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Così la scuola trasloca in Regione
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1. Così la scuola trasloca in Regione
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da Il Sole 24 Ore
Giovedí 04 Ottobre 2001

Il referendum sul federalismo - Competenze ambigue sull'istruzione - Amato: la cultura resti allo Stato

Così la scuola trasloca in Regione

Aspro scontro tra i poli anche sulle modalità del trasferimento di funzioni in materia sanitaria e di sicurezza

Luca Ostellino

ROMA - L'aspro confronto tra la riforma "ulivista" approvata a stretta maggioranza dal Parlamento nella scorsa legislatura - le modifiche al capitolo V della seconda parte della Costituzione oggetto del referendum confermativo di domenica prossima - e il progetto federalista "via devolution" promosso dalla Casa delle libertà, è sostanzialmente incentrato sulle modalità e i contenuti del trasferimento di funzioni dallo Stato centrale alle Regioni. Con i limiti che ogni definizione e semplificazione porta inevitabilmente con sé, si può comunque ragionevolmente sostenere che a confrontarsi sono, nel primo caso, una sorta di "federalismo minimo solidale" o, meglio ancora, di "regionalismo rafforzato", che si pone in continuità con quanto fatto finora in termini di autonomia e decentramento, e, nel secondo, di "devoluzione spinta a più velocità" o di "federalismo progressivo" (o «selvaggio», come lo ha definito Giuliano Amato), che rappresenta invece un elemento di forte cambiamento o addirittura di rottura con il passato. Per mettere meglio a fuoco le due visioni del processo federalista può risultare utile fare riferimento alla diversa impostazione relativa alla competenza di Stato e Regioni su tre materie: sanità, scuola e sicurezza locale. La nuova formulazione dell'articolo 117 della Costituzione del progetto messo a punto dal ministro delle Riforme e della devolution Umberto Bossi prevede infatti che ogni Regione possa attivare, per ora e in base all'accordo con gli alleati della Cdl, la propria «competenza esclusiva» in queste tre materie. Ripartendo dalla versione originale della Costituzione del ཬ, la Cdl intende così aggiungere alle materie su cui le Regioni hanno potestà legislativa anche la gestione del sistema sanitario, l'istruzione, e l'ordine pubblico locale. Senza però "obbligare" le Regioni ad attivare subito o su tutte e tre le materie la loro competenza esclusiva, ma lasciandole libere di decidere se farlo o meno in base alle rispettive risorse, capacità organizzative, alla loro tradizione, e così via. Da qui le "diverse velocità" che l'impostazione di Bossicomporta e la progressiva devoluzione di nuove competenze esclusive in ulteriori campi, con le Regioni in grado di attivarsi prima a fare da traino per il resto del Paese. Che non viene comunque abbandonato a se stesso, ma riceve dallo Stato tutti i servizi relativi alle materie su cui ha scelto, per il momento, di non avere competenza esclusiva. La riforma approvata dal Centro-sinistra, invece, ribalta la formulazione dell'articolo 117 del ཬ e divide la potestà legislativa in tre parti (la prima esclusiva dello Stato, di cui sono elencate le materie di competenza esclusiva, la seconda concorrente, riservando allo Stato la definizione dei principi generali e alle Regioni tutto il resto, la terza esclusiva delle Regioni su tutte le materie rimanenti). Per ciò che riguarda le tre materie in questione - ossia sanità, che peraltro è già stata in parte decentralizzata, istruzione e sicurezza locale - nel primo caso troviamo la «tutela della salute» tra le materie di legislazione concorrente. Quindi, per il sistema sanitario, lo Stato è chiamato a dettare i principi generali e, nell'ambito di questi ultimi, le Regioni hanno potestà legislativa su tutto il resto. Più complesso è il campo dell'istruzione, che si trova allo stesso tempo tra le materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato alla lettera n del secondo comma del nuovo articolo 