Il tempo di crescere

BOLOGNA — Ragazzi tra i 10 ed i 15 anni e tempo libero. Un binomio temuto dai genitori che, in genere, tendono ad associare le ore in cui i ragazzi sono senza il controllo di un adulto, ad occasioni per fumare, bere alcolici o peggio ancora per drogarsi.
Ma davvero il tempo libero di questi giovani è un rischio e non piuttosto un'opportunità di crescita? Una domanda difficile, tenuto conto che la fascia di età tra i 10 ed i 15 anni, ad oggi, non è mai stata oggetto di analisi, nonostante in Europa rappresenti il 5,9 per cento della popolazione ed in Italia, il 5,7 per cento. Una lacuna che il Philip Morris Institute e la Fondazione Alma Mater dell'Università di Bologna hanno cercato di colmare con un progetto poliennale, coordinato da un Comitato scientifico presieduto da Pierpaolo Donati, direttore del dipartimento di Sociologia dell'Università di Bologna. Prima tappa dei lavori, la tre giorni, appena terminata a Bologna, dedicata a «Il tempo non tutelato dei giovani nell'Unione Europea: rischi ed opportunità». Molte le sorprese emerse.
La ricerca, commissionata al Totman Stride Research e svolta in Germania, Portogallo ed Italia, ha evidenziato come «il problema del tempo libero senza il controllo di un adulto, in realtà — precisa Ivo Colozzi, docente di Sociologia economica alla facoltà di Scienze politiche —, riguarda solo il 20 per cento dei ragazzi tra i 10 ed i 15 anni. Infatti, lྌ per cento di loro, anche se dopo la scuola va a casa da solo, trova un adulto ad aspettarlo». Un dato contrario alla percezione che del fenomeno, hanno i 3000 insegnanti e genitori intervistati. Infatti, il 42 per cento degli adulti in Germania, il 38 per cento in Italia ed il 48 per cento in Portogallo ritiene che i ragazzi non siano sorvegliati dopo la scuola. Con l'aggiunta che per italiani (66 per cento), portoghesi (62 per cento) e tedeschi (28 per cento), questo è un problema molto serio: in queste ore si possono drogare, rubare e bere alcolici. Tra i dati vi sarebbe un'apparente discrepanza, derivata dal fatto che «gli adulti, nel rispondere, — spiega Colozzi — non si basano sulla propria esperienza, ma su immagini fornite dai media». E qui c'è il vero rischio, «l'allarme sociale nasce da quel 2 o 3 per cento di casi che hanno un grande impatto mediatico».
Ma cosa piace fare ai ragazzi? In verità, niente di speciale: ascoltare musica e girare per strada con gli amici (84 per cento), fare sport (54 per cento), giocare in casa (45 per cento) e guardare la tv (18 per cento).
I figli tra i 10 e 15 anni per 930 coppie italiane restano, comunque, fonte di ansia e preoccupazione, stando all'indagine di Eta Meta per il mensile «Al». In media il 37 per cento dei genitori trascorre un'ora con i figli, per lo più di sera, alle due ore arriva solo il 21 per cento. Se la famiglia è riunita, il 41 per cento guarda la tv, il 19 parla della giornata ed il 17 gioca. Vero è che il 29 per cento dei ragazzi passa il proprio tempo da solo, mentre il 23 per cento sta con gli amici e solo il 17 per cento con i nonni. A sorpresa, il principale mezzo di controllo per il 24 per cento dei genitori è il cellulare, mentre alla portinaia si affida il 23 per cento ed ai nonni il 19 per cento. In prospettiva, il 43 per cento dei genitori sostiene che il compito di vigilare sui ragazzini spetta alla scuola, il 29 per cento pensa a se stesso ed il 12 per cento coinvolge genericamente «tutta la società».

di Federica Gieri