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Subject  :  La Cina sigilla "Google" Navigatori in protesta
Author  :  edscuola redazione@edscuola.com
Date  :  05 Sep, 2002 on 20:05
da Repubblica.it

Il governo cinese ha bloccato il popolare motore di ricerca su Internet da sabato scorso. I giornalisti: "Basta con la censura"

La Cina sigilla "Google" Navigatori in protesta
Le autorità forse temono che la "cattiva informazione" pregiudichi il Congresso del Partito comunista a novembre

di ALESSANDRA RETICO

ROMA - Il governo cinese ha "sigillato" da sabato scorso l'accesso a Google, il motore di ricerca Internet famoso in tutto il mondo. Il blocco sta provocando numerose proteste in Cina e oggi un'associazione di difesa della libertà di stampa ha chiesto alle autorità di tornare sui propri passi e riaprire le porte di Google agli oltre 45 milioni di navigatori cinesi.

"Il governo cinese blocca regolarmente l'accesso a diversi siti Internet, specialmente a quelli di organi d'informazione stranieri o di gruppi di difesa dei diritti dell'uomo, ma questa è la prima volta che viene bloccato un motore di ricerca", ha scritto in una lettera aperta alle autorità il Comitato di protezione dei giornalisti, con sede a New York. Nella lettera, il Comitato chiede alle autorità cinesi di mettere fine a questa "censura".

Google, uno dei motori di ricerca più conosciuti e utilizzati nel mondo e che possiede una versione cinese molto popolare (supera per fama e uso altri due motori cinesi, Sina.com e Sohu.com) ha base in California, a Mountain View. I responsabili del motore Internet, rimasti in un primo momento sorpresi del blocco deciso dal governo cinese, si sono successivamente messi in contatto con le autorità di Pechino per cercare di trovare una soluzione al problema. Le restrizioni ai contenuti di Internet sembrano essere aumentate in Cina in vista del cruciale congresso del Partito comunista del prossimo 8 novembre che deve nominare i nuovi dirigenti. Il presidente Jang Zemin la settimana scorsa si è raccomandato coi suoi "uomini" addetti alla campagna elettorale a creare "una buona atmosfera" in vista del Congresso.

Fatto è che da sabato in Cina è impossibile cliccare sul mouse per tentare di aprire la pagina web di Google: un messaggio dice che non è disponibile. Da tempo le autorità di Pechino tengono sotto stretto controllo quello che Internet rappresenta per un Paese come la Cina: una pericolosa "finestra sul mondo". Secondo le associazioni per i diritti umani, oltre 30 mila persone lavorano per controllare siti internet, chat e messaggi di posta elettronica. "E' uno strumento molto popolare che crea diversi fattori di litigio - ha dichiarato, alla Bbc, Duncan Clark, a capo del centro di Pechino per la consulenza tecnologica Bda. "Vi prego, dite al mondo che abbiamo bisogno di Google, di Yahoo!, o di qualche altro motore che ci permetta di fare ricerche sul Web. A noi non interessa la politica".

Negli ultimi tempi diversi gruppi di dissidenti hanno creato dei contatti, per alimentare il dissenso, attraverso la Rete. Tra i movimenti più attivi c'è la setta religiosa del Falun Gong e gli indipendentisti tibetani. Una campagna del governo ha chiuso, negli ultimi mesi, oltre 150 mila internet cafè. In maggio molti siti stranieri di informazione sono stati "sbloccati" (inclusa l'agenzia Reuters) ma molti altri politicamente "sensibili" sono ancora inaccessibili. E i motivi del blocco di Google? In un articolo inviato al portale NetEase.com si dice che il governo cinese vuole preservare i propri cittadini dal materiale pornografico che circola su Internet, dalla propaganda antigovernativa dei seguaci di Falung Gong, dalle possibile minacce alla sicurezza del Paese.

Visto il delicato appuntamento di novembre col Congresso del Partito, il governo ha reputato evidentemente opportuno tenere a bada uno dei motori più popolari e usati anche in Cina per timore che possa rappresentare un "pericolo". Su Google i navigatori cinesi hanno cercato informazioni sul presidente Jiang Zemin: digitando il suo cognome su Google vengono fuori circa 156 mila siti che lo citano. Al contrario, un motore cinese molto popolare nel Paese, Sina.com, "trova" solo 1600 citazioni di Jiang mentre la versione cinese dell'americano Yahoo! produce appena 24 risultati.

Una delle pagine tirate fuori da Google con la ricerca Jiang è proprio quella della setta Falun Gong, bandita dal governo cinese, che accusa il presidente di aver sterminato gli adepti del gruppo spirituale perché sentito come una minaccia al controllo del partito comunista.

Ma il blocco di Google, sempre secondo Duncan Clark, non farà altro che "aumentare la creatività" dei navigatori cinesi, che cercheranno di comunicare col mondo attraverso altre strade, come ad esempio i "proxy servers" stranieri per riuscire a "raggiungere" e recuperare la memoria di siti bloccati.

(5 settembre 2002)


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