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Subject  :  UNDICI SETTEMBRE La nuova sintassi del romanzo
Author  :  edscuola redazione@edscuola.com
Date  :  24 Oct, 2001 on 09:22
da Il Corriere della Sera
Mercoledì, 24 Ottobre 2001


Quali conseguenze ha sul lavoro degli scrittori l’attentato di New York? Rispondono gli autori italiani. E alcuni ammettono: le trame non potranno essere più le stesse

UNDICI SETTEMBRE La nuova sintassi del romanzo

di PAOLO DI STEFANO


Che cosa può fare una guerra? E che cosa può fare una guerra come quella in corso? Per esempio, quali conseguenze può avere sul lavoro degli scrittori? Confermarlo, sconvolgerlo, correggerlo, buttarlo per aria, annullarlo, paralizzarlo? Lo sapremo tra qualche anno, perché come sempre la letteratura ha esigenze differenti dalle urgenze del giornalismo, richiede tempi di sedimentazione interiori più lunghi e imprevedibili. Ma ciò che sin d’ora colpisce è che, a detta di molti autori italiani, gli sconvolgimenti dell’11 settembre, dopo aver colpito le Torri gemelle di Manhattan, in tanti casi sono destinati a far traballare, se non crollare, anche le architetture dell’immaginazione e della creatività. Con molteplici sfumature e diversi gradi di consapevolezza. Da cui, senza troppo semplificare, non è difficile individuare alcune tipologie di massima.

TRAGICI NATI - Anche se sono rimasti sconvolti dagli eventi, non ritengono che la guerra in corso, con tutte le sue conseguenze più o meno prevedibili, sia capace di sommuovere o di mutare le loro poetiche. Perché le loro poetiche, sin dalla nascita, sono già saldamente inscritte nel tragico.
Dacia Maraini : «I tempi della letteratura non vanno di pari passo con l’attualità ma seguono strade più misteriose. Il mio sguardo di scrittrice è sempre stato drammatico. Ancora oggi io mi considero una sopravvissuta e non sono mai riuscita ad avere la leggerezza che hanno altri scrittori, ancora oggi sogno le bombe e mi porto dentro un sentimento di angoscia e di morte. Credo, piuttosto, che per altri scrittori che in tempo di pace hanno puntato sulla leggerezza sarà diverso: la contrazione del sentimento, la paura cambiano il peso delle parole nella vita quotidiana e lo cambieranno anche nella scrittura».
Antonio Moresco : «La visione drammatica del mondo, la realtà reale fanno già parte del mio lavoro. Non per questo mi dico: sapevo già tutto e vado avanti per la mia strada, ma quel che sta accadendo mi rimanda un’idea della realtà in cui ero già dentro da anni. Non sono mai stato dalla parte della parodia o della ripetizione giocosa, anche a costo di rimanere isolato».
Valerio Magrelli : «Lì per lì ho avuto una reazione di mutismo. Poi la rivista Poesia mi ha chiesto un testo poetico e questo mi ha aiutato a superare l’afasia mentale. Direi che la quota di orrore degli ultimi dieci anni, dalla Bosnia in poi, non cambia. Il vero cambiamento è che l’impossibilità di localizzazione aumenta lo sconcerto e la precarietà. Ma la precarietà è un fatto sostanziale della mia poesia, ed è difficile che quel limite venga superato. La saturazione, per quanto mi riguarda, è già avvenuta. Direi che la realtà non fa altro che copiare il delirio della letteratura, quei climi psichici alla Ballard. Tutto il nero del Novecento si è concentrato nel fumo uscito dalle torri».


SGUARDI CHE CAMBIANO - Ci sono scrittori che, sconvolti dai fatti esterni fino allo smarrimento, prevedono cambiamenti di «tono» o di «sguardo» indotti nella loro letteratura dalle tragedie recenti.
Vincenzo Consolo : «La prima reazione agli eventi è stata la paralisi, lo smarrimento. Ci sono state tante tragedie, nel Novecento, che hanno gettato nel dolore e nella desolazione gli scrittori: dalla Shoah alla bomba atomica. In molti casi, gli scrittori ne sono diventati testimoni. Ora anche noi siamo tenuti a questo, perché una letteratura consapevole non può fare a meno di testimoniare il terrore o il fanatismo: una dimensione di cui prima non ci rendevamo conto. Tutto ciò farà sì che le nostre parole cambieranno. C’è una bella frase che Italo Calvino, nel Castello dei destini incrociati , mette in bocca a Macbeth: "Non vedo l’ora che si sfasci la sintassi del mondo". Bene, credo che dopo l’11 settembre la sintassi del mondo si sia sfasciata anche per gli scrittori».
Domenico Starnone : «Quando accadono fatti del genere, scrivere sembra automaticamente meno importante o insensato. Poi pensi che è meglio resistere piuttosto che abbandonarsi. Alcuni scrittori sono spinti a pronunciarsi pubblicamente, ed è giusto. Ma poi? Penso che con il tempo, in prospettiva, cambierà lo sguardo dell’immaginazione letteraria, anche quando le tematiche rimarranno uguali. Persino una storiella d’amore verrà scritta in modo diverso: con un nuovo sentimento delle cose, con una nuova sensibilità, probabilmente anche con nuove ossessioni. Del resto, è accaduta la stessa cosa con i lager, i gulag e le bombe atomiche».


