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Cnr, i guai di una riforma realizzata a metà
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1. Cnr, i guai di una riforma realizzata a metà
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da La Stampa
Venerdì, 26 Ottobre 2001

Il presidente dell'ente e i rappresentanti dei ricercatori replicano alla proposta di Marcello Pacini
Cnr, i guai di una riforma realizzata a metà

di Lucio Bianco*

In un articolo del 20 ottobre l'on. Marcello Pacini riprende il discorso della insufficiente capacità di ricerca scientifica del nostro paese proponendo una drastica ricetta: l'abolizione del Cnr che, a suo dire, «era e resta inadeguato ai bisogni del paese». Innanzitutto, se è pur vero che il Cnr è il più grande e più antico ente di ricerca pubblico, centrale per lo sviluppo di tutta la ricerca italiana, esso non può essere additato, nel bene e nel male, come unico protagonista.

Mi sembra che il sistema universitario, gli altri enti di ricerca e ancora di più la ricerca industriale siano componenti non trascurabili, anche in termini di finanziamenti pubblici, del nostro sistema scientifico. Ma veniamo al merito della proposta Pacini. Egli attribuisce al carattere generalista del Cnr, cioè di un ente che si occupa di una pluralità di discipline, la ragione di fondo della sua inadeguatezza e propone come modello alternativo una costellazione di fondazioni, ognuna specializzata in uno specifico settore, che dovrebbero operare con finalità pubbliche, in regime di diritto privato.

Voglio esprimere un totale disaccordo con il modello non tanto per la natura privatistica di queste fondazioni (la celebre Max Planck tedesca è privata), ma perché esso realizzerebbe una segmentazione del sapere in controtendenza rispetto alle esigenze della ricerca scientifica moderna che deve conservare e potenziare, oggi più che mai, forti caratteristiche di interdisciplinarità e multidisciplinarità. D'altronde proprio questa valenza generalista del Cnr ha consentito la nascita di settori nuovi, quali l’informatica o la biologia molecolare, che successivamente si sono consolidati trovando spazio anche nelle Università. Così come nel Cnr si sono sviluppati i nuclei originari da cui sono nate istituzioni di ricerca autonome come Infn, Cnen e Asi.

Molti meriti scientifici internazionali dell’Italia sono da attribuirsi proprio all'attività del Cnr. Venendo alle discipline umanistiche, che per Pacini dovrebbero essere di competenza solo delle università, il loro contributo è determinante in molti campi: basti citare i Beni Culturali, in cui l'Italia è all'avanguardia, per rendersi conto che senza la collaborazione di ingegneri, fisici, chimici, informatici, archeologi e storici non sarebbe possibile conseguire risultati significativi. Quanto alla tesi secondo cui la riduzione della macrodimensione accrescerebbe la capacità progettuale del sistema, mi limito a ricordare che l'ultima novità significativa in termini di progettazione scientifica sono stati proprio i Progetti Finalizzati del Cnr, l'unica grande iniziativa di ricerca coordinata a livello nazionale che ha coinvolto tutta la comunità scientifica.

In merito al Cnr attuale va detto che il legislatore, con il decreto di riordino n. 19/99 ne ha profondamente modificato l'organizzazione scientifica ed amministrativa conservando tuttavia opportunamente la missione di promozione della ricerca ad ampio spettro. Questa peculiarità ha permesso all'ente di acquisire flessibilità e capacità di relazione con tutto il mondo scientifico nazionale ed internazionale, un valore aggiunto indispensabile per far spazio al «nuovo». Che non nasce tanto dalla programmazione quanto dalle persone che interagiscono. Perché ciò continui, occorre che il Cnr resti un punto di riferimento nazionale aperto a tutte le componenti della comunità scientifica. Un primo giudizio positivo sul Cnr di oggi è stato dato dal Comitato internazionale di valutazione. Un giudizio che non fa che confermare quanto riportato nell'ultimo Report della Commissione Europea sulla ricerca, che colloca il Cnr nettamente al primo posto in Italia in termini di produttività scientifica.

Vorrei comunque ribadire che riforme di questa portata richiedono risorse finanziarie aggiuntive senza le quali qualunque disegno, anche quello ipotizzato da Pacini, è destinato a restare sulla carta. Per concludere, una notazione e una proposta. L'on. Pacini definisce impiegati i ricercatori del Cnr: userebbe lo stesso termine a proposito dei professori universitari, rispetto ai quali i ricercatori pubblici hanno sicuramente pari dignità? Quanto alla proposta, sarebbe il caso di aprire finalmente un forum serio sulla ricerca italiana basandoci sui dati reali e sugli indicatori utilizzati a livello internazionale per valutare la qualità scientifica. Sono certo che il Cnr ne uscirebbe bene e molti si convincerebbero che, se questo ente non esistesse, bisognerebbe crearlo nell'interesse del paese.

*presidente Consiglio Nazionale delle Ricerche


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Date: 26 Oct, 2001 on 07:03
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