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Subject  :  Si torna in aula con un diario pieno di guai
Author  :  edscuola redazione@edscuola.com
Date  :  10 Sep, 2001 on 07:27
da La Stampa
Lunedì 10 Settembre 2001

Si torna in aula con un diario pieno di guai
Pochi investimenti, strutture fatiscenti e troppi ritardi nella didattica

Raffaello Masci


NOVITÀ E VECCHI PROBLEMI STORIA E GEOGRAFIA NELLE TRE W, CATTEDRE VUOTE E I PESI SULLA SCHIENA DEGLI STUDENTI ROMA Gli alunni e gli insegnanti sono sempre di meno mentre i soldi che si spendono per l’istruzione sono sempre gli stessi, la quota pro-alunno ne risulta dunque più alta, anzi, del 15% maggiore rispetto alla media Ocse (i paesi sviluppati). Eppure la scuola che si apre la prossima settimana stenta a stare al passo con le consorelle europee, la preparazione dei nostri studenti è precaria, quella degli insegnanti discussa, la qualità delle nostre strutture scolastiche fatiscente, e l’analfabetismo ebete-televisivo dilagante.
Questa scuola non è però un carrozzone. Se una struttura riesce a sfornare 60 mila contratti e a distribuire 80 mila incarichi annuali in poco più di due mesi, non lo fa solo perché ha un ministro «decisionista» come Letizia Moratti, ma perché è in grado di farlo. Inoltre la scuola è stata la prima amministrazione dello Stato a dotarsi di una forte rete telematica: le 10.200 scuole italiane sono collegate in «Intranet» e così comunicano, mentre il sito Internet del ministero (www.istruzione.it) è un archivio inesauribile e aggiornato.

MENO ALUNNI PIÙ COSTI. Si fanno meno figli, ci sono meno alunni. E così dal 90 a oggi la scuola ha perso quasi un milione di iscritti (erano 8.543.000, sono 7.606.000) e 80 mila insegnanti. Il rapporto alunni-docenti è di 10,3: il più vantaggioso d’Europa (fatta salva l’Austria col 9,5). Nonostante la riduzione degli alunni, la spesa destinata all’istruzione è all’incirca la stessa, cioè 64 mila miliardi, pari al 4,8% del pil. Una quota che può apparire ragguardevole ma che in realtà è la più bassa d’Europa. La Danimarca, per esempio, spende il 7,1% del pil, e la Svezia il 6,9. Il 98% del bilancio dell’Istruzione se ne va per le spese vive personale.
Per ogni bambino delle elementari l’Italia spende 5730 «ppa» (a parità di potere d’acquisto) l’anno: solo Danimarca e Austria spendono sostanzialmente di più (6596 la prima, 6258 la seconda), per il resto investiamo ben più della Germania (3490), del Belgio (3813) della Francia (3621). Ma alle superiori le cose cambiano: noi spendiamo 6284 dollari, e quasi tutti gli altri di più, a cominciare dagli Usa (7230 dollari). Non deve meravigliare, poi, che siano le elementari il segmento migliore del nostro percorso didattico.

LE STRUTTURE. Secondo una ricerca della Uil scuola il 13,3% delle scuole materne non ha un tetto sicuro e lo stesso vale per il 14,4% delle elementari, del 18% delle medie e del 22,7% delle superiori. Analogo trend riguarda gli impianti elettrici e idraulici. Man mano che si sale nei gradi di istruzione - dice la Uil - la scuole sono peggiori. Soprattutto in Calabria, Sicilia, Campania e Sardegna, si utilizzano ancora vecchie strutture ottocentesche, spesso neppure in sicurezza, nonostante negli ultimi sei anni siano stati spesi 3.164 miliardi per l’edilizia scolastica.

LA VALUTAZIONE. I soldi dunque sono pochi, le strutture carenti, ma la qualità dell’istruzione com’è? L’Istituto nazionale per la valutazione del sistema scuola ha condotto delle indagini in proposito, stabilendo dei raffronti con realtà internazionali. La scuola non ne esce bene. «Diciamo - spiega il prof. Benedetto Vertecchi, per anni ai vertici dell’Istituto - che esiste nella qualità della scuola una estrema differenziazione geografica. E’ come se lo stesso sistema sortisse due esiti completamente diversi tra il Centro-Nord da una parte e il Sud dall’altra. E questo perché la qualità della scuola non è solo quella della didattica e delle attività educative in senso stretto, ma è soprattutto la sua interazione con il contesto. Laddove esiste cattiva amministrazione, scarsa cultura familiare, analfabetismo diffuso, scarsezza di vita culturale, immancabilmente la scuola è peggiore. E così la realtà del sud è purtroppo pessima, anche quando esistono esperienze didattiche, iniziative e docenti di prima qualità». Nelle conoscenze scientifiche e tecniche la preparazione italiana è agli ultimi posti rispetto ai paesi Ocse, e anche nella preparazione umanistica - tanto declamata - la realtà è sconfortante e la fama del liceo classico «totalmente autoreferenziale» dice Vertecchi.

L’ANALFABETISMO. Ancora peggiore è il risultato della scuola visto a distanza di anni. Il 34 per cento degli italiani tra i 16 e i 65 anni non è in grado di comprendere un testo elementare in prosa (lettera, avviso pubblico), la percentuale sale leggermente (36%) per grafici e tabelle, mentre il 32% ha difficoltà serie a svolgere i calcoli matematici elementari. Questi dati pongono l’Italia al 18 posto per qualità dell’istruzione (su 22 paesi Ocse) alle spalle dell’Ungheria, e solo prima di Slovenia, Portogallo, Polonia. Se in Italia il rischio alfabetico interessa una fascia di popolazione che oscilla tra il 34% (per i testi) e il 32% (per i calcoli), in Germania la quota è compresa tra il 14 e il 6, in Inghilterra non supera il 23%, mentre in Svezia è inferiore all’8%». La qualità dell’istruzione è la qualità degli insegnanti: ne parleremo nella prossima puntata.


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