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662 del 01.07.1997- ISSN
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Scuola e servizi, nuovi orari a misura di giovani |
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1. Scuola e servizi, nuovi orari a misura di giovani |
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da Il Tempo Venerdì 26 Ottobre 2001 Scuola e servizi, nuovi orari a misura di giovani QUANTO tempo trascorrono soli i ragazzi? Come e dove passano le ore tra la scuola e la famiglia? Che relazione esiste tra i ragazzi europei e la strada? Il tempo in cui i ragazzi sono senza la compagnia di un adulto è un rischio o un'opportunità? Questi e altri, i temi discussi in questi giorni in un convegno di studio promosso dalla Fondazione Alma Mater dell'Università di Bologna e dall'Institute The Philips Morris al quale intervengono ricercatori e sociologi che in Europa si occupano dello studio dell'adolescenza e del tempo libero dei giovani fra i 10 e i 15 anni. Un'indagine realizzata da Eta Meta su una campionatura di 930 coppie italiane, entrambi lavoratori e con almeno un figlio, ci consegna dati interessanti. Per 2 genitori su 3, i figli sono soprattutto fonte di ansia e di preoccupazione. Ma meno di quanto si possa pensare: a 11-12 anni già «dotati di chiavi di casa» e di «ampia libertà di movimento». Cade quindi il mito dei figli mammoni? No, ma la vita moderna, ha fatto sì che questa generazione trascorra in media dalle 3 alle 5 ore al giorno completamente da sola. La colpa è della scuola che non si è adattata ai «nuovi orari». Una coppia di genitori su quattro ammette di passare circa 1 ora al giorno con i figli, e solo il 12% delle coppie riesce a «ritagliare più di due ore al giorno». La sera è il momento in cui ci si ritrova tutti insieme (54%), ma il tempo viene per lo più impegnato «guardando la televisione» (41%). Solo il 19% dice di passare questo tempo «parlando della giornata». La giornata? Un figlio su tre (29%) la passa da solo, mentre, dicono i genitori, il 23% la trascorre con gli amichetti. In forte calo i nonni-baby sitter (17%). Malgrado questi dati, i genitori esprimono un bisogno sempre più forte: i bambini vanno tenuti sotto controllo. Ma a chi spetta questo ruolo? Quattro intervistati su dieci (43%) non hanno dubbi: è la scuola a dover svolgere questo compito. Il 36% conferma che la scuola dovrebbe «vigilare» e prepararli alla «vita vera». Il prof. Pier Paolo Donati, coordinatore del convegno, avanza alcune proposte: «Occorre impegnarsi perché le politiche per il tempo dei ragazzi siano fortemente di tipo societario, cioè che siano i soggetti della società civile ad educare i ragazzi ad un buon uso del tempo». Questo significa anche un cambiamento delle regole del tempo nel mondo del lavoro e delle istituzioni pubbliche mirato ad uno scambio educativo intergenerazionale. Significa un sistema scolastico e una comunità educativa fortemente legate al contesto locale e centri di organizzazione del tempo libero dei ragazzi anche fuori dalla scuola, con esperienze di tempo prolungato gestito da associazioni qualificate. Può voler dire la creazione di reti di famiglie e o altre forme associative che organizzano il tempo libero dei ragazzi. Fondamentale diventa la creazione di figure come gli educatori e i tutor del tempo libero e dello sport, delle attività di ricreazione, di musica, e in generale coloro che sapranno sviluppare il «lavoro sociale di rete» con i ragazzi. Può significare la creazione di misure che consentano a genitori, insegnanti, educatori, operatori sociali, di poter disporre di tempi alternativi al lavoro per l'organizzazione di attività con gli adolescenti. Occorre infine aiutare i nostri ragazzi a capire che il tempo è una risorsa non illimitata.
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Date: 26 Oct, 2001 on 17:45 |
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