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Telefonini, scatta il divieto totale La nuova guerra tra prof e studenti
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1. Telefonini, scatta il divieto totale La nuova guerra tra prof e studenti
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da Corriere
Venerdì, 14 Settembre 2007

Telefonini, scatta il divieto totale La nuova guerra tra prof e studenti
di MARIA LAURA RODOTA'

Dopo la circolare del ministro Fioroni che ha imposto il «silenziatore». L'alternativa? Lasciarli al bidello, ma all'uscita si perde tempo

Vietati in alcune classi, tollerati in altre. Ma chi lo tiene spento impara di più

MILANO — Come va coi cellulari a scuola? Da me sempre uguale, li teniamo accesi e silenziati e i prof fanno finta di non vedere. Da noi c'è stata una circolare, con certi insegnanti li teniamo spenti con altri ce ne freghiamo. Noi li usiamo per gli scherzi in classe, ma mica è bullismo. Questo alle superiori. Alle medie le risposte sono altre. Che succede? Dobbiamo tenerli spenti, sennò ce li sequestrano. Oppure, novità: quest'anno non possiamo portarli, se li trovano ci sospendono, potremmo lasciarli al bidello ma all'uscita perderemmo tempo. Nella settimana della riapertura, la saggia circolare del ministro Giuseppe Fioroni ha prodotto il solito, interessante, frastagliato risultato all'italiana. Si va dal liberismo telefoninico totale alla tolleranza zero. Dipende.
Perché «l'uso dei cellulari da parte degli studenti durante lo svolgimento delle attività didattiche è vietato», si legge nelle linee guida del ministero dell'Istruzione. E ci mancherebbe altro. Perché «ciascuna istituzione scolastica » deve agire «all'interno dei regolamenti di istituto… in modo tale da garantire con rigore e in maniera efficace il rispetto delle regole». Ed è sacrosanto. Purtroppo, se si chiede a studenti insegnanti e genitori, si scopre l'acqua calda: rigore ed efficacia nel far rispettare il divieto sono direttamente proporzionali a rigore ed efficacia preesistenti nelle singole scuole. Cioè: se una scuola funziona, preside e prof saranno (quasi sempre) in grado di far tenere i cellulari spenti. Se l'istituto ha problemi vari (walzer di insegnati, studenti difficili, strutture inadeguate, ecc.) si andrà di mms che è un piacere. E poi c'è il fattore-età: è molto più facile imporre una regola a dei ragazzini piuttosto che a ragazzi più grandi, magari così grandi e grossi da spaventare i prof. Va bene anche così, in mancanza di meglio, si abitueranno a non telefonare durante l'ora di analisi logica.
O meglio: si abitueranno, come ai tempi dello stracitato don Milani, gli studenti perbene di scuole perbene. Ce ne sono ancora, soprattutto medie. Se in certe superiori (lo raccontava ieri Stefania Miretti sulla Stampa) in classe ci sono venti studenti e venti cellulari accesi, un allievo con auricolare inserito, un altro col telefonino appeso al collo e il vibracall, in certe inferiori solo a portarlo spento si rischia la sospensione. I ragazzini si rassegnano, i genitori soffrono. Negli anni, il cellulare è diventato cruciale per la soffocante/ rassicurante coesione delle famiglie italiane. Spesso ambedue i genitori lavorano, spesso gli undici- tredicenni sono in giro tutto il giorno tra amici e attività extrascuola. I loro telefonini alla fine delle lezioni servono a comunicare spostamenti, cambi di programma, questioni pratiche, momenti di crisi, emergenze. Servono alle mamme ancor più che ai figli (e ai padri). La maggioranza chiama continuamente per informarsi, non stare in pensiero, rompere le scatole. I preadolescenti telefonicamente isolati le mettono in ansia. Anche perché, grazie al cellulare, i preadolescenti di cui sopra si spostano con disinvoltura; e telefoni pubblici non ce sono quasi più.
Così, tra madri vittime della tolleranza zero e sedicenni che messaggiano imperterriti, la scuola italiana procede come al solito. E anche una regola semplice e di buonsenso finisce per accentuare le differenze tra istituti, indirizzi scolastici, e anche quartieri e gruppi sociali. Ed è ovvio, chi deve tenere il cellulare spento imparerà di più. Ma la maggior parte di noi è ormai incapace di spegnerlo. Auguri a chi deve insegnare a farlo, in pochi posti al mondo è un lavoro così difficile.


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Date: 14 Sep, 2007 on 07:30
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