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Abolire il Cnr per salvare la ricerca scientifica
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1. Abolire il Cnr per salvare la ricerca scientifica
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da La Stampa
Sabato, 20 Ottobre 2001

Nato negli anni venti, l'istituto è inadeguato alle necessità. Aumentarne i contributi pubblici sarebbe un nuovo spreco

Abolire il Cnr per salvare la ricerca scientifica

di Marcello Pacini*

In Italia esiste un largo consenso nel giudicare negativamente la nostra capacità di ricerca scientifica e nell'auspicare un aumento degli investimenti per raggiungere la media europea. E’ diffusa cioè la convinzione che la modestia dei risultati possa essere corretta con interventi finanziari. Nulla di più falso. Aumentare le risorse finanziarie agli enti di ricerca pubblica senza prendere preliminarmente provvedimenti di radicale riforma avrebbe come conseguenza solo un nuovo spreco di risorse. I veri nodi da sciogliere sono di natura organizzativa e di risorse umane.

Dobbiamo dotarci di una buona struttura organizzativa, flessibile ,efficace, capace di premiare il merito, di attirare le intelligenze e di espellere i mediocri. Prendiamo il caso del Cnr, questo grande organismo nato negli anni venti ,con lo scopo di gestire e indirizzare la ricerca italiana in tutto lo scibile umano. Esso è stato riformato nel gennaio 1999, ma si è trattato di una riforma apparente, perché non ha inciso sulla sostanza dei problemi: il Cnr era e resta inadeguato ai bisogni del paese. L’unica via che ci permetterebbe di impostare il problema della ricerca scientifica in Italia con speranze di successo è di tipo radicale: abolire il Cnr,così come abbiamo deciso la liquidazione dell'Iri e attendiamo la privatizzazione di Eni ed Enel. Il Cnr andrebbe in primo luogo «frammentato».

Oggi dentro il Cnr convive tutto lo scibile umano e, per esempio, le discipline giuridiche e umanistico-letterarie convivono con la bio-chimica e le ricerche sui nuovi materiali. Attraverso la frammentazione del Cnr si potrà costituire una costellazione di fondazioni scientifiche specializzate, autonome, che daranno vita, con i loro progetti, a una trasparente competizione nel mercato delle risorse pubbliche e private. La ricerca di base in Italia è destinata,ancora per molti anni, a restare prevalentemente pubblica ma i suoi criteri organizzativi possono mutare radicalmente attraverso le fondazioni scientifiche che si collocheranno all'interno del terzo settore, con finanziamenti e finalità pubbliche ma con tecniche gestionali di tipo privato.Così come oggi esistono le fondazioni di origine bancaria domani esisteranno le fondazioni di origine Cnr. Attraverso la riduzione della macrodimensione a entità più capaci di progettualità si potrà anche dare una risposta positiva alla richiesta di autonomia e di coinvolgimento nelle decisioni che oggi tanti ricercatori chiedono.

La ripartizione delle risorse pubbliche potrà avvenire sulla base di vere e proprie gare di appalto, cui parteciperanno le fondazioni scientifiche, con i loro progetti ben descritti, trasparenti,che permetteranno di misurare i risultati sperati e effettivamente conseguiti. In questo quadro compito del governo e del parlamento non sarà quello di deliberare risorse per mantenere in piedi le strutture esistenti (oggi si delibera nell'interesse degli impiegati del Cnr, non di un'effettiva progettualità di ricerca) ma per realizzare obbiettivi di ricerca scientifica liberamente proposti dalle fondazioni. Il governo e il parlamento potranno assumere impegni di spesa pluriennali diversi, secondo la durata dei progetti. Le discipline umanistiche hanno esigenze differenti dalle discipline scientifiche. La ricerca umanistica potrà trovare le sue più appropriate soluzioni in questo schema flessibile, soluzioni che la porteranno, probabilmente, a una maggiore valorizzazione del rapporto con l’università.

Esiste naturalmente il grande problema del come procedere in concreto. A mio parere occorre legiferare che fra quattro anni, comunque a una data certa, il Cnr, così come oggi lo conosciamo, non sarà più finanziato. Da subito, e per tutto il periodo transitorio dei prossimi quattro anni,sarà possibile costituire le fondazioni scientifiche a partire, ma non necessariamente, da uno o più istituti Cnr esistenti. La costituzione delle nuove fondazioni nei primi quattro anni dovrà essere iniziativa libera e volontaria dei ricercatori e in genere dell'attuale personale del Cnr. Una corsia privilegiata potrà essere prevista per i ricercatori italiani oggi all'estero che vorranno rientrare in patria.

Le nuove fondazioni,in sede di atto costitutivo,presenteranno i loro primi progetti ,elemento sostanziale del loro riconoscimento,e riceveranno le risorse finanziarie per la loro realizzazione. Per quattro anni dovranno quindi convivere due organizzazioni della ricerca finanziata con risorse pubbliche: il Cmr tradizionale, con risorse progressivamente minori, e una organizzazione nuova,fatta di tanti soggetti autonomi, le fondazioni scientifiche, che riceverà anche tutte le maggiori risorse che il governo e il parlamento riusciranno a reperire. Al personale Cnr si potrà offrire una pluralità di scelte da farsi valere tassativamente nei prossimi cinque anni: partecipare alla costituzione delle nuove fondazioni scientifiche, passare nelle università con compiti didattici o tecnici, uscire dal sistema dell'impiego pubblico con qualche forma di incentivazione.

Questo schema organizzativo avrà naturalmente come conseguenza la privatizzazione del rapporto di impiego dei ricercatori non più Cnr ma dipendenti delle fondazioni scientifiche. Questa prospettiva solleverà le proteste degli interessati, e soprattutto, fra questi, dei mediocri: vincere queste, e le altre numerosissime resistenze, è compito della politica. Il governo e il parlamento dovranno essere sostenuti, in questa difficile opera, da una convinzione: sono in gioco i destini dell'Italia. Senza una politica della scienza forte e lungimirante non si salvano nè l'autonomia politica, economica e culturale nè la prosperità del paese: il mondo corre veloce e il rischio che il ritardo diventi incolmabile è reale. Le difficoltà non devono quindi spaventarci, semmai spronarci a fare presto e bene.

*Deputato di Forza Italia e membro della Commissione cultura della Camera


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Date: 20 Oct, 2001 on 08:37
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