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IL «PIACERE DEL TESTO»
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1. IL «PIACERE DEL TESTO»
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da La Stampa
Martedì, 27 Novembre 2001

SIAMO UN PAESE DI PESSIMI LETTORI: DUE EDITORI VANNO CONTROCORRENTE E LANCIANO UNA CAMPAGNA PER DIFFONDERE IL «PIACERE DEL TESTO»
LIBRO

IL molto compianto Mario Spagnol diceva scherzando che fare l´editore «è sempre meglio che lavorare»; ma vendere libri, in Italia, è un mestiere piuttosto difficile. I lettori sono pochi, bisogna ogni volta inventarsi qualcosa, fare sforzi con la fantasia, perché nessuno può immaginare di poter vivere «di rendita». Il più recente, fra questi sforzi, arriva da Bari: Giuseppe Laterza lancia una campagna per il libro, chiamando a raccolta non solo i potenziali librai ma anche il pubblico dei lettori più appassionati. L´idea è di costruire dei «presidi», dei momenti di resistenza e soprattutto di contrattacco in una situazione di mercato fondamentalmente stagnante da parecchi anni. Dopo il grande balzo degli Anni Sessanta (e in parte negli `80) le cifre non sono mai state elettrizzanti. L´ultimo rapporto dell´Aie (l´Associazione degli editori) calcola in 21 milioni i nostri compatrioti che si dichiarino lettori di almeno un libro in 12 mesi: sono il 38,3 per cento. Se si aggiungono quelli che leggono solo narrativa rosa, gialli, guide di viaggio si arriva al 51, ma sono dati in discesa perché nel `98 si stimava che la prima categoria fosse al 41,9 per cento. I numeri del 2000 sembrano confermare questa tendenza. All´ultima Fiera internazionale di Francoforte, Vittorio Sgarbi aveva fatto agli editori italiani un discorso anche ruvido, dicendo in sostanza «smettetela di piagnucolare e fate dei progetti». Quello di Giuseppe Laterza e Roberto Cerati, il cui manifesto pubblichiamo in questa pagina, sembrerebbe una risposta a tamburo battente, ma è in cantiere già dalla primavera scorsa, quando si pensò di porre i primi mattoni d´una scommessa ambiziosa: costruire una rete nazionale di «presidi dei lettori» per incoraggiare la nascita di nuove librerie o di punti dove il libro sia visibile e accessibile. Giuseppe Laterza ci racconta che il debutto in Puglia è stato ottimo, con duecento persone all´Università che chiedevano informazioni, e l´interesse del presidente della regione. Da Milano, gli editori hanno reagito bene: «Questa volta ci stanno proprio tutti, dall´Aie a quelli, come Mondadori e Feltrinelli che non ne fanno parte, dai grandi ai piccoli». Se il termine non suonasse politicamente scorretto, verrebbe da pensare che si sta muovendo una nuova crociata per il libro. Arriverà nei luoghi santi (in questo caso le abitazioni prive di libri) o si arenerà nel deserto? E´ presto per rispondere, ma è vero che in tutta la storia dell´editoria molti sono stati i condottieri, a volte baciati dalla fortuna, a volte meno. Il primo romanzo di uno sconosciuto Italo Calvino venne pubblicizzato dall´Einaudi affiggendo manifesti, e fu un colpo di genio. Ma in piena tangentopoli un libro di un malnoto Luigi Bisignani (poi inquisito) fiammeggiò su città e circonvallazioni in cartelloni pubblicitari enormi, quelli di sei metri usati normalmente per automobili, profumi o reggiseni, suscitando una certa curiosità fra gli addetti ai lavori. Il suo editore, Rusconi, non sembrava avere le dimensioni per operazioni di questo genere, che infatti non aveva mai tentato. Non fu un best seller. Le nozze tra libro e pubblicità sono sempre state parziali e problematiche, salvo eccezioni. La prima, ormai storica, fu il lancio degli Oscar Mondadori, nel `65: ma allora si trattava di una novità assoluta. Gli Oscar, a differenza di tutti gli altri tascabili precedenti, mettevano insieme libreria ed edicola, inauguravano una nuova grafica, facevano insomma da levatori al mercato di massa. I primi volumi arrivarono subito a duecentomila copie, un´enormità per quei tempi. Da allora, campagne simili sono state rare: in tempi recenti è avvenuto con i «Miti» mondadoriani e i «Superpocket» di Rizzoli e Longanesi, e sempre per stare a Segrate con il Ramses di Jacq e in parte per l´Alexandros di Valerio Manfredi. Il lancio tv della giallista russa Alexandra Marinina (Piemme) sembra invece aver giovato più a Nastasha Stefanenko, la graziosa modella che faceva da testimonial. Vendere libri non è come vedere detersivi. Conta l´intuito, la fortuna, il caso, il gusto. Susanna Tamaro partì con poche copie per Va´ dove ti porta il cuore, più o meno come accadde per Il nome della Rosa di Umberto Eco, che però era già uno studioso di fama internazionale. Elsa Morante creò nel 1974, con La Storia, il primo grandissimo best-seller di qualità grazie a un´ossessione. Lei voleva una sola cosa: il prezzo basso. Mondadori - l´unico in quel momento con una collana economica adeguata - non capì e la perse (come ci racconta Cesare Garboli su Panta Editoria, il ricco quaderno della Bompiani dedicato al mestiere di editore, a cura di Laura Lepri ed Elisabetta Sgarbi). Einaudi fu costretto, per accontentarla, a puntare su una tiratura enorme, ed ebbe ragione. Fu il trionfo dei librai tradizionali, una categoria che allora rappresentava quasi tutto il mercato e oggi, attraversata da crisi profonde di trasformazione, ne copre la metà. Le librerie restano poche: 1300 quelle «vere» di dimensioni medie o grandi, il cui 23 per cento fa parte - dati del 2000 - di grandi catene, come quella di Feltrinelli; si calcola che nel giro di pochi anni questa importante fetta del settore potrebbero arrivare al 54 per cento. I piccoli librai indipendenti sono modo minacciati, la loro sopravvivenza è a rischio, mentre sarebbe un´ottima cosa, invece, se potessero aumentare di numero. Le ricerche spiegano come metà degli acquirenti siano mossi dal consiglio d´un amico, ci ricorda Stefano Mauri, amministratore delegato del Gruppo Longanesi. La libreria resta fondamentale, nel cuore del passa parola fra lettori. «Longanesi investe molto nella ricerca e selezione dell'autore e nella comunicazione indiretta e sul punto di vendita, ma non ritiene la pubblicità tradizionale, salvo rarissimi casi, adatta a promuovere i romanzi» spiega Mauri. E fa un esempio: «La saga egizia di Wilbur Smith non credo abbia fatturato meno del Ramses, anche senza un rigo di pubblicità». Certo le strade sono tante, a volte incredibili: Kundera ebbe il suo grande boom italiano perché ai tempi di Quelli della notte, la trasmissione di Renzo Arbore, Roberto D´Agostino fece di L´insostenibile leggerezza dell´essere l´oggetto d´un esilarante tormentone. De Crescenzo esplose grazie a un passaggio da Pippo Baudo, in Domenica In. La televisione sembrò per qualche anno il toccasana, ma è anche zeppa di scrittori che sfilano davanti alle telecamere senza conseguenze. Inoltre tende a promuovere la singola opera, non la lettura. Se il «popolo dei libri» si organizza, può essere più forte di qualsiasi mass media.

Mario Baudino


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Date: 27 Nov, 2001 on 09:16
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