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Subject  :  Resistenza..Fosse Ardeatine...anno 2003
Author  :  giambro ambrosini@iol.it
Date  :  05 Sep, 2003 on 15:17
Ho scritto una lunga lettera, cosa ne pensate? Ho zippato l'elenco degli indirizzi degli onorevoli e di 9 senatori (quelli trovati).Se qualcuno ha voglia di scrivere...o di rispedire a proprio nome questa lettera o aggiungere il proprio nome e spedire... mia nuova e-mail giancarloambrosini@yahoo.it
Venezia, 2/9/2003
Sig. Onorevoli e Sig. Senatori

Le Fosse Ardeatine sono indubbiamente luoghi emblematici della guerra anti nazifascista. Le tombe allineate ci ricordano quanto l’uomo possa essere orrendamente disumano verso i suoi simili. Tombe che ricordano o dovrebbero ricordare, che l’Italia è una Repubblica, nata grazie al sacrificio di migliaia di uomini , prima ancora che patrioti e partigiani. La prima tomba non accoglie spoglie di alcuno, ma sull’epigrafe troviamo scritte tre parole: “libertà, democrazia, lavoro“, ideali della Resistenza e principi guida posti a fondamento del nuovo Stato sociale. Infatti,la Costituzione, all’art. 1 recita: “L’Italia è una Repubblica demoratica, basata sul lavoro.”
“LAVORO” concetto apparentemente chiaro, semplice,che tuttavia, oggi più che mai, ha assunto nel nostro come e più che in altri Paesi, così tante e tali sfumature da perdere il significato originario.
Una volta alludeva a sicurezza, apriva alla possibilità di delineare il proprio futuro; oggi appare sinonimo di precarietà : è impossibile progettare ogni cosa, spesso persino “il mettere su famiglia”.
Siamo forse scivolati in forme di occupazione latamente anticostituzionali ? L’art. 4.ci illumina in merito : ”La Repubblica riconosce a TUTTI i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.”
Fermandoci qui ne sappiamo ancora poco. Una definizione sommatoria e generica che non aggettiva, non chiarisce se debba essere atipico, saltuario, precario e sottopagato, oppure a tempo indeterminato, garante quanto basta ad una progettualità esistenziale seppur minima.
Ma procedendo nella lettura del Testo guida scopriamo, Art,36, che, forse qualche lume ci è fornito :
”il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e IN OGNI CASO SUFFICIENTE AD ASSICURARE A SE’ E ALLA FAMIGLIA UN’ESISTENZA LIBERA E DIGNITOSA.”
Concetti chiaramente enunciati che difficilmente consentono di avvallare lo stato di cose in cui , di fatto, versa buona parte dei lavoratori : i contratti per lavori atipici , temporanei , sono in continua crescita, e tale prassi è andata progressivamente consolidandosi dopo gli accordi intercorsi tra governo e OO.SS nel ’92 e ’93.
Il pianeta scuola non differisce dal panorama generale e la condizione di “precario” sta diventando il nuovo inquadramento lavorativo!
Decine di migliaia di lavoratori , anche della scuola, sono da anni in attesa di firmare un documento che , ponendo fine alla provvisorietà d’ impegno , configuri in forma chiara un possibile modus vivendi; le loro famiglie attendono con loro,per poter finalmente pensare al domani sapendo che potranno pagare la luce, l’acqua …far fronte ad impellenze che taluni forse continuano a considerare opzionali, tanto da non sentirsi in dovere di dare spessore, profilo definitivo alle lunghe fila di precari assiepati all’ingresso dell’ufficio di collocamento di turno .
Il medesimo governo , non già la Repubblica, con la legge 18 luglio 2003 n. 186, immette in ruolo ventimila docenti di religione cattolica. Li pone all’opera nella scuola di tutti , entro uno Stato in cui vigono ancora gli esiti del Concordato, che sancisce il diritto alla libertà d’opzione e professione religiosa , entro i cui testi normativi viene conclamato il diritto dovere di tutela della minoranze ; uno stuolo di docenti che , seppur retribuiti con i fondi provenienti dalle casse di questo Stato democratico , si configurano quali “dipendenti” dello e dallo Stato della Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
Ma l’Art. 7 della Costituzione precisa perentorio: “Lo Stato e la chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.”
