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Subject  :  Qualche buon consiglio. Anche a genitori e fidanzati
Author  :  edscuola redazione@edscuola.com
Date  :  25 Jun, 2002 on 06:59
da Il Corriere della Sera
Martedì, 25 Giugno 2002

Qualche buon consiglio. Anche a genitori e fidanzati
MATURANDI, VOLETEVI BENE

di MASSIMO PIATTELLI PALMARINI

Da quando, alcuni anni or sono, pubblicai un libro sulla voglia di studiare, regolarmente, con l’arrivo degli esami di maturità, mi arrivano gradite richieste di interviste sui consigli che vorrei dare ai maturandi. Una domanda, che all’inizio trovavo piuttosto curiosa, fiocca immancabile: cosa dovrebbe mangiare, o non mangiare, chi si prepara agli esami? E poi: sono efficaci le pillole per aiutare la memoria, o l’attenzione? Quotidiani e settimanali, infatti, consacrano almeno un inserto speciale a tali consigli farmaco-dietetici. Adesso non mi stupisco più, perché ho individuato nella grande kermesse annuale e nazionale della maturità un’antica e corposa componente, della quale, credo, non ci rendiamo ben conto. Si tratta della «cura di sé», magistralmente analizzata nel lontano 1982 dal compianto Michel Foucault, in un suo corso al Collège de France, solo recentemente pubblicato a cura di Alessandro Fontana.
Il nucleo di questa concezione, ufficialmente abbandonata da lungo tempo, ma pur sempre riaffiorante a sprazzi, per esempio nella psicoanalisi ortodossa, nelle varianti ascetiche del marxismo, nei gruppi di meditazione e nelle conventicole di ispirazione orientaleggiante, è che l’accesso alla conoscenza debba obbligatoriamente passare per una trasformazione in profondo della propria persona.
Diversa dal più noto precetto delfico «conosci te stesso», la cura di sé come via maestra alla conoscenza riemerge discreta in occasione dell’esame di maturità, nelle famiglie e nella grande stampa. Come giustamente sottolineava Gaspare Barbiellini Amidei su queste colonne ( Corriere , 17 giugno, prima pagina) siamo in presenza di un vero e proprio rito di iniziazione (o di «svezzamento», come dice lui), cioè ad una prova che gli adulti maturi infliggono ai giovani per entrare a far parte a pieno titolo della collettività. Esplicitamente, ufficialmente, è una prova delle conoscenze, ma in profondo l’esame di maturità viene vissuto come un angusto passaggio entro un cunicolo, zeppo di trabocchetti, alla fine del quale splende la luce dell’età veramente matura. Per arrivare dall’altra parte bisogna almeno un po’ contorcersi, psicologicamente, trasmutarsi pian piano in qualcosa di diverso, interiorizzare le regole del gioco. I fatti, le idee, è ben noto, non vanno semplicemente «saputi», ma saputi così come i professori vogliono sentirseli raccontare. E’ una preparazione culturale che va calibrata e redatta per un’utenza particolare: la commissione d’esame.
Ora che le commissioni sono tutte interne (un dato che certo non entusiasma) questa calibrazione dovrebbe essere più facile. I tempi stringono, gli orali sono oramai dietro l’angolo, ogni consiglio deve asciugarsi all’essenziale. L’obiettivo a breve termine è semplice e nudo: passare quel maledetto esame. Abbiano, i nostri maturandi, davvero cura di sé, ma non impillolandosi (guai!), bensì mangiando tranquillamente tutto ciò che loro piace, sorvegliando che la tensione, inevitabile, non diventi angoscia, che la preoccupazione, pur’essa inevitabile, non diventi ossessione. Non devono esserci, nella loro preparazione, dei buchi. Si affrettino a colmarli almeno un po’. E’ tremendo accostarsi ad un esame con la paura che vadano a chiedere proprio A o B, di cui niente sappiamo.
Per il rattoppo di un buco possono, ora che i tempi stringono, bastare anche un paio di ore di studio. Niente buchi, niente più angoscia. Il ripasso va fatto cominciando da ciò che meno si sa. Abbiano anche cura di sé ripetendo le materie a voce alta con un compagno, o un adulto preparato, ma non un genitore. I genitori abbiano cura dei loro figli maturandi lasciandoli in pace, non affidando loro alcun compito domestico, rimandando decisioni e scelte a dopo l’esame. E non si parli mai dell’esame in famiglia. Non serve a niente. I fidanzati e le fidanzate evitino di far scoppiare proprio ora i dissapori, di ossessionare con richieste e verifiche.
Attorno al maturando va creata una camera sterile, solo per pochi giorni. Veda lui o lei se, come e quando uscirne, per brevi tratti di distensione. Tutti intorno collaborino a questa «cura di sé». Infine, due consiglietti pratici: tutto ciò che aiuta la memoria è benedetto (rime, strofette, acrostici ben ricordabili, analogie di nomi con altri nomi, di date con altri numeri facili). Occorre essere inventivi, anche a prezzo di usare accostamenti «scemi» (ma non lo sono, se funzionano).
E poi cercare di «tenere tutto insieme», aiutare la memoria con delle piccole reti personali (meglio se obiettivamente fondate) di rimandi e di accostamenti. Si ricordano male fatti e idee isolati, ma assai meglio delle mappe mentali continue, dove si naviga da un punto all’altro. Ammettiamolo pure, la cura di sé non è la via verso la conoscenza, ma può essere di grande aiuto nel superare questo esame. All’undicesima ora del giorno, in fondo, passare è quello che davvero conta.

M. Piattelli Palmarini


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