Edscuola Board

Subject  :  la carriera di un critico
Author  :  edscuola redazione@edscuola.com
Date  :  22 Jul, 2001 on 08:34
da Repubblica.it
22 luglio 2001

un esponente di primo piano della cultura cattolica

stefano giovanardi


Se mai critico rimase legato, quasi inchiodato direi, a una formula da lui creata, questi fu Carlo Bo con la sua «letteratura come vita». Era il settembre del 1938 quando sulla rivista fiorentina Il Frontespizio, culla cattolica della nouvelle vague ermetica, il ventisettenne Bo (era nato a Sestri Levante nel 1911) pubblicò il saggio dal titolo fatidico Letteratura come vita. Nonostante la giovane età, l'autore aveva già al suo attivo due volumi di francesistica (Jacques Rivière, 1935 e Delle immagini giovanili di SainteBeuve, 1938), e l'anno dopo avrebbe raccolto nel libro destinato a rimanere il suo più famoso, Otto studi, i suoi saggi sulla letteratura italiana contemporanea: Boine, Jahier, Serra, Campana, Sbarbaro, Ungaretti, Montale, preceduti e come giustificati da quel contributo al Frontespizio che aveva fatto immediatamente molto discutere.
Curioso: a rileggere oggi alcune affermazioni lì contenute, senza neanche troppo estrapolarle dal contesto, si potrebbero scambiare quei discorsi per una sorta di pronunciamento in favore di una letteratura profondamente coinvolta nella realtà, non dico direttamente engagée ma quasi: «A questo punto è chiaro come non possa esistere se non su una carta ormai abbandonata di calcoli e di storie letterarie un'opposizione fra letteratura e vita. Per noi sono tutt'e due, e in ugual misura, strumenti di ricerca e quindi di verità: mezzi per raggiungere l'assoluta necessità di sapere qualcosa di noi, o meglio di continuare ad attendere con dignità, con coscienza, una notizia che ci soddisfi e ci superi». Eppure Letteratura come vita è stato recepito fin dalla sua uscita come una sorta di impalcatura teorica offerta all'ermetismo fiorentino, che moltissimi nel dopoguerra accuseranno di aver prosperato, felicemente cieco e sordo, in una sua turris eburnea affatto separata dalla realtà.
Il fatto è che per Bo, allora e in fondo sempre, l'opposizione rimossa fra letteratura e vita si riproponeva invincibile fra vita e realtà: «Rifiutiamo», diceva, «una letteratura come illustrazione di consuetudine e di costumi comuni, aggiogati al tempo»; al bando dunque qualsiasi realismo, e quindi qualsiasi forma di "impegno", inevitabilmente «aggiogati al tempo», e spazio alla Vita vera, quella che prescinde dal Tempo, e si fonda perciò sull'eternità dello Spirito e di Dio. E infatti: «Vale soltanto cedere con coscienza quindi con la possibilità di risalire a climi vitali, a condizioni rivelate a tutti i movimenti dello spirito, ai suggerimenti della vera vita che nasce da questo eterno confronto della nostra anima con il senso totale della verità».
A ben vedere, Bo non aveva fornito all'ermetismo una visione del mondo, o sopramondo che sia, bensì un grimaldello per scardinare le porte della turris eburnea e scendere in campo come scuola militante, truppa d'assalto per la riscossa di una letteratura integralmente cattolica, sotto i vessilli di una «vera vita» capace di oscurare per sempre una realtà di lotte, di infelicità, di disperazioni, di riscatti storici e individuali. A tale opzione di cattolicesimo militante, anche nel senso di occupazione "militare" degli spazi culturali, il critico rimase sempre legato. La sua attività di ricerca andò sempre di pari passo con un'indefessa attività organizzativa: professore universitario di lingua e letteratura francese fin dal 1939, fu il creatore della libera università di Urbino, una delle prime università private italiane, della quale fu rettore dal 1950 fino a per deroga speciale ben oltre l'età della pensione; critico letterario del Corriere della sera, arrivò ben presto a detenere il record italiano di presenze in giurie di premi letterari, costruendosi a poco a poco un ruolo di pontifex maximus delle lettere nostrane, sancito infine dalla nomina a senatore a vita.
Anche i suoi saggi critici di maggior peso, al di là delle effimere cronache letterarie, rivelano un'ineludibile natura militante. Basti pensare all'acribia interpretativa, certamente di alta qualità, dispiegata negli Otto studi per ricondurre ai princìpi dell'ermetismo autori anche fortemente renitenti a simili infeudamenti, come Campana, o Sbarbaro, o Montale; oppure al di molto successivo La religione di Serra (1967); o ancora alla capziosa Inchiesta sul neorealismo, realizzata nel 1951. Dichiaratamente fazioso, pienamente a suo agio nel cuore di polemiche talora furibonde (famosi gli strali che di tanto in tanto gli indirizzava Fortini, con epigrammi tipo «A Carlo Bo non piacciono i miei versi./ Ai miei versi non piace Carlo Bo», oppure «Carlo Bo./ No»), non trascurava comunque i suoi interessi riguardanti le letterature straniere, che gli hanno propiziato certamente i suoi migliori risultati di studioso.
I Saggi di letteratura francese (1940), il Bilancio del surrealismo (1944), le Carte spagnole (1948), nonché le numerose antologie di poesia francese e spagnola da lui curate, testimoniano ancora oggi un'attenzione ad amplissimo raggio alle vicende letterarie di quei paesi, e in particolare a quelle contemporanee, sostenuta dalla capacità quasi rabdomantica di cogliere tendenze in fieri, sviluppi possibili, accostamenti inediti e arditi. E certo non vanno trascurate le indicazioni interpretative contenute in Della lettura e altri saggi (1953), vero e proprio manifesto di una critica asistematica, insofferente a metodologie troppo costrittive e fondata innanzi tutto sulla sintonia (o distonia) spirituale con l'autore oggetto dell'analisi: una sorta di dialogo ininterrotto, scandito magari da idiosincrasie, dissensi o rabbuffi, ma sempre teso ad accertare, nel testo, una verità non effimera, non importa se appartenente all'autore o al critico.
Un cattolico tutto votato alla prassi, insomma, ma con un'inquietudine di fondo, con un rovello di ricerca e di verifica non eludibili. E quando quel rovello cessa di utilizzare la mediazione della letteratura, per puntare direttamente sulla qualità della fede (Sulle tracce del Dio nascosto, 1984), emerge a tutto tondo una concezione drammatica dell'esistere finalmente priva di qualsivoglia consolazione.


http://www.edscuola.it
http://www.edscuola.com
Mail: redazione@edscuola.com

Powered by UltraBoard 2000 <www.ub2k.com>