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Il copyright fa bene se dura poco
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Corriere della Sera - Economia
Venerdì 26 Ottobre 2001

GURU «Così vedo il futuro della Rete»

Il copyright fa bene se dura poco

E’ la ricetta di Derrick De Kerckhove per conciliare proprietà intellettuale e Internet gratuito (tipo Napster)


La crisi della Net economy, l’emergenza sicurezza dopo l’attentato alle Twin Towers di Manhattan, il progresso tecnologico, le furiose battaglie legali sui temi del copyright: questi e altri fattori stanno accelerando l’ingresso della Rete in una nuova fase evolutiva di cui è ancora difficile distinguere i contorni. Come sarà, dunque, questa «Internet 2» di cui gli analisti annunciano l’imminente avvento? Derrick De Kerckhove - lo studioso canadese considerato l’erede di McLuhan e il massimo esperto mondiale di teoria dei media - ha formulato alcune previsioni chiave incontrando un gruppo di docenti e di esperti all’Università Statale di Milano.
De Kerckhove spazia sui vari fronti della mutazione in atto: tecnologia, economia e politica. Particolarmente interessante la sua analisi economica, nel corso della quale esprime opinioni decisamente controcorrente. In primo luogo, «riabilita» l’euforia borsistica degli anni scorsi, in opposizione a chi ne parla in termini di bolla speculativa: «Senza le aspettative e gli entusiasmi suscitati dal fenomeno - dice - non avremmo assistito al rapido sviluppo di tecnologie, infrastrutture e servizi degli ultimi anni». Successivamente invita a prendere finalmente atto che i processi di virtualizzazione delle merci e dei capitali hanno cambiato le regole del gioco: «Non è vero che Internet non produce denaro, la verità è piuttosto che la produttività della Rete non è misurabile in termini di profitti immediati, ma piuttosto in termini di accelerazione delle transazioni finanziarie e commerciali e di ampliamento del mercato dei servizi».
Quindi, riferendosi all’attentato di New York, aggiunge che i suoi effetti hanno offerto un’ulteriore prova che oggi non contano più i «fatti», bensì il «rumore» mediatico, concludendone che è inutile sperare in un ritorno alla «normalità»: «Oscillazioni e instabilità continueranno anche in futuro, visto che ormai viviamo in un sistema economico caratterizzato dalla comunicazione e dal waporware».
Insomma: interpretare la nuova realtà con gli occhiali dell’era industriale è sbagliato, così com’è sbagliata l’ostinazione con cui i «crociati» del copyright tentano di sradicare il fenomeno dello scambio di file attraverso le reti peer to peer o di screditare il software free e open source. Perciò, tirando le orecchie alle case discografiche e alla Microsoft - impegnate a combattere fenomeni come Napster e Linux - De Kerckhove sostiene che proprietà intellettuale e open source dovrebbero imparare a convivere - con reciproco vantaggio, visto che la prima garantisce i capitali necessari allo sviluppo della Rete e il secondo offre un importante contributo all’innovazione e alla sperimentazione - e aggiunge che per mantenere un giusto equilibrio fra i due fattori «basterebbe procedere a una drastica riduzione dell'estensione temporale di copyright e brevetti». Per ottenere tale risultato, tuttavia, occorrono nuove leggi, il che ci porta all’argomento del futuro politico della Rete: «I teorici americani dell’ultraliberismo, come John Perry Barlow, mi considerano un vecchio "statalista" canadese, ma io resto convinto che bisognerebbe ottenere quanto prima un "bill of information rights" che estenda le condizioni della democrazia repubblicana allo spazio della Rete». Questo perché nella polis virtuale esistono spazi pubblici e spazi privati, come nella polis fisica, e per rendersene conto basta paragonare Internet al linguaggio: «Il linguaggio non appartiene a nessuno, benché ognuno di noi ne faccia un uso privato, perciò ritengo giusto che i governi garantiscano l’accesso a Internet a prezzi calmierati, tutelino l’uso didattico e educativo della Rete, proteggano i risultati della ricerca scientifica dall’appropriazione privata, difendano protocolli e standard dai rischi di privatizzazione. E dovrebbero garantire anche una maggiore partecipazione dei cittadini-elettori all’organizzazione sociale e politica: così avrebbero maggiori opportunità di ottenerne il consenso in situazioni come quella che si è creata dopo l’11 settembre, che richiedono di limitare la libertà e la privacy».
Parlando di privacy ecco introdotto il terzo e ultimo argomento, quello del progresso tecnologico. De Kerckhove mette in luce un paradosso: la diffusione delle tecnologie wireless è lo strumento più adatto per combattere il cosiddetto digital divide (cioè il divario tra chi ha e chi non ha strumenti e cultura tecnologica) e «portare Internet ai poveri», visto che le batterie arrivano dove non arriva la rete elettrica, ma al tempo stesso aumenta le possibilità di controllo e tracciamento. «L’elettronica - ammonisce riprendendo un concetto del maestro McLuhan - ci rende "trasparenti", ma quante più cose si sanno di noi, tanto più siamo esposti al rischio di perdere la nostra identità, la quale presuppone un minimo di "opacità" del soggetto, se non addirittura a quello di essere trasformati in una sorta di organo di riproduzione del mondo elettronico».
Ecco perché, aggiunge, è auspicabile che vengano fissati rigorosi limiti di tempo per i provvedimenti di emergenza adottati in questi giorni. Infine ci regala una previsione meno inquietante, per la gioia dei fan delle tecnologie fantascientifiche: «Il futuro ci riserva uno spettacolare miglioramento delle prestazioni dei motori di ricerca grazie agli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale. Forse non è lontano il giorno in cui basterà lanciare un’occhiata sullo schermo per vedere comparire l’informazione desiderata».

Carlo Formenti


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Date: 26 Oct, 2001 on 17:09
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