117 (norme generali sull'istruzione) e tra le materie di legislazione concorrente (istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale). Per ciò che riguarda l'ordine pubblico e la sicurezza, questo rientra nella legislazione esclusiva dello Stato, «a esclusione della Polizia amministrativa locale». L'articolo seguente (il nuovo 118) prevede poi che «la legge statale disciplina forme di coordinamento tra Stato e Regioni» in materia di ordine pubblico. Nel dibattito fra le due diverse posizioni, mentre il Centro-destra accusa la riforma dell'Ulivo di non concedere poteri sufficienti alle Regioni e di essere sostanzialmente centralista, il Centro-sinistra lancia l'allarme su ogni ipotesi di competenza esclusiva regionale su materie che riguardano diritti fondamentali quali sanità e scuola. Non sarebbe garantita uniformità nelle prestazioni e si creerebbero cittadini di serie A e B, minacciando, al tempo stesso l'unità del Paese. Proprio ieri, dall'Ulivo è venuto un appello contro la devolution «selvaggia», che rischia di mettere a repentaglio l'unitarietà del sistema di istruzione italiano e la cultura nazionale, in favore di una scuola decentrata ma unitaria. Amato, Luigi Berlinguer e Maria Grazia Pagano dei Ds si sono rivolti a docenti, famiglie e studenti per chiarire le ragioni di un voto affermativo al referendum e sottolineare che in gioco è, appunto, il futuro e l'unità della scuola. L'approvazione della riforma costituzionale, hanno affermato al Senato, consentirà di avere un sistema scolastico adeguato alle esigenze concrete di ciascuna realtà locale e, al tempo stesso, «garante di un elevato livello del sistema di formazione sul territorio nazionale, senza cedere a chi vuole fare della scuola un nuovo terreno di discriminazione sociale: fra chi potrebbe permettersi di frequentare istituti scolastici di alta qualità e chi dovrebbe accontentarsi di scuole di qualità inferiore». Le preoccupazioni dell'Ulivo sono «strumentali e infondate»: la legge oggetto del referendum «può infatti creare gravi problemi, in quanto non stabilisce con chiarezza cosa spetta fare allo Stato e cosa alle Regioni», ha replicato il responsabile scuola di An Giuseppe Valditara. www.ilsole24ore.com/politicaROMA - L'aspro confronto tra la riforma "ulivista" approvata a stretta maggioranza dal Parlamento nella scorsa legislatura - le modifiche al capitolo V della seconda parte della Costituzione oggetto del referendum confermativo di domenica prossima - e il progetto federalista "via devolution" promosso dalla Casa delle libertà, è sostanzialmente incentrato sulle modalità e i contenuti del trasferimento di funzioni dallo Stato centrale alle Regioni. Con i limiti che ogni definizione e semplificazione porta inevitabilmente con sé, si può comunque ragionevolmente sostenere che a confrontarsi sono, nel primo caso, una sorta di "federalismo minimo solidale" o, meglio ancora, di "regionalismo rafforzato", che si pone in continuità con quanto fatto finora in termini di autonomia e decentramento, e, nel secondo, di "devoluzione spinta a più velocità" o di "federalismo progressivo" (o «selvaggio», come lo ha definito Giuliano Amato), che rappresenta invece un elemento di forte cambiamento o addirittura di rottura con il passato. Per mettere meglio a fuoco le due visioni del processo federalista può risultare utile fare riferimento alla diversa impostazione relativa alla competenza di Stato e Regioni su tre materie: sanità, scuola e sicurezza locale. La nuova formulazione dell'articolo 117 della Costituzione del progetto messo a punto dal ministro delle Riforme e della devolution Umberto Bossi prevede infatti che ogni Regione possa attivare, per ora e in base all'accordo con gli alleati della Cdl, la propria «competenza esclusiva» in queste tre materie. Ripartendo dalla versione originale della Costituzione del ཬ, la Cdl intende così aggiungere alle materie su cui le Regioni hanno potestà legislativa anche la gestione del sistema sanitario, l'istruzione, e l'ordine