Subject | : | APEF: Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella Scuola secondaria di 1° grado |
Author | : | edscuola redazione@edscuola.com |
Date | : | 24 Oct, 2003 on 19:27 |
Parere richiesto sulle “Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella Scuola secondaria di 1° grado” del 24 dicembre 2002. Il documento di “Indicazioni” si preoccupa innanzitutto di giustificare implicitamente il rifiuto della fusione della scuola elementari e secondaria di 1° grado in un unico segmento indifferenziato, ridotto di un anno e denominato “scuola di base”, operata dalla riforma Berlinguer. In quella Moratti, il periodo scolastico successivo alla scuola elementare, alla quale soltanto spetta la nuova qualifica di “scuola di base”, fa certo parte integrante del primo ciclo di istruzione per il quale infatti si è elaborato un unico profilo educativo, culturale e professionale e un unico esame di Stato alla sua conclusione. Tuttavia, oltre a mantenere la tradizionale durata triennale, se ne sottolinea da una parte la destinazione ad una precisa classe di età e dall’altra la natura “secondaria” del tipo di istruzione e formazione impartite. Per quanto riguarda il primo aspetto, la scuola secondaria di primo grado è destinata ai preadolescenti (“accoglie gli studenti e le studentesse nel periodo di passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza”): questo influenza in modo decisivo i compiti di questo segmento scolastico in ordine a vari aspetti del rapporto educativo. Per quanto riguarda il secondo, il documento si pronuncia per una scuola della ROTTURA SUL PIANO EPISTEMOLOGICO rispetto alla scuola di base (ex elementare), anche se di valore simbolico: rottura “che dispiegherà poi le sue potenzialità nell’istruzione e nella formazione del secondo ciclo”: proprio in questa rottura consiste il conoscere in maniera secondaria. Senza scendere ad una analisi particolareggiata di tale rottura nei suoi vari aspetti, esposti chiaramente nel documento, è senza dubbio CONDIVISIBILE il fatto che ne venga sottolineata la necessità, che attribuisce a questo segmento del primo ciclo una sua specificità e autonomia, che lo sottrae ad una concezione meramente continuista, smentita per un verso dalle stesse trasformazioni psico-fisiche dei giovani, per un altro dalla marcata natura disciplinare degli insegnamenti, anche se aperti all’interdisciplinarità più completa e “al salto transdisciplinare, ovvero il confronto con una visione personale unitaria di sé, degli altri, della cultura e del mondo”. Il documento passa poi ad illustrare gli obiettivi generali del processo formativo, individuandone sette. Questi obiettivi formativi sono fondamentali, tanto che poi si specifica che la progettazione di unità di apprendimento sulla base degli obiettivi specifici di apprendimento illustrati nelle tabelle, ne deve essere caratterizzata. Dunque le unità devono tenerli presenti nella loro elaborazione perché senza di essi diventano insignificanti per i singoli allievi. Gli obiettivi formativi in effetti sono tutti condividibili in toto e, se tenuti presenti, possono effettivamente contribuire a fare della secondaria di primo grado una scuola importante e significativa per gli alunni. Molto importante è l’affermazione della scuola della “relazione educativa”, come superamento della concezione della logica di scambio da una parte e quella del mero rapporto dall’altra. Per molti aspetti, si tratta di procedere in maniera più consapevole, organica e coerente nella strada già imboccata dall’attuale scuola media, come risulta dai programmi del 1963 e del 1979 e ancor più dall’effettiva prassi didattica delle scuole. Lascia tuttavia qualche perplessità l’obiettivo sesto, che espone la funzione della scuola come istituzione della prevenzione dei disagi e del recupero degli svantaggi: almeno per la parte in cui si finisce per attribuirle un compito di supplenza e di compensazione sociale molto difficile e di dubbia efficacia, che corre il rischio di snaturarla, caricandola di incombenze che possono sconfinare nel puro e semplice assistenzialismo