QUASI IMPERTURBABILI - Sono gli scrittori che, nonostante il trauma, escludono che la loro opera possa rimanere condizionata dalla forza degli eventi. Perché la letteratura segue le sue strade.
Niccolò Ammaniti : «No, non ci sarà una svolta nel mio modo di scrivere. Ho reagito come chiunque, con paura e orrore, ma non ho mai sentito che questa tragedia potesse incidere sul mio lavoro di scrittore. Se succederà, non me ne renderò conto. A meno di partecipare direttamente ai fatti per raccontarli, uno scrittore non può venire cambiato da queste cose».
Silvia Ballestra : «Dopo la tragedia del Golfo, nel ’91, ho scritto La guerra degli Antò . Ma oggi non scriverei mai più qualcosa di tanto legato all’attualità. Semmai, vengo totalmente assorbita dalla tv, dalle notizie, dai documentari. Ma questo è un altro discorso».
Giulio Mozzi : «Un atteggiamento programmatico produce testi efficienti sul piano pedagogico, ma non necessariamente dei libri belli e la ricerca della bellezza credo che abbia un senso, perché è un attributo del vivere. Quando accadono queste tragedie mi chiedo: ma la letteratura a che cosa serve? La mia risposta è: serve a "parlare della verità", non a "dire la verità" (che infatti non conosciamo). Pretendono di "dire la verità" (e di "essere buoni") i fondamentalisti come Bin Laden e Bush. Ma la letteratura non è buona».


PERMEABILI - Ritengono inevitabile che le situazioni estreme, prima o poi, finiscano per entrare nella letteratura. E c’è chi lo ha già sperimentato con la tragedia dell’11 settembre.
Luigi Malerba : «Non siamo impermeabili. Le tragedie rappresentano, per uno scrittore, un motivo in più per rendersi presente lavorando, non guardando per aria. Direi, anzi, che lo scrittore sa che il suo lavoro va in questa direzione: nell’acquisire coscienza del proprio tempo e nell’essere attivo dentro la contemporaneità».
Francesca Sanvitale : «Un trauma del genere incide sulle tue giornate e sulla tua emotività. Lavorando al nuovo romanzo, ho sentito la necessità di immettervi la tragedia dell’11 settembre. Il mio protagonista vive ai nostri giorni e non poteva fare a meno, come me, di venire a contatto con la violenza che ci circonda, ne è rimasto contagiato anche lui, vive le nostre angosce, le ferite, le ansie».


UNA SVOLTA - In due casi, la potenza dei fatti che stanno accadendo è tale da «scompaginare» progetti e «poetiche». Quando la realtà cambia la letteratura.
Dario Voltolini : «Ho in mente un piano di scrittura per la prima volta in vita mia abbastanza articolato, pensato su tempi più dilatati. Fa parte della natura di questo progetto esser quotidianamente aggiornabile e modificabile. Gli eventi attuali sicuramente scompaginano e scompagineranno certe cose che se ne stavano magari latenti. Prima dell’11 settembre non pensavo certo che il mondo fosse pacificato, strutturato ordinatamente. Dunque gli eventi non sono arrivati a squassarmi una cristalleria perfetta e chiusa a chiave. Lo sconquasso lo hanno fatto nell’esigenza di confronto con altri scrittori e nell’urgenza di affrontare certi nodi, che è diventata massima».
Tiziano Scarpa : «Dopo Novi Ligure, dopo Genova e dopo Manhattan sto vivendo una caduta di fiducia nella letteratura come menzogna, un collasso per la fiction. La mia scrittura non ha più voglia di inventare balle, il mio sguardo si è violentemente spostato verso quel che succede. Tutti questi fatti mi hanno reincantato il mondo, anche se si tratta di un incantesimo maligno, nero. E’ come se mi trovassi nella stessa situazione in cui si trovò Edison quando scoprì l’energia elettrica. Tutto ha riacquistato interesse. Mi sono detto: benvenuto nel deserto del reale. Io penso di essere uno scrittore comico, ora però sono sicuro che il sarcasmo degli anni Novanta non abbia più senso».


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