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Quelle carte che misero fine ai grandi enigmi dell'ignoto
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1. Quelle carte che misero fine ai grandi enigmi dell'ignoto
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da La Repubblica
Domenica 23 Settembre 2001

Quelle carte che misero fine ai grandi enigmi dell'ignoto
Il mondo

Susanna Nirenstein

Ci sono carte geografiche crudeli, come quelle dove i nazisti indicavano la consistenza delle singole comunità ebraiche; carte che parlano solo della presenza del divino, quella disegnata nell'XI secolo da un mercante cristiano di Alessandria, Cosma detto Indicopleustes (il "navigatore delle Indie") ad esempio, che presentava l'universo in forma di scrigno, simile al tabernacolo di Mosè: la Terra è piatta con al centro il mondo abitabile, e il fondo e la parte superiore accolgono il cielo stellato; ci sono le mappae mundi redatte al tempo delle Crociate, con un'enorme Gerusalemme al centro. Ci sono rappresentazioni di territori che non registrano aeroporti o fabbriche di munizioni per motivi di sicurezza, mappe che indicano una catena di negozi, altre che fanno propaganda a un re e al suo potere. Carte come geografie della mente, segni che rendono visibile l'invisibile.
Peter Barber, curatore della sezione Medioevo per la grande mostra di Milano Segni e sogni della Terra: il disegno del mondo dal mito di Atlante alla geografia delle reti realizzata in occasione dei cento anni compiuti dalla casa editrice De Agostini, va più in là: «Ogni mappa è soggettiva, è una bugia». Non a caso alla British Library di Londra, dove Barber è responsabile della sezione mappe, in questi giorni è aperta una esposizione dedicata alle «carte false», o meglio alla mentalità che si nasconde dietro ad ogni rappresentazione grafica del mondo.
Quando iniziò l'uomo a disegnare la terra?
«Fin dall'inizio. Già nella preistoria gli uomini hanno provato a rispondere, disegnando, a due domande essenziali: "dove sono" e "dove mi trovo rispetto a Dio". Due domande istintive. E quelle risposte oggi le possiamo definire carte geografiche».
È con i greci che nasce la geografia così come la intendiamo oggi?
«La Grecia antica ha un interesse del tutto moderno per la precisione scientifica nell'osservazione e la comprensione della realtà. Riesce perfino a stabilire la rotondità della terra. Le loro carte sono tuttora leggibili per noi, ma ce ne sono pochissimi resti. Nella Roma classica invece la modernità diventa preoccupazione amministrativa, per cui avremo mappe dettagliatissime delle città o delle provincie, ma inserite in un mondo visto come un disco piatto. Per altre civiltà la cosa più importante è Dio. Per gli indiani, gli atzechi e per i nostri crociati non hanno importanza le dimensioni di un territorio se questo non ha una storia divina».
E' quel che avvenne nel nostro Medioevo?
«Sì, la Terra è concepita e rappresentata come un teatro nel quale si svolgono e si rappresentano gli episodi centrali della storia umana e divina. Dove l'Antico e il Nuovo Testamento spingono a guardare con favore un mondo abitato suddiviso in tre continenti collegati tra loro, dove i popoli discendevano dai tre figli di Noè. Più tardi, dopo l'anno Mille, ai confini del mondo conosciuto troveremo creature strane e fantastiche, unicorni, basilischi, uomini con testa di cane, giganti con gli occhi sul petto... come a raccontare la pericolosità dell'ignoto».
Eratostene nel III secolo prima di Cristo aveva calcolato, senza sbagliarsi di tanto, la circonferenza della terra, e aveva tracciato il primo reticolo geografico: come poté perdersi nel Medioevo tutto il sapere classico?
«Non andò perso. Gli studiosi dell'Alto Medioevo sapevano che la terra era rotonda e conoscevano la forma della Gran Bretagna, le distanze tra un luogo e l'altro. Ma di queste cose scrivevano nei libri. Le carte erano dedicate ad altro. Divennero un disegno enciclopedico da guardare per sapere dove fosse il santo sepolcro, che piante crescessero nel Nord Europa o che animali abitassero delle terre lontane, dove si fosse svolta una battaglia importante. Nel Medioevo le mappe del mondo sono diacroniche, visualizzano tutto il sapere cristiano più che gli oggetti geografici: c'erano nomi di luoghi, accostati a frammenti di testo, legati a eventi della storia classica (il Monte Olimpo, Troia, le imprese di Alessandro Magno...) e soprattutto alla Bibbia. Spesso all'estremità orientale dell'Asia (in genere in alto nella carta) c'era il Paradiso Terrestre».
Perché l'Est stava in alto?
«Perché si pensava che lì incominciasse la storia dell'uomo: le origini erano in Babilonia, e infatti erano rappresentate lì altre fasi importanti della storia, l'Arca di Noè, ad esempio. Del resto, i cinesi mettevano in alto il loro Ovest, ovvero Babilonia. Il disegno della terra, come abbiamo detto, era un fatto spirituale».
Ma come facevano ad esempio i crociati a raggiungere la Palestina?
«Chiedevano lungo la strada. Niente mappe. Ci fu un'eccezione però, il cartografo Matthew Paris che disegnò le mappe per Roma o Gerusalemme con strade e tempi necessari a percorrerle. Nella mostra di Milano c'è una sua carta stradale ante litteram che indica la strada da Londra a Dover del 1252 circa».
Incredibile. Quale immagine del mondo nel Medioevo era la più diffusa?
«Quella che metteva in alto l'Est ovvero l'Asia e si limitava a rappresentare il mondo abitato: si trattava di una T inscritta in una O (il grande Mare Oceano) che circondava i tre continenti, separati dal Mediterraneo (il tratto verticale della T) dal Don e dal Nilo (il tratto orizzontale): da una parte l'Europa, dall'altra, dunque, l'Africa. Il simbolo risaliva ai tempi di Roma Antica, ma venne utilizzato come, diremmo oggi, logo del mondo cristiano, dove la T ricordava la Crocefissione. Quasi nessuno comunque credeva che rappresentasse il mondo com'era veramente».
Poi però si tornò a fare delle carte sensate.
«Dall'inizio del Trecento, i commerci fecero nascere i portolani, che col divino non avevano niente a che fare. Man mano un disegno veristico divenne importante anche per la difesa terrestre, o per costruire un canale. Presto nelle mappae mundi gli elementi realistici si combinarono ad elementi tradizionali e alle illustrazioni. Nel 1400 la situazione cambia ancora. Le flotte portoghesi cominciano a navigare lungo le coste africane in cerca di nuove rotte verso i mercati d'oriente e le nuove scoperte e le coordinate tolemaiche vengono inserite nelle mappe. Ci si riavvia verso una cartografia moderna».
Ancora nel Novecento l'emisfero settentrionale occupa i due terzi di una carta terrestre.
«Il fatto è che non esiste una carta giusta. La terra è sferica, il foglio è piatto. O sono giuste le proporzioni o le linee. Come dicevamo all'inizio tutte le carte geografiche raccontano anche grandi bugie».


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Date: 23 Sep, 2001 on 08:30
Quelle carte che misero fine ai grandi enigmi dell'ignoto
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