Cinque ordini di custodia, 26 indagati
Pedofilia, scoperta rete che agiva su Internet

ROMA - Gli «infiltrati» della polizia entravano in azione dopo mezzanotte, quando i pedofili abbassavano la guardia e si scambiavano le foto hard dei bambini senza adottare alcuna precauzione. La caccia ai navigatori della Rete è andata avanti per alcuni mesi, tra «attentati» con virus e tentativi di bloccare le «intrusioni». Ieri è scattata la fase finale dell’operazione, coordinata dalla procura di Venezia: sono state arrestate cinque persone, tra cui un agente della polizia stradale di Trieste, e perquisite decine di abitazioni in Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Toscana, Marche, Lazio, Molise, Campania e Sicilia. Ventisei le persone denunciate nel nostro Paese (tra cui un altro poliziotto del Servizio antidroga) ma l’indagine, che segue quella capace di portare alla cattura di oltre 130 pedofili da parte degli inquirenti inglesi, ha anche un filone internazionale: agli investigatori tedeschi sono stati segnalati gli indirizzi di un’altra trentina di insospettabili professionisti con il «vizio» di collegarsi a Internet per scambiarsi immagini a luci rosse di bambini. La maggior parte delle perquisizioni (sette) sono state compiute dagli uomini della polizia delle telecomunicazioni diretti da Domenico Vulpiani in Campania: c’è il sospetto che i traffici possano essere gestiti dalla camorra. Due i napoletani rinchiusi in carcere, un pedofilo è stato bloccato a Latina e un altro a Campobasso. A casa e nell’ufficio dell’agente dell’Antidroga, sposato e padre di due figli, sono stati sequestrati due computer. Ma numeroso materiale importante per lo sviluppo dell’inchiesta condotta dal pm veneziano Maria Rosa Micucci è stato trovato nelle abitazioni degli arrestati e degli altri indagati: decine di personal e centinaia tra floppy-disk, Cd-Rom e videocassette dall’evidente contenuto pedopornografico. I bambini ritratti sono spesso piccolissimi, sembra abbiano meno di dieci anni: alcuni sono occidentali ma la maggior parte sono africani, asiatici e sudamericani, probabilmente brasiliani.
Dall’indagine è emerso chiaramente il quadro dei personaggi che viaggiava nella rete. Dopo aver superato trabocchetti di ogni tipo e aver vinto la «guerra informatica» fatta di scariche di virus immessi dai navigatori che cercavano di non essere individuati, gli investigatori hanno scoperto e messo sotto inchiesta medici, impiegati pubblici e privati. E perfino tre ragazzi minorenni, anch’essi incalliti ricercatori di immagini hard di bambini.

Flavio Haver