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Quando l'hacker va a scuola da Platone
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1. Quando l'hacker va a scuola da Platone
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da Avvenire
Venerdi 02 Novembre 2001

TECNOLOGIA Un po' pirati, un po' anarchici: ma la loro utopia è stata smentita dagli sviluppi dellཇ settembre

Quando l'hacker va a scuola da Platone

Ada Parisi

All'inizio fu il lavoro. La Genesi racconta una storia di parole lontane, che - nel silenzio - avvertirono l'uomo: «Con il sudore della tua fronte mangerai il pane, finché tornerai alla terra». L'uomo iniziò a lavorare e, ancora adesso, continua a farlo. Dalla regola benedettina dell'«ora et labora» alla codificazione dell'etica protestante del lavoro fatta da Max Weber, secondo la quale «il lavoro è il fine tanto morale quanto naturale del potere»: la nostra società è passata attraverso guerre, rivoluzioni, scoperte scientifiche. Ma nulla ha cambiato il nostro modo di lavorare, che resta saldamente legato al modello fordista - otto ore di fatica al giorno, fine settimana libero per praticare hobby e badare alla famiglia - riassumibile nell'atto del «timbrare il cartellino». Ma oggi - mentre l'era digitale avanza a grandi passi e la cosiddetta «network society» invade gli spazi tradizionali - un gruppo di persone sostiene che «non esistono rivoluzioni tecnologiche senza trasformazioni culturali»: gli hacker. E, poiché la rivoluzione tecnologica è ormai un dato di fatto, quel che resta è cambiare l'approccio al concetto di lavoro. Anzi, cambiare il concetto stesso.
Dando per scontato il fatto che gli hacker non siano - pare - soltanto i minacciosi pirati informatici che mandano in tilt i nostri computer con virus esotici, ma soprattutto il gruppo di persone responsabile della rivoluzione informatica «le cui conseguenze sono dappertutto intorno a noi» - dal sistema operativo libero e gratuito Linux all'invenzione del modem e fino al primo «computer game» con interfaccia grafica - il libro di Pekka Himanen, L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione, appena uscito da Feltrinelli, si propone di riassumere la visione che essi hanno del lavoro in un contesto - quello attuale - dominato dalla «tendenza alla compressione del tempo e dalla logica della velocità». E si scopre che - proprio coloro che dovrebbero rappresentare l'avamposto più evoluto, più high-tech della piramide sociale - nel momento in cui cercano un modello, non riescono a far altro che tornare indietro di 2.500 anni. E trovano Platone e l'Accademia: il modello etico di lavoro costruito dagli hacker si basa infatti sull'attitudine alla passione per la ricerca intellettuale o - in termini platonici - su quell'attimo «in cui la verità brilla improvvisa nell'anima, come la fiamma dalla scintilla, e di se stessa in seguito si nutre». In pratica, l'innovativa idea del lavoro come vocazione, realizzazione piena di se stessi.
Il principio etico fondamentale dell'«Internet Society», l'istituzione hacker «collocata al cuore dello sviluppo della Rete», è: «Nessuna discriminazione nell'uso di Internet sulla base di razza, colore, genere sessuale, linguaggio, religione, opinioni politiche o di altro tipo, origini nazionali o sociali, proprietà, censo o altro». Il lavoro diventa passione e segue «il ritmo della creatività»: un ritmo flessibile e leggermente anarchico - proprio come è il Web, all'interno del quale ribolle una massa di idee e parole e immagini in continuo movimento - che «combatte l'atteggiamento autoritario ovunque lo si trovi»: l'ideale hacker è quello di un professionista in grado di «autoprogrammare» il proprio lavoro, mentre «l'uso delle macchine e della tecnologia dovrebbe condurre ad una vita meno meccanizzata, ottimizzata e routinaria». Il «dilemma etico» dei nostri tempi è il non rendersi conto di «ricevere l'informazione prodotta da tutti gli altri e negare agli altri tutta l'informazione prodotta da sè»: e se è vero che «l'eticità richiede un pensiero senza fretta e una prospettiva temporale più lunga», non è un caso che gli hacker si dedichino instancabilmente alla «ricerca futurologica» allo scopo di riorganizzare la nostra prospettiva temporale. Inseguendo il futuro, cercano di migliorare il presente.
È facilmente prevedibile che il modello di società proposto dagli hacker - un modello aperto, definito «Accademia della Rete» - si rivelerà in larga parte utopico: già adesso, le rivendicazioni fatte dalla «Electronic frontier foundation» (Eff), associazione che promuove i «diritti fondamentali del cyberspazio» hanno il suono dell'entropia che avanza. Lo slogan «in Rete libertà di parola e diritto di privacy senza limitazioni» è, nei fatti, contraddetto dalla stessa società «evoluta» da cui è stato prodotto: sono finiti i tempi in cui le pressioni dell'Eff risultarono determinanti per abbattere il «Communication Decency Act», voluto dagli Usa nel 1997 «per creare una sorta di autorità per la censura su Internet».
Alla luce degli ultimi avvenimenti storici, la scorsa settimana George W. Bush ha firmato una legge antiterrorismo, l'«Usa patriot act 2001», che rappresenta una restrizione senza precedenti in materia di privacy e proietta la sua ombra anche sul Web: sarà possibile entrare nella posta di «persone sospette», leggerne i messaggi, verificarne mittenti e destinatari. I gruppi di hacker si sono già ribellati: e probabilmente, una delle grandi battaglie del ventunesimo secolo, si giocherà nel mondo tutto virtuale di Internet.

Ada Parisi


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Mail: redazione@edscuola.com
Date: 02 Nov, 2001 on 17:52
Quando l'hacker va a scuola da Platone
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