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CISAL Scuola Lombardia: Comunicato 27 settembre 2007
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1. CISAL Scuola Lombardia: Comunicato 27 settembre 2007
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La donna madre nel mondo del lavoro: iniziazione spesso bruscamente interrotta

Si sviscerano più pensieri intorno al principio della sacralità della famiglia, ma si dimentica sempre più spesso, quale è il punto focale intorno a cui ruota la famiglia.
Così la donna che è il coarcevo dove matura la certezza della continuità nel tempo della famiglia, rimane, molto spesso, nell’oblio, trascurata quale fonte di vita, e quindi quale madre.
Dai tempi in cui è venuta a cessare la civiltà contadina, con l’affermazione irruente della civiltà industriale prima e di quella post-industriale dopo, la donna è stata obliata quale madre ed è stata sempre più considerata quale oggetto da sfruttare, ai fini del sacralità della produzione prima e del profitto poi.
Nella civiltà contadina la donna era amalgamata nelle due funzioni di donna e madre, perchè lavoratrice in casa, nei campi o nelle botteghe, e madre contemporaneamente in casa, nei campi o nelle botteghe, a curare la crescita dei figli.
Veniva soddisfatto in tal modo, il principio sociologico suo fondamentale dell’essere donna, che animava la sua la voglia di essere madre e nello stesso tempo di realizzarsi quale soggetto di produzione di beni, perché appunto non la si doveva considerare solo dedita alla procreazione di figli.
Era quella una realtà storica che contemperava l’esigenza sociologica dell’essere donna, senza porla di fronte a sofferte scelte, di essere o solo madre, o solo lavoratrice.
Si può obbiettare al riguardo da parte di sapientologi moderni, che la società umana è un continuo progresso e di certo non si può rimanere relegati ad organizzazioni sociali di tempi trascorsi, perché poi tra l’altro sono gli eventi stessi che si realizzano nel tempo, a travolgere quelle organizzazioni, evitando di conseguenza la condizione in ordine alla quale, rimanendo legati ad esse, si rimarrebbe fuori dalle evoluzioni dei tempi in progresso.
Ed essi potranno anche aggiungere che le esigenze fisiologiche della donna di realizzarsi come madre e quelle psicologiche di essere parte integrante del mondo produttivo, sono comunque garantite perché, normative di legge particolari, proteggono queste due funzionalità della donna.
Sarà vero, ma se ancora di questi giorni, la donna mette al bando pubblicamente che nel percorso della sua vita, per rendere efficace la sua presenza nel tempo, dice: “devo scegliere, o aspiro ad essere madre, o devo tendere solo alla mia carriera”.
Certo, non si può disconoscere che a seguito di tante lotte compiute dalle Organizzazioni Sindacali, sono intervenute nel tempo, varie leggi a tutela della lavoratrice madre, ai fini di garantirle di svolgere le funzioni sociologiche di madre e di lavoratrice, con l’altro effetto sociologico assai più importante, di metterla in condizione di educare i propri figli.
I legislatori ed i datori di lavoro hanno collaborato in vario modo per l’introduzione di tali principi nel rapporto di lavoro, però è subito da far rilevare che mentre nel periodo della civiltà industriale, una certa tutela veniva concretizzata a favore dell’alto compito sociologico affidato alla donna lavoratrice madre, con gli eventi che hanno caratterizzato la scomparsa della società industriale, tale precipuo compito affidato alla lavoratrice madre, non è stato più garantito dai datori di lavoro.
I casi di licenziamento delle donne incinte, o casi di mobbing che vengono attuati nei confronti delle giovani madri, si registrano di continuo in questa era sociale post-industriale e post-moderna, laddove il profitto, calpesta ogni principio sociologico di vita in comune ed ogni principio sociologico di educazione dei figli.
Allora non dobbiamo scandalizzarci, come da notizie giornaliere, se i figli sbandati, non vanno a scuola, se i figli che vanno a scuola diventano bulli, se i figli picchiano gli insegnanti che li rimproverano, se i figli corrono rischi dentro e fuori dell’edificio scolastico, se i figli che ricevono un voto cattivo si suicidano, se le madri pensano spesso ad abortire, se le stesse madri stressate non rendono il loro amore ai figli e addirittura li maltrattano, se i figli maltrattati si ribellano anche con violenza alle madri stesse.
Di fronte a questa tragica scenografia, penso che non si possa parlare di evoluzioni solo perché cambiano i metri di realizzazione delle società; nella società che garantiva alla madre, maggiori contatti con i figli, non vi erano termini per la realizzazione di questo squallore.

Dott. Giacinto sica
Segretario Generale
CISAL Lombardia


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Mail: redazione@edscuola.com
Date: 27 Sep, 2007 on 16:44
CISAL Scuola Lombardia: Comunicato 27 settembre 2007
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