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Musei, rivolta contro i privati i custodi scendono in piazza
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da La Repubblica
Sabato, 3 Novembre 2001

Musei, rivolta contro i privati i custodi scendono in piazza

La riforma del ministro Urbani al centro delle polemiche sulla stampa internazionale. E i sindacati proclamano due giorni di sciopero

MARIA NOVELLA DE LUCA

ROMA - La privatizzazione dei musei italiani diventa un caso internazionale. Dopo l'appello pubblicato su Liberation con il quale i direttori dei principali musei del mondo hanno chiesto al governo italiano di rivedere il progetto del ministro Urbani, il primo novembre è stato il quotidiano spagnolo El Pais a dedicare alla riforma annunciata nell'articolo 22 della legge Finanziaria un'intera pagina. Attenzione, curiosità, perplessità, sospetti: l'idea di affidare la «gestione diretta» di gallerie e pinacoteche a società e fondazioni, che dopo aver pagato un canone allo Stato dovrebbero occuparsi di tutti gli aspetti organizzativi, personale compreso, raccoglie le critiche dei tecnici e dichiarazioni di «battaglia» sul fronte dei dipendenti. Tutte le sigle sindacali infatti hanno annunciato mobilitazioni, a cominciare dalla Uil che ha indetto uno sciopero generale per il 15 novembre, mentre Cgil e Cisl hanno previsto tre ore di sciopero per venerdì 9 novembre, giorno in cui ci sarà la totale astensione dal lavoro di chi aderisce alle Rappresentanze di base, con la conseguente chiusura di musei, gallerie, biblioteche e aree archeologiche e un corteo nazionale a Roma.
Più complessa l'analisi che alla proposta Urbani arriva dai soprintendenti e direttori dei musei, che ogni giorno devono gestire un afflusso crescente di visitatori a contatto con un delicatissimo patrimonio artistico. «Fino ad ora ogni intervento del privato è stato deludente, a cominciare dai giacimenti culturali, per finire alla mancata applicazione della legge Ronchey». Anna Coliva è la direttrice della Galleria Borghese di Roma, un museogioiello, riaperto pochi anni fa dopo un restauro lunghissimo e infinite stagioni di abbandono. La Borghese è anzi, in un certo senso, proprio un museo laboratorio, perché restituita al pubblico con tutti quei famosi servizi aggiuntivi (caffetteria, bookshop, biglietteria in appalto ad una società esterna) nella sinergia che per la prima volta ha visto l'ingresso dei privati nei musei statali.
«Il ricorso al privato per far funzionare meglio il pubblico è un tipo di politica che da vent'anni appare e scompare nella gestione del patrimonio artistico. Però guardiamo i risultati. Dopo anni di professionalità inventate e miliardi regalati a microsocietà di informatica - spiega Anna Coliva - l'intero lavoro di schedatura dei giacimenti si è rivelato completamente inutile perché sono stati utilizzati linguaggi informatici che non comunicano tra di loro, e il risultato è che noi storici dell'arte ci serviamo ancora di schede compilate a mano in era preinformatica...». Diverso il caso della legge Ronchey. «L'introduzione del merchandising ha portato indubbi vantaggi. Spesso però le società che hanno vinto gli appalti hanno enormemente abbassato poi il livello dei loro servizi, e la legge non ci ha dotati di sistemi di controllo tanto forti da poter agire contro chi non rispetta i patti». Il nodo dunque è questo, quando si parla di gestione diretta dei privati nei musei, poi, chi è che comanda davvero? «Certo, non avere più il problema del personale solleverebbe non poco chi deve dirigere un'istituzione. Ma con quali modalità? E poi, che cosa vuol dire redditività dei musei? Qui c'è un equivoco grandissimo. Parliamo di denaro o di cultura? Perché un museo, anche il più famoso del mondo, difficilmente produce soldi. Un caso per tutti: il Metropolitan di New York. Il suo immenso indotto copre, soltanto, il 47% delle spese. Il resto è colmato dalle fondazioni senza fini di lucro. Io credo che un museo, come un ospedale non debba creare denaro, ma semplicemente funzionare bene».
E' questa, anche, la preoccupazione di Giovanni Guzzo, che dirige la soprintendenza autonoma di Pompei, dove la gestione delle risorse è affidata ad un city manager. «Aspetto di leggere il regolamento ma bisogna davvero chiarire che cosa si intende per gestione. Davvero il fine ultimo sarà la valorizzazione culturale? Se poi i privati dovranno pagare un canone allo Stato mi chiedo quale potrà essere la "base d'asta", il valore stimato di beni che per loro definizione sono inestimabili...».


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Date: 03 Nov, 2001 on 08:23
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