Mi sorge allora una riflessione , indugio intorno a quello che , apparendo un evidente non sense , mi porta a concludere ci sia un qualche contrasto interpretativo tra applicazione e norma costituzionale.
Ed allora mi chiedo: quali programmi ha questo governo, quale didattica intende sostanziare ,quali ordinamenti fondano la prospettiva appena dischiusa dalla Riforma ??
L’interloquire della mia mente si apre e cede al necessario confronto, scopre condivisione, perplessità e spiazzamento diffusi. Il docente d’oggi sconta certamente un prezzo storico: l’inadeguatezza del sistema formativo è resa ancor più palese dall’accelerazione con cui il panorama post-moderno muta rendendo inevitabilmente parziale ogni prospettiva . L’utente si confronta con soggetti e dimensioni nuove, inedite , spesso cede alla tentazione di confidare nell’esperto, di non porsi troppi interrogativi …tuttavia anche l’addetto ai lavori gli appare improvvisamente smarrito, incontra difficoltà ad orientarsi in un disquisire di e sulla scuola entro cui a nulla valgono anni di studi pedagogici, entro cui la logica di fondo pare talmente nuova , lontana e diversa da inibire ogni forma di pensiero orientato ed orientativo, un procedere incespicando che delinea spire concentriche ed inconcludenti, che cozza contro la “nuova logica”… certo, LA SCUOLA- IMPRESA! Ma si tratta di forme , non solo linguistiche e definitorie , che non appartengono al maestro , in cui non si riconosce…languido macinatore di idealismi in cui la persona- bambino è, da sempre al centro, da sempre fulcro di ogni dimensione speculativa o preoccupazione prassica ma,secondo una luce estremamente diversa da quella che ci fornisce l’esperta, il Ministro .
Ovvio! I percorsi esperienziali della gente di scuola non seguono, non coincidono con i sentieri formativi di colei che il governo ha posto quale guida , ha individuato quale idonea referente per dare nuova configurazione al mondo di domani forgiandone le menti entro la “nuova scuola”. Dopo l’iscrizione anticipata, un obbrobrio per chi è solo un po’ addentro alle problematiche della scuola, in estate sono stati emessi DM e circolari che si contraddicono l’un con l’altra, verrebbe quasi da pensare si tratti di un malcelato proposito di confondere ulteriormente, di destabilizzare allo scopo di aggirare l’ostacolo di base: il varo dei necessari decreti attuativi , quelli che soli potrebbero tradurre in essere la legge delega n. 53 che , ora, persiste quale mera progettualità intenzionale.
Nel marasma di un nuovo anno incipiente, caotico quanto e forse più che in passato nessuno sa dire con certezza cosa si deve tradurre nella pratica didattica e cosa invece si potrebbe fare, volendolo. Il concetto di deliberazione e quello di norma si stanno accavallando e confondendo …il concetto di persona ed individuo già lo erano entro gli anticipi enunciati dal progetto di Riforma!
Il Ministro è esperta in campi ben lontani da quello dell’istruzione, della formazione, almeno dalla sostanzialità con cui si è consueti riempire tali accezioni verbali in quella che, per dettato costituzionale, è ancora la scuola DI TUTTI. Conosciamo i precedenti del Ministro: impero Murdoch, televisione… ma la scuola non è un’azienda costituita da dipendenti che si possono licenziare o assumere secondo le leggi del mercato, l’organizzazione scolastica non può essere destrutturata senza che vi sia una inevitabile ricaduta sul tessuto territoriale e sociale entro cui è sorta, sulla base delle cui esigenze si è configurata . Intorno alla scuola ruotano economie, lavoratori altri, famiglie, quelle stesse che talora pare il governo si preoccupi di tutelare ; mutare un significato significa mettere in movimento dimensioni e sensi esistenziali, menti e prospettive , qualità di vita.
