Edscuola Board

Subject  :  Rette più care, l’Europa costretta a inseguire il modello Usa
Author  :  edscuola redazione@edscuola.com
Date  :  14 Oct, 2003 on 07:50
da Il Corriere della Sera
14 ottobre 2003

Dopo la Gran Bretagna anche la Germania sta rinunciando ai corsi senza spese dirette per gli allievi. E negli States occorrono anni per ripianare i debiti

Rette più care, l’Europa costretta a inseguire il modello Usa

LONDRA - Luke Hovland guadagnava 55.000 dollari l’anno; uno stipendio che potrebbe sembrare più che dignitoso, ma che non è bastato a salvare la vita di un uomo disperato di fronte alle rette universitarie della figlia. Quando un giudice del New Hampshire lo ha obbligato ad accollarsi le spese che, quale padre divorziato, gli spettavano per permettere alla ragazza di continuare a studiare alla Tufts University di Boston, 16.000 dollari in 12 mesi, Hovland si è suicidato. Il suo è un caso estremo, che evidenzia però un problema che non appartiene più solo agli Stati Uniti, ma che sta entrando a far parte anche della realtà europea. Sono sempre più i paesi dell’Unione dove la laurea - con l’introduzione di tasse e rette annuali - sta diventando sinonimo di debiti e di grandi difficoltà economiche. Il modello Usa - dove gli atenei sono liberi di stabilire i propri onorari - fa gola a università europee dove anche solo l’acquisto di qualche computer può rappresentare un problema. Nel Regno Unito, primo tra i Quindici a disfarsi, già cinque anni fa, dell’idea che l’istruzione a livello universitario, un privilegio del quale usufruisce ancora solo una piccola parte della popolazione, possa essere finanziata in generale dal contribuente, viene citato spesso come unica soluzione a lungo termine alla crisi economica del settore.

LA GRAN BRETAGNA - Fu il governo laburista di Tony Blair, nel 1998, a introdurre rette universitarie in un paese dove la laurea, anche in prestigiosi atenei come Oxford o Cambridge, era sempre stata gratuita. Già allora comprensibilmente c’era stata la rivolta degli studenti: oggi le 1.100 sterline annuali, circa 1.760 euro, chieste negli ultimi cinque anni dalle università sembrano un buon affare. L’esecutivo Blair ha infatti pronta una riforma che ritoccherà il tetto massimo: non più 1.100, bensì 3.000 sterline. Un livello che rimarrà fisso solo sino al 2011, quando verrà rivisto al rialzo.

UN SISTEMA EQUO? - Secondo Charles Clarke, ministro per l’istruzione britannico, e lo stesso Blair, che all’ultimo congresso del partito laburista a Bournemouth è stato costretto a difendere il suo disegno di legge, si tratta di una soluzione «equa». Il primo ministro ha fatto presente che gli atenei hanno bisogno di maggiori fondi per stare al passo con «le sfide di un’economia globale ad alta tecnologia». Clarke ha precisato che per gli studenti il nuovo modello sarà meno oneroso. «Non saranno più costretti - ha sottolineato - a pagare le rette all’inizio di ogni anno. Cominceranno a saldare il debito che hanno contratto durante gli studi solo una volta che troveranno lavoro e riscuoteranno uno stipendio pari o superiore alle 15.000 sterline l’anno (circa 24.000 euro)».

I SOLDI NON BASTANO - Secondo alcuni atenei del Regno, però, la riforma non è sufficiente a sanare i problemi finanziari degli istituti. Lord Butler, direttore dell’University College di Oxford, ha auspicato che in futuro siano gli stessi atenei a poter stabilire il livello delle rette. «Solo così - ha precisato - potremo stare al passo con le università statunitensi, con le quali al momento non siamo in grado di competere in fatto di ricerche scientifiche e attrezzature».

GERMANIA - Nel Regno Unito, in Portogallo, in Olanda, in Austria e in Spagna, le rette universitarie sono ormai una realtà; in altri Paesi europei la loro introduzione è al centro di accesi dibattiti. In Germania, tra le nazioni con il numero più alto di studenti (1.800.000), tasse e rette sono vietate dalla legge, ma secondo il rettore dell’università Humboldt di Berlino, che ha prodotto 29 premi Nobel tra cui Albert Einstein, sono necessarie. «Abbiamo due possibilità - ha spiegato Jurgen Mlynek -. Una è condannare la Germania a diventare un paese mediocre. L’altra è investire seriamente nell’istruzione e nella ricerca. Se il settore pubblico non è in grado di darci i soldi dobbiamo pensare a un’alternativa. A lungo termine l’introduzione di rette universitarie è inevitabile». Secondo Mlynek un aumento dei costi potrebbe convincere inoltre gli studenti ad applicarsi di più e a terminare gli studi più in fretta.

FRANCIA - La Francia è tra i Paesi dove l’università costa meno in assoluto - una tassa annuale di 160 euro - ma negli atenei la situazione non è rosea. Il 40% degli studenti abbandona l’università prima della fine del biennio iniziale.

Paola De Carolis


http://www.edscuola.it
http://www.edscuola.com
Mail: redazione@edscuola.com

Powered by UltraBoard 2000 <www.ub2k.com>