sociale. Il Profilo educativo a conclusione del primo ciclo utilizza gli obiettivi specifici di apprendimento indicati nelle tabelle per progettare unità didattiche di apprendimento. Le tabelle annesse infatti sono le indicazioni nazionali delle conoscenze e delle competenze che gli allievi devono avere acquisito alla fine del primo ciclo. Per quanto riguarda quelle della secondaria di 1° grado, esse sono la base su cui le scuole e i docenti devono operare per l’elaborazione delle unità didattiche di apprendimento, che devono partire da obiettivi formativi adatti e significativi per i singoli allievi. Esse sono ordinate per discipline da un lato e per educazioni dall’altro, che trovano la loro sintesi nell’unitaria educazione alla Convivenza civile. Il documento afferma che il CUORE del processo educativo “ si ritrova nel compito delle istituzioni scolastiche e dei docenti di progettare le Unità di apprendimento”. Si chiarisce, in relazione all’ordine di presentazione delle conoscenze e delle abilità nelle tabelle, che da una parte c’è un ordine epistemologico, che vale però per i soli docenti, come “mappa culturale, semantica e sintattica, che essi devono padroneggiare anche nei dettagli e mantenere sempre viva ed aggiornata”; dall’altro c’è un ordine di svolgimento psicologo-didattico, che vale per gli allievi ed “è tutto affidato alla determinazione professionale delle istituzioni scolastiche e dei docenti, che entra in gioco quando si passa dagli obiettivi specifici di apprendimento agli obiettivi formativi”. La distinzione è molto opportuna per evitare il pericolo di un irrigidirsi delle indicazioni in programmi, che non tengano conto delle specificità personali degli allievi, dei loro ritmi di apprendimento, delle loro esigenze concrete, con ricadute in valutazioni meccaniche. L’autonomia delle scuole può esserne esaltata e valorizzata al massimo grado insieme alla competenza professionale dei docenti. Ma il punto fondamentale è proprio quest’ultima: la complessità delle operazioni richieste dall’elaborazione delle unità di apprendimento e la loro esecuzione comporta una competenza professionale dei docenti e un loro impegno che, nella situazione attuale, è molto dubbio che sia realistico pretendere. C’è poi da chiarire il rapporto tra i due blocchi di obiettivi specifici di apprendimento. Per quanto riguarda quelli per così dire disciplinari, nulla quaestio, mentre non si comprende bene la natura di quelli relativi alle educazioni. In primo luogo, l’averli riuniti sotto la rubrica “Educazione alla convivenza civile” dà l’impressione di una reductio ad unum meramente nominalistica., che rivela solo il disagio rispetto alla proliferazione incontrollata delle “educazioni”. In secondo luogo, entra in gioco il problema generale della validità di un’EDUCAZIONE DIRETTA, in luogo di quella indiretta cioè mediata dalla formazione culturale, su cui il documento nulla dice. In terzo luogo, c’è il problema del rapporto tra la formazione disciplinare e quella delle educazioni. In realtà l’impressione è che il documento, per questo aspetto si appiattisca passivamente sull’esistente, senza avere il coraggio di cancellare semplicemente queste cosiddette educazioni.. In realtà, infatti, esse sono poi smentite dagli stessi obiettivi formativi specifici, ad esse relative, indicati nelle tabelle. L’educazione alla cittadinanza non è altro che una nuova disciplina specifica, e come tale dovrebbe essere insegnata, e nel suo ambito rientra a pieno titolo la cosiddetta “educazione stradale”; altre rientrano nelle varie discipline, come scienze e tecnologia. Ci si chiede perché i loro obiettivi non possano essere comprese nelle unità di apprendimento delle discipline comuni. Così come sono, tra l’altro, da chi dovrebbero essere insegnate? Di fatto dunque siamo in presenza di un proliferare inutile di discipline quasi tutte spurie e confuse. L’insieme delle unità di apprendimento effettivamente realizzate, con le eventuali differenziazioni per singoli alunni, dà origine al Piano di studio personalizzato, che resta a disposizione delle famiglie e dei