Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


Edscuola Board
Edscuola Board Discussion Forum.
Index / Educazione&Scuola© - Archivio Rassegne / Educazione&Scuola© - Rassegna Stampa (Archivio 2)
author message
Una storia di miseria e di emarginazione
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
edscuola
Administrator
in Educazione&Scuola

View this member's profile
posts: 13944
since: 23 May, 2001
1. Una storia di miseria e di emarginazione
Reply to this topic with quote Modify your message
da Il Corriere Salute

Una storia di miseria e di emarginazione

Una storia di miseria e di emarginazione si trasforma in un riscatto personale e collettivo, in un ritorno alla vita. Ma produce anche un fenomeno linguistico di tale portata da guadagnarsi le pagine delle prestigiosa rivista Science . Anselmo Alemàn, povero ed analfalbeta come tanti altri bambini sordi in Nicaragua, fino a quindici anni era recluso dentro le mura della sua casa a Bluefields sulla costa atlantica: solo un linguaggio dei gesti rudimentale gli consentiva di comunicare con i parenti. Il suo handicap da quelle parti era vissuto come una vergogna da non mostrare a nessuno, che precludeva ogni futuro. L’incontro con gli altri
Ma la vita di Anselmo cambia improvvisamente - siamo nel 1995 - quando arriva, insieme al marito James, Judy Shepard-Kegl, una linguista americana che ha avuto dal governo l’incarico di fondare anche a Bluefields (ne ha già create altre sulla costa del Pacifico), una scuola per sordi. Anselmo si trova per la prima volta insieme a ragazzi come lui - nelle stesse condizioni di isolamento linguistico e culturale - scovati dai due insegnanti nell’entroterra e sulla costa.
E si ripete anche lì il miracolo che nel 1986 aveva portato James e Judy in Nicaragua, su richiesta del Ministero dell’educazione, che non riusciva a capire uno strano fenomeno comparso dopo che il governo, in seguito alla rivoluzione Sandinista del ’79, aveva deciso di creare scuole per sordi. Il fatto che mentre gli insegnanti cercavano di far imparare ai non udenti come leggere le parole sulle labbra e a scrivere in spagnolo, gli «scolari» fuori dalla classe, in cortile e ovunque si ritrovavano finalmente liberi, continuassero ad utilizzare, modificandolo ed elaborandolo, quel gesticolare rozzo che avevano imparato fra le mura domestiche, fino a trasformarlo in un linguaggio, con una propria grammatica e una straordinaria ricchezza di vocabolario.
Una vera sintassi
Judy si rende subito conto di trovarsi di fronte ad un avvenimento straordinario, la nascita di un nuovo linguaggio gestuale. Tanto che annota: «Ho l’impressione che questi bambini si esprimano come se avessere davanti un libro di regole».
La stessa alchimia di gesti si ripete sulla costa atlantica del Nicaragua e il nostro Anselmo, che queste regole sembra saperle inventare con grande disinvoltura, diventa uno degli insegnanti della sua scuola. Il fenomeno è così interessante da attirare l’attenzione delle università americane che gridano al miracolo e coniano l’espressione «Nicaraguan Sign Language». Uno dei primi esperti a volare qui dagli Stati Uniti nei primi anni Novanta è Ann Senghas del Barnard College di New York.
La linguista cerca di mettere a fuoco il tipo di grammatica spaziale che caratterizza questo nuovo linguaggio, straordinario perché capace di esprimere oltre a cose concrete e bisogni, anche un ampio repertorio di idee astratte.
La creatività
L’utilizzo dello spazio è, ovviamente, comune a tutti i linguaggi non verbali come strumento per comunicare idee complesse o descrivere oggetti; la ricercatrice nota, però, che gli architetti principali di questa grammatica, particolarmente efficace ed elaborata, sono i bambini sotto i dieci anni, arrivati in tempi più recenti nelle scuole (queste hanno inizialmente reclutato bambini di varia età, anche adolescenti, poi via via, sempre più piccoli). Rilievo, quest’ultimo, che sta suscitando un enorme interesse perché rafforzerebbe l’idea che esista un linguaggio dei segni innato, una sorta di talento naturale che si perde poi con l’apprendimento del linguaggio verbale. E quanto più il bambino è piccolo tanto più riesce ad inventare una grammatica spaziale ricca e complessa.
All’origine del fenomeno
«Queste osservazioni riaccendono il dibattito sull’origine del linguaggio che vede ancora oggi divisi gli esperti fra pro-innatisti e pro-culturalisti - commenta Omar Calabrese, docente di semiotica all’Università di Siena -. C’è chi sostiene che la base del linguaggio è innata; c’è, viceversa, chi è convinto della totale dipendenza di quest’ultimo dall’apprendimento. Io credo, però, che l’eccezionalità di questo nuovo linguaggio dei segni stia nella sua origine inusuale: bambini segregati, vissuti per anni senza relazioni col mondo, improvvisamente entrano in contatto e sperimentano la libertà di un nuovo gruppo sociale. La cui forza innovativa è, ovviamente, anche inventare un linguaggio».
«Il fenomeno - prosegue Calabrese - ricorda la nascita dei cosiddetti linguaggi pidgin ; quando dialetti diversi sono venuti in contatto, com’è avvenuto nelle piantagioni di banane della Nuova Guinea quando vi sono confluiti i nativi delle isole, si è creata una mescolanza di idiomi, un linguaggio misto, il pidgin , appunto. Le generazioni successive lo hanno poi raffinato, elaborato, definito fino a trasformarlo nel creolo. Mi sembra che la grande creatività dei più piccoli sia da interpretare alla luce di questi precedenti storici. Ma possiamo tirare in ballo anche esempi più vicini a noi, come il linguaggio della mafia o il gergo giovanile».
Un gene dei gesti
«C’è un altro aspetto interessante; - aggiunge Sandro Burdo, audiologo di Varese, esperto di sordità infantile - uno strano conflitto che sembra emergere fra il linguaggio orale e quello dei segni. Nella nostra esperienza con i bambini sordi cui viene innestato un impianto cocleare (complesso dispositivo che dopo una lunga rieducazione, consente di riacquistare l’udito, n.d.r.) abbiamo constatato uno strano fenomeno: quelli che hanno imparato il linguaggio dei gesti hanno maggiori difficoltà nell’apprendere quello orale».
«Viene da chiedersi - conclude l’audiologo - e in questo senso mi pare interessante il fenomeno del Nicaragua, se non esista un gene del linguaggio gestuale che viene poi inibito dall’apprendimento lessicale. Quello che sta accadendo in America Latina è, perciò, un processo che nella sua straordinarietà può fornici indicazioni preziose per la riabilitazione della sordità infantile in tutto il mondo».

