la competizione fra scuola pubblica e privata, «contaminare» l’istruzione con la diffusione della cultura d’impresa, di Internet e della lingua inglese: «La scuola che abbiamo nel cuore - dice il premier - è quella che forma cittadini con talento e forti capacità, anche imprenditoriali».


PARTENZA NEL 2002 - Sono venuti tre ministri e il premier a dare man forte alla Moratti: «La sostengo con passione», chiarisce Berlusconi. «Nessuno si faccia illusioni - gli fa eco La Loggia - la Moratti ha dietro tutto il governo». Loda una riforma «ambiziosa» il ministro del Lavoro Roberto Maroni. Provoca la prima contestazione Antonio Marzano, Attività Produttive, affermando che «per tanti anni si è tentato di trasformare le classi in sezioni di partito». Poi tocca alla Moratti. Annuncia che la riforma potrebbe partire già nel 2002, magari per gradi. Fa un bilancio della due giorni, 200 mila fra contatti e interventi multimediali. Ribadisce l’auspicio del massimo consenso possibile: «La riforma sarà il frutto di un’intensa concertazione fra Stato e Regioni, la porteremo in Parlamento, accoglieremo i suggerimenti». Spiega che «questi non sono gli Stati generali, perché quelli veri si svolgono nel Paese»: «Abbiamo solo concluso una prima fase di ascolto». Replica a Cofferati: «La riforma non è un tuffo nel passato, guardiamo al futuro con un impegno senza precedenti, 19 mila miliardi da investire».


MAGLIA NERA - Quando il ministro dice di volere una riforma «democratica», partono le prime proteste: «Siamo stati esclusi dal dibattito, gli studenti sono tutti in strada», grida un gruppo di giovani. Non si scompone la Moratti: «Ai ragazzi chiedo di non avere paura, la riforma darà a tutti possibilità di successo». Berlusconi invece sembra quasi divertito: «Queste grida scomposte rafforzano la nostra volontà di cambiamento». Cambiamento «perché a nessuno sfugge che oggi più di prima un Paese vale per il suo capitale umano, per il numero di cittadini che lavorano e per il livello professionale che esprimono». Il premier cita i dati Ocse, che assegnano all’Italia «la maglia nera per gli abbandoni e la mediocre preparazione dei nostri studenti». Insiste sul rafforzamento «di quel bagaglio di nuove conoscenze indispensabili per il mondo delle imprese».


SCUOLA PRIVATA - Maglia nera, la nostra istruzione, ma anche fonte di vergogna: «Non si può fare a meno - aggiunge Berlusconi - di vergognarsi per le carenze in termini di sicurezza e di strutture. Le Province hanno gravi responsabilità». Quindi l’apologia della competizione fra scuola pubblica e privata: «Perché solo la competizione migliora la qualità. Perché le scuole devono potersi contendere gli insegnanti migliori. E perché le private non possono essere accessibili solo a chi è più ricco o più fortunato, occorre parità di accesso». Quella parità che gli studenti contestano, nelle strade di Roma, nel corpo a corpo con gli agenti della sicurezza dentro il Palazzo dei congressi, ma che a Berlusconi vale l’ultimo affondo: «La sinistra ci accusa di volere una scuola di classe, è vero il contrario».
Una difesa che non vale a stemperare le critiche. Mentre gli Unicobas della scuola proclamano un giorno di sciopero generale a febbraio, l’Ulivo parla di «sospensione della democrazia»: «Gli Stati generali sono stati un’occasione mancata - osserva il segretario dei Ds Piero Fassino - il governo li ha ridotti a propaganda».

Marco Galluzzo


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Date: 21 Dec, 2001 on 08:30
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