Subject | : | CUB: Comunicato 23 ottobre 2001 |
Author | : | edscuola redazione@edscuola.com |
Date | : | 23 Oct, 2001 on 19:11 |
La professionalità docente nella scuola dell’autonomia L’impresa non è soltanto il motore dello sviluppo economico: l’impresa è cultura …Il “posto fisso”, magari lo stesso per tutta la vita, per di più sotto casa, è un’utopia fuori corso…. Il passaggio tra scuola e lavoro va vissuto come un’opportunità che richiede spirito d’iniziativa e disponibilità verso forme di lavoro innovative e alla mobilità entro confini che si allargano sempre di più. Buona formazione, flessibilità e mobilità costituiscono dunque gli ingredienti base per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Giorgio Fossa introduce così il n.1 del gennaio ’99 di Scuola News, precisando quali siano gli intendimenti di Confindustria nei confronti dei giovani e della scuola; nello stesso numero poi sono precisate le dieci proposte di Confindustria per disegnare una rivoluzione copernicana nella scuola: 1- Il parlamento ridefinisca le finalità della scuola: uguale attenzione a 2- L’autonomia delle scuole deve essere presa sul serio, condizioni: 3- Attuazione della riforma dei Cicli scolastici avvicinandosi agli standars europei ed estendendo l’obbligo scolastico: 4– Sviluppo di un piano di ricerca delle migliori metodologie didattiche: 5– Centralità nel ruolo dei capi d’istituto e degli insegnanti:
7- Creazione di una AUTHORITY esterna al MPI che valuti: 8- Una legge sulla parità scolastica che abbia questi scopi: 10- Superamento della vecchia logica contrattuale (paga bassa poco Con questo documento Confindustria, al termine di un lungo percorso, delinea gli elementi strategici del nuovo sistema di istruzione e indica alle classi dirigenti politiche quali debbano essere le linee della riforma. E’ singolare come sia l’impresa e non la borghesia a dettare i principi per la nuova scuola, una novità assoluta che non rispetta la tradizionale indipendenza dell’insegnamento e della cultura dall’economia. L’assioma centrale di tutta la proposta poggia sulla profonda convinzione che oggi non è più possibile un sapere gratuito e indipendente dal mercato, non ci possiamo più permettere un sistema scolastico che fornisca valori propri e una concettualizzazione degli insegnamenti autonoma, la scuola deve diventare rapidamente una risorsa da utilizzare per adeguarsi alla concorrenza del mercato globale e in funzione di esso. Si propone un lessico comune fra mondo della formazione e quello della produzione, il superamento della divisione tra il tempo dello studio e quello del lavoro, il superamento del primato della conoscenza che diventa una sottocategoria, assieme alle “abilità pratiche” (saper fare) e di relazione (saper essere), della competenza che deve essere acquisita attraverso un percorso complesso e individuale. Quindi l’autonomia delle scuole quale strumento di affrancamento da saperi disciplinari rigidi e tradizionali per introdurre percorsi individuali funzionali alle esigenze del territorio (per esigenze del territorio spesso si intendono quelle delle imprese). Il saper fare invece è tradotto come capacità d’adeguamento alle esigenze del processo produttivo, flessibilità e creatività, atteggiamento positivo verso il nuovo e il cambiamento, quindi disponibilità ad una formazione continua e a diventare “imprenditori di se stessi”; saper essere invece significa saper lavorare con gli altri, fare squadra, vale a dire avere capacità di comunicazione e di relazione. Partendo dall’idea forte che l’impresa è cultura, Confindustria si è sentita legittimata a proporre un proprio progetto di scuola anche sul piano dell’organizzazione. Sull’idea sono state spese molte energie e investite cospicue risorse. Un impegno che ha visto una collaborazione fattiva con il ministero della pubblica istruzione, la pubblicazione di riviste specializzate, il finanziamento di gruppi di ricerca e di studio. Fin dagli inizi degli anni ྖ la CONFINDUSTRIA e i vari Ministri della P.I., succedutisi nel tempo, hanno lavorato a questo grande progetto. In effetti, esistono dal 1991 Protocolli d'Intesa tra CONFINDUSTRIA e Ministero della Pubblica Istruzione che prevedono comitati paritetici con il compito di promuovere iniziative volte all'introduzione di criteri di imprenditorialità nell’organizzazione scolastica. Il progetto confindustriale prefigura un quadro in cui il nuovo soggetto non è più il singolo docente ma il team degli insegnanti. A