I precedenti governi hanno bloccato l’espansione del tempo pieno alle elementari non tenendo in alcun conto le crescenti richieste da parte delle famiglie di un tempo scuola più lungo (legge 140/90), hanno attuato una razionalizzazione che ha portato alla diminuzione del numero delle classi cui è stato contrapposto l’aumento del numero degli alunni. Le conseguenze sono state immediate:perdite di posti di lavoro. Un calo per normativa dell’1% all’anno dei dipendenti pubblici, oggi tale percentuale è salita al 2% per il personale ATA. Questo solo per contenere la riflessione entro il forse angusto ambito dell’evidente , del concreto , per non dilungarsi in riflessioni circa la reale qualità del servizio educativo elargibile all’utenza :il mutare dei valori sulla bilancia del relazionale , l’incremento delle , a noi docenti purtroppo note ed in costante aumento, situazioni di disagio, rappresentano parametro infinito nel supportare la logica , semmai, della riduzione , laddove stia veramente a cuore garantire “pari opportunità, diritto alla studio, rispetto della diversità quale risorsa valorizzabile in funzione sociale”.
Laddove l’Art. 33 della Costituzione stabilisce: “La Repubblica istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi” si apre un fronte più ampio alla medesima riflessione, tocchiamo ancora una volta con mano la non volontà dello Stato di andare incontro ai bisogni dei cittadini mediante l’istituzione di scuole pubbliche per l’infanzia : la cura di questa delicata fase della crescita del cittadino è stata e continua ad essere regno e monopolio dell’iniziativa privata. La quasi totalità delle forze politiche sembra non avvertire il rischio celato oltre il plauso allo spirito di iniziativa di chi, sostituendosi allo Stato in quanto dovrebbe rappresentare motivo principe di ogni progetto di assestamento sociale, fornisce servizi scelti ad utenti altrettanto scelti e, oserei dire, orienta con ciò facendo ogni possibile divenire del collettivo in virtù di un potere concessogli da spirito di iniziativa e da un buon “portfoglio”.
Probabilmente dopo la caduta del muro di Berlino , con il declino del comunismo lo stato sociale non ha più motivo di esistere, è venuta meno la sua funzione essenziale : arginare l’espansione del comunismo in Europa, ma , forse, sarebbe il caso che i governi si occupassero di più dei problemi quotidiani dei cittadini
e della formazione delle loro menti… se la memoria storica non mi inganna la scuola, la cultura, l’istruzione sono state avversate od osannate nelle alterne vicende del sociale, epoche di oscurantismo e sovrani illuminati hanno , sempre, visto in tutto ciò strumento pericoloso o , a seconda dell’idea di cittadino configurata, preoccupazione ineludibile e viatico di crescita .
Mi sia consentito citare Luigi Volpicelli che , con una frase di 40 anni fa , ma di un’attualità sconcertante coglie nel segno allorché asserisce “la scuola è il solo reale problema dello stato moderno. Tanto che lo ritrovi a fondamento della vita economica e della vita spirituale, come anche della prosperità sociale, la politica scolastica, così si rivela al centro e alla base di ogni azione politica:naturalmente, là dove esistano davvero azione e vita politica.”
Forse il Volpicelli non prevedeva che in un non lontano futuro la scuola italiana sarebbe divenuta una spesa anzichè un investimento.
Ma la scuola è davvero una spesa insostenibile o si tratta solo di riconoscerle dignità e giusto valore entro il divenire del sociale? Ricordiamo esperienze di descolarizzazione, tomi titolati “La scuola è morta” e ricordiamo anche che la storia ha ampiamente smentito l’inanità delle iniziative del Magno Carlo.
Si vuole che subentrino con maggiore forza le scuole private così da ridurre gli investimenti dello Stato per un servizio ritenuto non produttivo ? Si avrà quale effetto il rimpinguarsi dei conti correnti dei soliti noti… e sin qui , tutto sommato , siamo ancora dinanzi al danno minore! Lo Stato ha davvero deciso di abdicare delegando ad altri il ruolo di farsi garante di se stesso?
