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UCIIM: Riflessioni e proposte al nuovo Governo
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1. UCIIM: Riflessioni e proposte al nuovo Governo
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Riflessioni e proposte dell’UCIIM al nuovo Governo

L’UCIIM ha affrontato in un recente seminario nazionale, poco prima delle elezioni, i problemi del secondo ciclo, in particolare “i nodi da sciogliere nel sistema poliarchico e le prospettive per cui impegnarsi”

Il clima politico preelettorale non ci ha impedito, neanche in quella sede, di riflettere serenamente, sine ira et studio, sulle sorti della nostra scuola, in riferimento alla riforma Moratti, con particolare, ma non esclusivo riferimento ai problemi del secondo ciclo. Le relazioni presentate da qualificati relatori, che anche in questa sede ringraziamo, hanno consentito approfondimenti che ci saranno utili all’inizio della nuova legislatura.

Introducendo i lavori, abbiamo richiamato, per sommi capi, il disegno delle riforme susseguitesi negli scorsi 60 anni, che hanno progressivamente attuato lo spirito e il dettato della Costituzione, al di là di tensioni e confusioni manifestatesi nella quotidiana lotta politica. Il cammino che resta da compiere è nella direzione della sempre più chiara emersione del concetto di scuola autonoma come servizio istituzionale alla persona e alla società. Restringendo l’analisi alla passata legislatura, si è partiti dal discorso programmatico tenuto in Parlamento dal ministro Letizia Moratti nel luglio del 2001, nel quale affidò al gruppo di lavoro presieduto da Giuseppe Bertagna il compito di “mettere a fuoco una serie di alternative per eventuali integrazioni o correzioni delle scelte adottate dalla l.n.30”.

Com’è noto il gruppo, ma poi anche il Governo e il Parlamento, andarono oltre, fino all’abrogazione della legge 30/2000 e della legge 9/1999 e al varo della legge delega 53/2003. Con l’ultimo decreto legislativo, varato allo scadere della delega il 17 ottobre 2005, si direbbe che il gran disegno si sia compiuto e che la Moratti abbia avuto ragione a seguire la strada del risultato rispetto a quella, che noi avremmo preferito, del processo; un processo forse più lento, ma costruito sulla base del confronto e della condivisione più larga che sia possibile e della coerenza con l’idea della scuola servizio.

In effetti non si può nascondere che il lavoro fatto è stato molto, in una certa continuità fra due legislature (basti pensare all’autonomia) e nel passaggio fra un disegno costituzionale e l’altro. I contributi di Auriemma e di Cicatelli esplorano i risvolti istituzionali e politici di questa acrobatica continuità/discontinuità, mostrando, testi alla mano, la superficialità di una contrapposizione fra “scuola di destra” e “scuola di sinistra”.

Di fatto però il prezzo pagato per accelerare il ritmo riformatore è stato alto, perché ‘”l’intendenza”, per evocare Napoleone, non ha seguito puntualmente gli ordini del Vertice: e ciò non sempre per ostilità preconcetta, per attendismo, per indifferenza. Si è trattato anche di obiettive difficoltà a capire un disegno complesso, luminoso nei principi proclamati e in alcuni passaggi, ma oscuro in altri, esposto a critiche di natura ideologica, ma anche di natura costituzionale, tecnica e politica, sulle quali il Governo non ha accettato veri confronti dialettici, né in sede ministeriale, né in sede parlamentare.

Allo sforzo ministeriale di pubblicizzare, e talora di ritirare rapidamente, gli atti amministrativi di cui si è nutrito il processo di riforma, si è contrapposto, nella scuola, un movimento che ha assunto come slogan “Fermiamo la Moratti”, quasi a riproporre in chiave polemica il “Punto e a capo” con cui il Ministro aveva convocato gli “Stati generali”. L’idea di stop and go, o meglio del fare e disfare, non ci porterebbe molto lontano.
Ci auguriamo che, con l’inizio dell’attività del prossimo governo, non si verifichino risse fra favorevoli e contrari all’abrogazione della legge Moratti, come se si trattasse di due “tifoserie”. Oltre che non raccomandabile, sarebbe scarsamente praticabile, data la composizione del Parlamento, l’idea di ricominciare tutto da capo, magari per tornare al punto di partenza: si rischierebbe di restare ancora per anni “a cielo aperto”. D’altra parte non basta che una situazione sia normata per legge per essere anche giusta, saggia e applicabile. Il “secondo ciclo” va allestito insieme, da Stato, Regioni, Istituzioni scolastiche autonome. E dunque qualche passo indietro bisognerà farlo.

L’iperlicealizzazione e la oggettiva mortificazione dell’”istruzione e formazione professionale” non realizzano il sogno di percorsi di eguale dignità e forza attrattiva, lungamente descritto da Bertagna, nell’equilibrio tra Theorìa e Tèche. E il campus, prospettiva importante per far crescere insieme ragazzi incamminati su diversi ma non incomunicabili “percorsi”, comunque si voglia definirlo, non è uscito ben delineato dall’ultima versione del d.leg.vo 226/2005. Ne parlano Sacchi e Scala.

La questione del biennio va sicuramente posta, ma sperabilmente non in termini di unificazione totale, con innalzamento di un ricuperato “obbligo scolastico” (al posto del vigente, a nostro avviso più saggio e rispettoso “diritto dovere di istruzione e formazione”). Si rischierebbe di tornare ad una querelle sterile, durata trent’anni, che, al di là delle intenzioni, ha rischiato di ingessare solo nella scuola ragazzi diversamente motivati, con la certezza di aumentare la dispersione scolastica.

Se si entra nel merito delle Indicazioni nazionali, si scoprono alcune debolezze d’impianto, che richiedono una consistente rivisitazione. Le analisi docimologiche di Petracca sono in proposito puntuali. Dove collocare gli standard, che sono ancora da fissare e che rappresentano i “minimi cognitivi obbligatori” per il servizio nazionale d’istruzione, da affidarsi alle verifiche dell’INVALSI, senza bloccare, anzi aprendo gli spazi per l’educazione della persona, del cittadino e del lavoratore, e cioè per le “competenze di cittadinanza” da affidarsi, queste sì, alla responsabilità dei docenti?

Anche l’ultimo decreto, sulla formazione dei docenti, su cui riflettono approfonditamente Govi e Moscato, ha bisogno di ripensamento, nella direzione di una ridefinizione della funzione docente, in un quadro di autonomia costituzionalmente sancita, superando l’impasse della scorsa legislatura, bloccatasi fra decreto ex art 5 della legge 53, disegno di legge sullo stato giuridico arenatosi nel Parlamento, e contrattazione, arenatasi a sua volta sugli scogli del tutorato e del portfolio.

Chiarendo questa problematica, si potrà trovare anche uno spazio convincente per le associazioni professionali, che non sono partito né sindacato, ma che sono espressione di “cittadini singoli o associati” impegnati in “attività d’interesse generale” di cui parla l’art. 118 Cost, ritenendole degne d’essere favorite da Stato, Regioni, Province e Comuni.

E dato che si è accennato alla Costituzione, si ricorda l’appuntamento elettorale del 25giugno, dove si deciderà in sede referendaria se approvare o respingere la modifica costituzionale dello scorso anno. E’ un appuntamento importante per un’associazione che si qualifica fra l’altro per l’impegno ad educare alla “convivenza civile”.

22 maggio, 2006

Luciano Corradini
Presidente nazionale UCIIM


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Date: 22 May, 2006 on 11:46
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