tal proposito è particolarmente indicativo quanto già affermava nel 1994 Umberto Vairetti, responsabile del gruppo CLAS, in un convegno tenuto a Roma, nell'Audotorium della Tecnica dell'EUR, promosso da CONFINDUSTRIA, dall'I.R.I. e dal team di consulenza CLAS. "La "qualità totale" nella scuola deve restare un approccio che mette al centro della propria attenzione il percorso formativo dello studente (un ascolto attento dei bisogni e delle attese degli studenti e delle famiglie), il raggiungimento dei risultati formativi, l'utilizzo delle risorse, il controllo della coerenza tra obiettivi, strategie operative e risultati. "Soggetto dell'intervento formativo non è più il singolo docente ma un team di insegnanti che si aggregano non più o unicamente per discipline ma per assunzione di responsabilità su un problema specifico". · La sostanziale eliminazione dell’esame di stato conseguita attraverso l’estinzione dell’unico strumento di controllo incrociato, rappresentato dai membri esterni delle commissioni, che avrebbe potuto impedire alle scuole private la vendita dei diplomi e comunque una verifica di una qualche serietà anche nelle scuole pubbliche. Da qui all’eliminazione del valore giuridico ed economico del diploma il passo è consequenziale. Attualmente lo stato, tramite il docente, esprime un potere di sovranità che consiste nell'esprimere un giudizio sull'esito scolastico e nel conferire titoli di studio con valore legale e cioè validi erga omnes. Il fondamento giuridico in base al quale chi consegue un titolo di studio può far valere specifici diritti e trarne vantaggio economico, poggia sul principio generale della legalità nello stato di diritto. E' a partire dalla codificazione napoleonica e dall'affermazione del principio della sovranità popolare, che lo Stato si fa garante dei rapporti privati fra i cittadini e del rispetto della legge. A questo sicuramente si collega il compito dello Stato nella gestione dell'istruzione pubblica, principalmente perseguita come interesse generale all’elevazione del livello culturale dei cittadini ma anche come interesse generale ad accertare competenze specifiche e professionali acquisite. Norme costituzionali perciò tutelano l'istruzione pubblica e il diritto all'istruzione dei cittadini, che si definisce come diritto soggettivo pubblico, in altre parole un potere che la norma conferisce al cittadino di far valere un proprio interesse nei confronti dello Stato. L'accertamento da parte dello Stato degli esiti scolastici risponde quindi ad un interesse generale, oltre che a quello particolare del cittadino, in quest’interesse generale si fa rientrare anche la formazione del cittadino che è cosa diversa dalla formazione del lavoratore. Ciò ha consentito in questi anni, al sistema dell'istruzione, di inserire nei curricoli obbligatori discipline che mirano specificamente alla formazione culturale. Si tratta di saperi gratuiti che allargano l'orizzonte delle conoscenze e mirano a sviluppare capacità critiche e di consapevolezza. L'abbattimento del valore legale del titolo di studio significherebbe la capitolazione dello stato di diritto, la rinuncia a gestire un sistema scolastico pubblico con finalità generali giacché la validità d’ogni curriculum di studi dovrebbe trovare legittimazione nel mercato. A riconoscere validità ai titoli di studio saranno le grandi corporazioni delle professioni, le imprese e le Università attraverso il numero chiuso. Assieme alla capitolazione della Repubblica, sul terreno delle scelte dei contenuti culturali del sistema scolastico, vi sarà l’inesorabile declino della funzione docente che non avrà più il compito istituzionale di conferire titoli e di garantirne la validità ma che si limiterà a certificazioni di frequenza di percorsi curriculari il cui esito sarà valutato altrove. · La riorganizzazione del lavoro degli insegnanti con tempi e orari diversi, sfondamento delle diciotto ore frontali fino a ventiquattro, eliminazione degli spezzoni e flessibilità estrema di quelli in servizio: tutto indicato al punto n. 10 del documento confindustriale sotto la voce “nuove piattaforme funzionali alla scuola dell’autonomia”. In questa prospettiva si prevedono diversi status tra gli insegnanti: a tempo pieno e a tempo parziale, a tempo determinato e indeterminato, distacchi e chiamate, e infine figure di staff. Verrà attuata la divisione tra insegnamenti fondamentali e complementari, mentre s’introdurranno nuovi percorsi curriculari