FRANCA PORCIANI

--------------

L’IPOTESI DELL’INNATISMO

Tutte le lingue nascono

La straordinaria versatilità dei bambini più piccoli nel creare una grammatica sofisticata nella comunicazione gestuale in Nicaragua riaccende l’ipotesi che il linguaggio sia sostanzialmente innato. A supporto di questa teoria sta una lunga serie di ricerche; da quelle del linguista Noam Chomsky, negli anni Sessanta, alle più recenti pubblicate soprattutto dalla rivista Science. Secondo Chomsky, la comunicazione linguistica dell’uomo dipende da regole scritte nel cervello, simili in tutte le lingue, che rispecchiano una «grammatica universale». A suo favore stanno anche le ricerche di John Locke, dell’Università di Cambridge, grande studioso del linguaggio infantile, secondo le quali gli esseri umani nascono con un corredo innato di suoni (presenti in tutte le culture), un bagaglio, cioè, di «parole primitive». Ipotesi rafforzata da una ricerca pubblicata nel 2000 da Peter MacNeilage dall’Università del Texas, che ha analizzato i suoni dei bambini piccoli di culture diverse (inglese, francese, svedese e giapponese) scoprendo che questi (da-da, ta-ta, ma-ma) sono uguali in tutto il mondo. Negli ultimi anni si è anche andati in cerca dei geni che sovrintendono al meccanismo del linguaggio e il primo è stato scoperto di recente (vedi box accanto). Ma è una strada tutta da percorrere. Secondo il genetista e biologo dello sviluppo Edoardo Boncinelli c’è un complesso di geni che comandano un certo numero di processi, sia motori, come la sillabazione, sia mentali. L’ambiente, poi, selezionerebbe i parametri, come se il cervello avesse un pannello di interruttori che vengono messi in off-on a seconda degli stimoli. È anche vero, comunque, che ad un certo punto dello sviluppo del bambino, la cultura seleziona alcuni suoni innati e ne elimina altri. Nella lingua italiana, ad esempio, quelli gutturali scompaiono, nell’olandese restano.


http://www.edscuola.it
http://www.edscuola.com
Mail: redazione@edscuola.com
Date: 28 Oct, 2001 on 18:03
Una storia di miseria e di emarginazione
Post a new topic Reply to this Topic Printable Version of this Topic
All times are GMT +2. < Prev. Page | P.1 | Next Page >
Go to:
 

Powered by UltraBoard 2000 Personal Edition,
Copyright © UltraScripts.com, Inc. 1999-2000.

Archivio
Archivio Forum
Archivio Rassegne