preadolescenti e da cui si ricava anche la documentazione per la compilazione del Portaolio delle competenze individuali. L’ispirazione culturale-pedagogica infatti si evince già dalle indicazioni e dalle tabelle allegate, dei saperi disciplinari e delle educazioni: non si vede che resti alle scuole da questo punto di vista. In conclusione, il documento in esame sembra il risultato dello sforzo di “volare molto alto” ma a costo di perdere di vista spesso molto aspetti concreti della vita scolastica. Soprattutto sembra presupporre un corpo docente diverso da quel che realmente è. Questo di per sé non è negativo, se si mette mano immediatamente da una parte ad un sistema di reclutamento coerente e severo, dall’altra ad un’opera di “traduzione” concreta delle enunciazioni così da renderle più operative, entrando anche nel merito dei molti problemi che le indicazioni non mettono bene a fuoco. http://www.edscuola.it http://www.edscuola.com Mail: redazione@edscuola.com |
Subject | : | APEF: Indicazioni nazionali per i piani di studio personalizzati nella Scuola secondaria di 1° grado (2) |
Author | : | edscuola redazione@edscuola.com |
Date | : | 24 Oct, 2003 on 19:28 |
Stato giuridico degli insegnanti: una svolta da sostenere Comunque un risultato La prima valutazione che ci corre l’obbligo di fare, al di là del merito dei due DDL attualmente in discussione in Commissione Cultura della Camera, sostanzialmente identici nei principi ispiratori e nei contenuti, è una valutazione dichiaratamente pregiudiziale. Nel senso che non si può che esultare di fronte al fatto che il Parlamento si sia riappropriato, dopo 30 anni, di ciò che gli compete e cioè la definizione per via legislativa dello stato giuridico che definisca i principi, i valori e gli assetti su cui si basa la professione docente che, proprio perchè fondata sul principio costituzionale della libertà d’insegnamento, non può essere ridotta esclusivamente a materia pattizia. I contenuti Questo dispositivo, che ha le caratteristiche di una Legge quadro con regolamenti attuativi affidati al Ministro, contiene tutti quei principi che chi ha una visione dell’insegnamento come professione basata su un’autonomia che va garantita e valorizzata, non può non accogliere favorevolmente. Le reazioni E’ davvero sconcertante il terrorismo che viene fatto dagli apparati sindacali, anche da quelli rappresentativi di soli docenti, quando evocano il fantasma della mancanza di democrazia perché il Parlamento vuole aggiornare lo stato giuridico degli insegnanti come ha già fatto per altre categorie professionali del Sistema pubblico. Oppure quando, nella solita appiattita ottica di mantenimento dell’insegnante-massa, liquida l’opportunità delle carriere addirittura come subdolo artificio del Governo per attuare una logica di risparmi. Mentre nulla dice in termini propositivi, forse perché lo ignora, su come mettere gli insegnanti in grado di gestire il cambiamento imposto dalle riforme, nell’organizzazione del lavoro della didattica, della progettazione, del monitoraggio dei curricula, della valutazione interna e di sistema, ma soprattutto nell’agevolazione e nel riconoscimento di un percorso di crescita professionale che avrebbe anche la funzione essenziale di una rimotivazione del corpo docente.
Le ragioni fondamentali che, oggi, rendono pressante una riscrittura legislativa dello stato giuridico dei docenti sono da una parte le necessità del sistema integrato di istruzione e istruzione e formazione, basato sull’autonomia delle scuole, quali emergono in particolare dalla L. 28 marzo 2003, n.53 (Riforma Moratti), ma che già emergevano dal mosaico legislativo della riforma Berlinguer, oltre che dalla concreta prassi “autonomistica”delle scuole; dall’altra il fatto che il vecchio stato giuridico, ex lege 477/1973 è stato demolito dalla successiva “privatizzazione”, o meglio, “contrattualizzazione” del rapporto di lavoro ex D. Legsl. n.29/1993, via via modificato e infine confluito nel D.Legsl. n.165/01. Antonio Porcu, responsabile Centro studi A.P.E.F.
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