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Addio, banco inutile
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1. Addio, banco inutile
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da L'Espresso
04.10.2001

PROFONDO NORD
Addio, banco inutile
Sempre più ragazzi lasciano la scuola. E non per povertà

di Bruno Manfellotto

C'è chi molla tutto per salire su un trattore, chi per farsi le ossa nelle cucine di un grande chef, chi per passare otto ore al giorno tra software e computer. Comunque, mollano. Recitano le ultime statistiche che quattro ragazzi su dieci tra i 15 e i 18 anni abbandonano i banchi delle scuole del Profondo nord e corrono a cercarsi un impiego. Saltuario, a tempo determinato, part time. Purché dia loro un po' di soldi e acceleri il loro ingresso nel mondo della produzione. In barba alla legge sull'obbligo scolastico (portato di recente da 14 a 16 anni) e a quella sull'obbligo di formazione professionale (fino ai 18).

Una volta questa era prerogativa del Sud povero e dimenticato. Ma lì erano la fame e la miseria a spingere molte ragazze verso la fabbrica, il matrimonio o le faccende di casa e molti giovani alla ricerca di un'occupazione purché sia. Negli ultimi anni, invece, la fuga dalla scuola è diventata fenomeno non da poveri, ma da ricchi, da boom e non da stagnazione, da Nord est iper produttivo e non da Mezzogiorno parassitario. Finché poi la malattia si è diffusa, fino a estendersi in tutto il Profondo nord, Lombardia compresa. Preoccupando non poco Letizia Moratti, imprenditrice e milanese doc, appena insediatasi al ministero della Pubblica istruzione.

I numeri parlano da soli. A Trento e a Bolzano, a Verona e a Vicenza, ma anche a Reggio Emilia, si iscrivono alle superiori tra il 50 e il 75 per cento dei ragazzi in età da liceo: gli altri, tutti a lavorare. Per capirci, molti di più che a Roma, Napoli, Avellino, Salerno, Sassari o Siracusa. Città nelle quali, addirittura, si nota negli ultimi tempi una significativa inversione di tendenza. Ma ormai è così anche a Cuneo, Asti, Novara dove per gli iscritti ai licei si registrano percentuali da opulento Nord est o, se si preferisce, da misero Sud. Per non dire della ricca Biella dove 38 giovani su 100 buttano all'aria i libri prima del tempo.

Non ci si aspettava però che anche la Lombardia ricca ed evoluta seguisse l'esempio. Eppure è così: più cresce l'occupazione, più cala il tasso di istruzione. Lecco è tra le prime città d'Italia per numero di occupati, subito prima di Bergamo e Mantova (i senza lavoro sono appena il 2,7 per cento), ma bisogna scorrere un elenco lungo una quaresima per trovare qualche città lombarda nelle più importanti classifiche scolastiche: Milano è all'ottantesimo posto per iscritti alle superiori, Brescia viene subito dopo e Lecco, Como e Mantova figurano ancora più giù. Gli studenti fuggono. E finiscono come operai o artigiani nell'industria o nel terziario, soprattutto in piccole, flessibilissime imprese con meno di 20 dipendenti.

E la scuola dell'obbligo? E i corsi di formazione professionale? Al ministero della Pubblica istruzione stanno scoprendo, statistiche 2001 alla mano, che i ragazzi si iscrivono sì al primo anno delle superiori, ma appena compiuti i 16 anni lasciano baracca e burattini. Magari il giorno stesso del loro compleanno .

b.manfellotto@gazzettadimantova.it


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Date: 04 Oct, 2001 on 06:35
Addio, banco inutile
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