individuali legati alle esigenze del territorio. Al contempo si procederà ad un “alleggerimento” dei contenuti disciplinari e sarà incentivata una maggiore attenzione al “saper fare e saper essere”. La nota polemica sulle conoscenze o saperi forti che sono sostituiti da saperi generici detti appunto “minimi” non è stata sollevata per motivi puramente accademici. E' chiaro che un abbassamento dei livelli dei contenuti disciplinari prevede una minore professionalità e preparazione specifica dell’insegnante e un più facile utilizzo in diverse situazioni. Vi sarà un nuovo regolamento per l’accorpamento delle classi di concorso (alcuni hanno parlato addirittura d’abolizione) e una forte accelerazione della mobilità professionale. Tutto questo si muove nella prospettiva della trasformazione dell’insegnante in un operatore sociale eterodiretto e a bassa qualificazione. · La separazione dei contratti per docenti, ATA e dirigenti, come richiesto da CONFINDUSTRIA al punto n.10; · Una legge di parità scolastica che finanzi la scuola privata, come richiesto dalla CONFINDUSTRIA al punto n.8 del documento. · La costituzione di una Authority esterna al Ministero con compiti di valutazione del servizio scolastico, richiesta dagli industriali al punto n.7 del documento. Il licenziamento di Vertecchi, nonostante il suo prodigarsi per una riforma industrialista dei saperi, è dovuto al suo legame col centrosinistra e ad una sua visione della cultura pedagogica ancora non del tutto subalterna al mercato. La Moratti ha giustamente ritenuto più affidabile Giacomo Elias esperto di progetti di valutazione e certificazione delle aziende (ISO 9001 ecc..)A tal proposito l’art. 9 della legge istitutiva dei nuovi organi collegiali recita: ” In ogni istituzione scolastica opera una commissione che ha il compito di procedere alla valutazione dell’efficienza e dell’efficacia del lavoro scolastico anche tenendo conto degli standard stabiliti dall’organismo nazionale competente. Essa è composta da cinque membri, nominati dal Consiglio dell’istruzione fra soggetti qualificati, di cui due esterni all’istituzione stessa”. E restano ancora da realizzare: · Nuovi organi di governo distinti da quelli consultivi di partecipazione. Nella riforma degli organi collegiali si accentreranno i poteri decisionali sugli organi di governo della scuola mentre le “rappresentanze elette” svolgeranno un mero ruolo consultivo. Si realizza così la definitiva demolizione della scuola dei decreti delegati. · La professionalità docente 2Capo di istituto leader e non primus inter pares; la legge istitutiva della dirigenza è opera del centro sinistra, firmata da Prodi, Bassanini e Berlinguer. L’idea di un capo nella scuola quindi non appartiene solo alla destra: è una condizione posta dalla classe dominante a chi governa ed è il nucleo ideologico centrale del concetto di scuola azienda. L’idea di un leader impatta in modo impressionante con ciò che è in realtà la figura del preside. Mentre i managers delle imprese sono il frutto di una selvaggia selezione darwiniana, nella scuola si giunge al paradosso del leader “ope legis” o, nella migliore delle ipotesi, in base a concorso ordinario. L’impatto di questa figura autoritaria, ma che si vorrebbe autorevole e dinamica, con una scuola dove ancora regnano gli organi collegiali, sta scatenando contraddizioni e frustrazioni pericolose tra i presidi. Tutto ciò è perfettamente canalizzato in direzione corporativa e retriva dall’A.N.P. che, non a caso, oggi gode delle simpatie della stragrande maggioranza della categoria in questione. Spesso i presidi si contrappongono al funzionamento democratico degli organi collegiali e, in moltissime situazioni, stanno entrando in una situazione permanente di conflitto con gli insegnanti e gli A.T.A. Il clima nelle scuole si sta deteriorando a vista d’occhio: si vede che gli sforzi per trasformare la scuola in azienda cominciano a fare effetto. Il documento di Confindustria infine si chiude in maniera sinistra annunciando la “ zero tolerance” per quegli insegnanti e scuole “che danneggiano gli studenti”. E’ straordinario come la parola “licenziamenti” sia pudicamente uscita dal vocabolario di Confindustria per far posto all’eufemistico ma tanto moderno “zero tolerance”; sul concetto di danneggiamento degli studenti, che è profondo come il mare, probabilmente molto presto ci dovremo confrontare. Pietro Fazio http://www.edscuola.it http://www.edscuola.com Mail: redazione@edscuola.com |