Il pensiero inciampa nuovamente e cozza contro la seconda parola della citata epigrafe: libertà…
Riduttivismi, dettati non già da limiti di pensiero quanto di contesto , abbinano questo secondo ideale della Resistenza a quanto avrà luogo, entro aprile 2004, all’interno di organismi come il Gats e il Wto : sono previsti accordi internazionali che metteranno all’asta secondo la logica del libero mercato ,al migliore offerente, una serie di servizi fondamentali e scuola, sanità, acqua….assumeranno il ruolo di poli accentratori, una concentrazione di potere inaudito in poche mani. Saranno allora le Multinazionali a dettare ordinamenti e definire itinerari educativi, rimedi farmacologici e ,perché no , magari sulla base di accertati meriti sociali , indicheranno in quanti litri pro capite si configura il consumo d’acqua consentito? Mi si perdoni il rimpianto , non è dietrologia il dire che con noi sessantottini, in quello che oserei chiamare periodo di passaggio verso la rinascita dell’Italia e della scuola John Kennet Galbraith scriveva:
“è pretesa e vanto del corpo insegnante di modellare la scuola secondo i suoi archetipi preferiti. Può darsi che gli insegnanti abbiano qualche influenza, ma la forza decisiva è il sistema economico.Quella che gli uomini della scuola credono essere la loro libertà d'azione è normalmente la libertà di rispondere a precise esigenze economiche.”
In altre parole : quando lo Stato programma l’istruzione dei giovani,a partire dalla scuola materna fino all’università,deve, necessariamente essere orientato da un ideale, da un principio orientatore , meglio configurabile nella meta , nell’uomo cifra del sociale verso cui aspira.
Altresì,il medesimo imperativo vige quale ineludibile premessa al progettare del docente, ne legittima la prassi rafforzandola , dandole lo spessore dello speculativo. Nel succedersi dei governi si sono tentate definizioni storiche d’uomo più o meno congruenti al contesto entro cui e da cui, parametrando la parte al tutto , traevano legittimazione. Il susseguirsi degli incedere si è tradotto in epistemologie differenti, innovative o talora giocate di recupero. Spesso si è concluso che correggere , aggiornare, ricontestualizzare è azione produttiva laddove non tenda a produrre l’azzeramento ma il recupero ,il riorientamento in itinere di quanto esperienza ha disvelato fallace. Possibile che la nostra scuola, i suoi docenti , i pensatori che le hanno dato vita per così lungo tempo e che talvolta appaiono ancora lungimiranti innovatori siano carta straccia? La concezione di uomo, di cultura di uno stato democratico scaturisce,a differenza di quanto avviene in regimi totalitari, non da una dottrina di stato ma dalla congruenza con gli orientamenti ideologico-culturali espressi dalla coscienza , dalla consapevolezza collettiva.
Infatti,gli stati con Costituzione democratica ,prevedono che programmi di studio e ordinamenti scolastici siano approntati non dal potere esecutivo ma da commissioni parlamentari che sono,appunto,organi rappresentativi della collettività. Laddove il potere esecutivo inerisce sul potere legislativo viene posta in atto una progettualità educativa estranea alla coscienza della collettività sociale, assunta a tutela di visoni parziali, asservita ad ideologie di cui supporta gli interessi e, tra il resto, anche la libertà d’insegnamento spira. Tutto avviene nella o forse grazie alla confusione che, oggi,davvero non possiamo chiamare unicamente scarsa informazione dell’utente o del prestatore d’opera ;nell’indifferenza ignara o solamente inesperta di un cittadino lavoratore contribuente spesso troppo pressato da urgenze quotidiane per potersi concedere lunghi spazi e tempi di riflessione speculativa, che si affida e confida nell’esperto pubblico del settore e, come sempre avviene nella pubblicità, saranno le armi di seduzione gli escamotages posti in atto per stuzzicare l’immaginario collettivo le vere carte vincenti …
Ed allora io, noi, quelli che come e con me credono nella cultura quale ineguagliabile opportunità e strumento al servizio dello Stato sociale , quale reale strumento di innovazione , che ritengono la scuola e con essa l’istruzione ma anche la formazione e l’utente ed il lavoratore e la stessa idea di Stato profondamente lesi e compromessi dall’incedere odierno … mi chiedo:
La Resistenza è davvero finita o dovrà la scuola levare il canto in luogo delle mondine , o dovremo noi vestire il drappo ed additare il , i nuovi nemici della Repubblica, della libertà e del lavoro!
Giancarlo Ambrosini
Docente elementare
Membro Consiglio d’Istituto
I.C. “G.C. Parolari
Zelarino-Venezia
giancarloambrosini@yahoo.it


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