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E-commerce, ecco perché non decolla
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1. E-commerce, ecco perché non decolla
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da Il Corriere della Sera
Martedì, 30 Ottobre 2001

Resi noti i risultati del secondo studio di Consumers International sullo shopping online

E-commerce, ecco perché non decolla

Indagine europea: merce mai arrivata, contratti poco chiari e rimborsi difficoltosi


Consumers International, la federazione che raggruppa 260 organizzazioni dei consumatori in 120 Paesi del mondo, ha pubblicato i risultati della seconda inchiesta sullo shopping via Internet realizzata nei prime mesi del 2001. Quindici organizzazioni di consumatori hanno fatto partire ben 400 ordini di beni e servizi dai 14 Paesi coinvolti nell’indagine: Australia, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Germania, Hong Kong, Giappone, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti. La scelta dei Paesi è legata alla diffusione dell’e-commerce e all’esistenza di norme che regolano il settore, per avere un quadro abbastanza significativo e risultati attendibili.


LE ORDINAZIONI - Gli oggetti ordinati erano in gran parte libri, Cd, Dvd, accessori per il computer, capi di abbigliamento, alimenti e bevande di ogni tipo. Tra i servizi la prenotazione alberghiera, una delle aree più estese del commercio online. In ogni Paese sono stati contattati molti website: per esempio 87 in Gran Bretagna, 78 negli Usa, 39 in Francia, 31 in Germania, 26 in Australia, fino ai 16 web della Danimarca. L’ indagine mirava a verificare il rispetto dei principi fissati anche dalle direttive Europee sulle vendite a distanza, le norme nazionali e le raccomandazioni dell’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in tema di: informazioni sul venditore e sul Paese, sui sistemi di consegna, sul diritto di ripensamento, di restituzione della merce, sul foro competente, sul diritto applicabile, sulla privacy, sui prezzi con o senza tasse, sulle possibilità di annullare l’ordine, sugli indirizzi dell’Azienda (località, telefoni, fax, e-mail), modalità di pagamento, modi di consegna e di invio della merce e infine le procedure di restituzione e di rimborso.

I RISULTATI - Questi i risultati in sintesi: il 6% degli ordini non sono mai arrivati; nel 9 per cento dei casi la merce è stata rimandata indietro, ma il venditore non ha mai rimborsato il denaro; nel 17 per cento di casi in cui il rimborso è stato inviato, ci sono voluti più di 30 giorni per avere i soldi; un sito su 5 ha sbagliato a indicare con chiarezza il costo totale della transazione; la metà dei siti che risultavano nell’Unione Europea non hanno dato informazioni sui tempi di consegna e sul diritto di ripensamento. Moltissimi siti hanno sbagliato nel fornire informazioni sui termini e le condizioni del contratto, quali per esempio entro quanti giorni si doveva restituire la merce; in più della metà dei casi il denaro è stato prelevato prima che la merce fosse arrivata per quanto riguarda i tempi di consegna, in 13 casi la merce ha impiegato 30 giorni prima di arrivare. In alcuni casi sono stati necessari 60 giorni e la consegna più lenta ha impiegato 98 giorni.
Se consideriamo soltanto l’Europa, la ricerca di Consumers International sul punto più importante, cioè il successo della vendita, afferma che la merce è arrivata nel tempo previsto nel 50 per cento dei casi in Germania, 79% in Francia, 61% in Gran Bretagna con una media totale del 60% per l’Europa contro un 74% degli Stati Uniti. C’è ancora da notare per l’Europa che solo il 43 per cento dei siti ha dato informazioni dettagliate sugli indirizzi del venditore; l’87% ha fornito descrizioni sulla merce inviata; 87,5% dettagli sui prezzi; solo il 75% ha informato sul diritto di recesso e di rinvio della merce, e infine solo il 10% sulle garanzie. Nel caso specifico delle prenotazioni alberghiere, il 75% dei siti europei pone restrizioni per la cancellazione della prenotazione, ma fortunatamente nell’89 per cento dei casi dà conferma della cancellazione avvenuta.

LE CONCLUSIONI - Anna Fielder, direttore di Consumers International, conclude: «I risultati dell’indagine del 2001 non sono migliori di quelli del 1999 . C’è ancora molto da fare». Per questo la Fielder ha inviato raccomandazioni alle aziende, invitandole a ottemperare alle norme nazionali; cooperare con le associazioni di categoria per educare gli operatori alle regole di tutela dei consumatori; seguire le linee guida dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd) sull’e-commerce, in modo da avere una legislazione e un’applicazione simile in ogni Paese. Infine Consumers International ha chiesto ai governi di fare applicare la normativa europea sulle vendite a distanza e di educare insieme consumatori e venditori su diritti e doveri di ciascuno.

http://consumersinternational.org
http://www.oecd.org

Anna Bartolini


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Mail: redazione@edscuola.com
Date: 30 Oct, 2001 on 08:21
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