pubblico locale. Senza però "obbligare" le Regioni ad attivare subito o su tutte e tre le materie la loro competenza esclusiva, ma lasciandole libere di decidere se farlo o meno in base alle rispettive risorse, capacità organizzative, alla loro tradizione, e così via. Da qui le "diverse velocità" che l'impostazione di Bossicomporta e la progressiva devoluzione di nuove competenze esclusive in ulteriori campi, con le Regioni in grado di attivarsi prima a fare da traino per il resto del Paese. Che non viene comunque abbandonato a se stesso, ma riceve dallo Stato tutti i servizi relativi alle materie su cui ha scelto, per il momento, di non avere competenza esclusiva. La riforma approvata dal Centro-sinistra, invece, ribalta la formulazione dell'articolo 117 del ཬ e divide la potestà legislativa in tre parti (la prima esclusiva dello Stato, di cui sono elencate le materie di competenza esclusiva, la seconda concorrente, riservando allo Stato la definizione dei principi generali e alle Regioni tutto il resto, la terza esclusiva delle Regioni su tutte le materie rimanenti). Per ciò che riguarda le tre materie in questione - ossia sanità, che peraltro è già stata in parte decentralizzata, istruzione e sicurezza locale - nel primo caso troviamo la «tutela della salute» tra le materie di legislazione concorrente. Quindi, per il sistema sanitario, lo Stato è chiamato a dettare i principi generali e, nell'ambito di questi ultimi, le Regioni hanno potestà legislativa su tutto il resto. Più complesso è il campo dell'istruzione, che si trova allo stesso tempo tra le materie di potestà legislativa esclusiva dello Stato alla lettera n del secondo comma del nuovo articolo 117 (norme generali sull'istruzione) e tra le materie di legislazione concorrente (istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale). Per ciò che riguarda l'ordine pubblico e la sicurezza, questo rientra nella legislazione esclusiva dello Stato, «a esclusione della Polizia amministrativa locale». L'articolo seguente (il nuovo 118) prevede poi che «la legge statale disciplina forme di coordinamento tra Stato e Regioni» in materia di ordine pubblico. Nel dibattito fra le due diverse posizioni, mentre il Centro-destra accusa la riforma dell'Ulivo di non concedere poteri sufficienti alle Regioni e di essere sostanzialmente centralista, il Centro-sinistra lancia l'allarme su ogni ipotesi di competenza esclusiva regionale su materie che riguardano diritti fondamentali quali sanità e scuola. Non sarebbe garantita uniformità nelle prestazioni e si creerebbero cittadini di serie A e B, minacciando, al tempo stesso l'unità del Paese. Proprio ieri, dall'Ulivo è venuto un appello contro la devolution «selvaggia», che rischia di mettere a repentaglio l'unitarietà del sistema di istruzione italiano e la cultura nazionale, in favore di una scuola decentrata ma unitaria. Amato, Luigi Berlinguer e Maria Grazia Pagano dei Ds si sono rivolti a docenti, famiglie e studenti per chiarire le ragioni di un voto affermativo al referendum e sottolineare che in gioco è, appunto, il futuro e l'unità della scuola. L'approvazione della riforma costituzionale, hanno affermato al Senato, consentirà di avere un sistema scolastico adeguato alle esigenze concrete di ciascuna realtà locale e, al tempo stesso, «garante di un elevato livello del sistema di formazione sul territorio nazionale, senza cedere a chi vuole fare della scuola un nuovo terreno di discriminazione sociale: fra chi potrebbe permettersi di frequentare istituti scolastici di alta qualità e chi dovrebbe accontentarsi di scuole di qualità inferiore». Le preoccupazioni dell'Ulivo sono «strumentali e infondate»: la legge oggetto del referendum «può infatti creare gravi problemi, in quanto non stabilisce con chiarezza cosa spetta fare allo Stato e cosa alle Regioni», ha replicato il responsabile scuola di An Giuseppe Valditara.


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Date: 04 Oct, 2001 on 18:15
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